Paradossalità di linguaggio e gesti
22 Febbraio 2020
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Paradossalità di linguaggio e gesti

A Gesù piace parlare in modo paradossale. Dopo aver elogiato il suo maestro di un tempo, Giovanni il Battista, ne ridimensiona l’importanza: “Tra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo del regno dei cieli è più grande di lui” (Mt 11,11). Giovanni rappresenta per Gesù il massimo punto di arrivo della profezia d’Israele in quanto ha annunciato l’arrivo di Colui che avrebbe instaurato il regno di Dio ma non ha capito in realtà in che cosa consistesse questo regno: lo ha immaginato probabilmente come un’era messianica edificata sulle rovine del vecchio mondo, distrutto dall’ira incontenibile di Dio.

Molto spesso nella storia si sono sognati i paradisi in terra, ma per edificarli si sono distrutte milioni di vite, a causa delle guerre innescate dalle rivoluzioni oppure perché non c’era posto in questi paradisi per alcune categorie o interi gruppi umani. Il regno di Dio annunciato da Gesù non viene con la forza della violenza, ma nella debolezza e si nasconde nel cuore di chi lo accoglie: “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione e nessuno dirà: Eccolo qui! Oppure: eccolo là! Perché ecco il regno di Dio è dentro di voi” (Lc 17,20-21).

In che cosa consiste questo regno? Esso è basato sulla rinuncia ad ogni affermazione di sé, ad ogni difesa del proprio gruppo; significa spogliarsi di ogni pretesa di avere ragione o di primeggiare sugli altri. “Chi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo” (Lc 14,33). Gli averi di cui Gesù parla non sono solo quelli materiali, ma rimandano alla propria volontà di prevaricare sull’altro. Quando dice che il più piccolo del regno è superiore a Giovanni, Gesù vuole intendere proprio chi si fa piccolo, chi sceglie l’ultimo posto, chi non viene per essere servito ma per servire, come ha fatto lui. Per entrare nella logica di Gesù è necessario resettare il proprio modo di pensare e non imporlo ad altri. È necessario rinascere in una nuova dimensione, come dice Gesù a Nicodemo: “Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è Spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete rinascere dall’alto” (Gv 3,6-7). Ma per rinascere è necessario morire: “Chi vuol salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà” (Mc 8,35). Lo ha capito molto bene anche Paolo di Tarso quando parla della sua nuova esistenza in Cristo come di una vita nuova dopo una morte: “Sono stato crocifisso con Cristo e non vivo più io ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,19-20).

La paradossalità del linguaggio di Gesù e dei discepoli che più l’hanno capito, come Paolo che ha gettato via tutto il suo patrimonio di pratica religiosa, è necessaria perché la nuova vita (che Paolo chiama nuova creazione) inaugurata da Gesù non può essere dedotta dalle categorie umane, né può ridursi a queste. Troppe volte il cristianesimo è stato ridotto a mito fondante per costruzioni assolutamente umane: vuoi gli stati governati in nome di Dio, vuoi le istituzioni ecclesiastiche che hanno messo etichette religiose alle diverse forme di potere e di controllo delle coscienze, fino ad arrivare agli ultimi epigoni del nostro tempo secolarizzato, quando nascono infiniti gruppi e gruppetti religiosi che però anziché far rinascere a nuova vita, creano nuove schiavitù e dipendenze. Giovanni il Battista aveva attirato molta gente nel deserto; Gesù, invece, dopo aver fatto la sua personale esperienza di deserto (dove non ha incontrato Dio ma il diavolo) ha capito che non doveva creare delle riserve di perfetti, né paradisi illusori: a chi ha deciso di seguirlo ha chiesto di vivere come lui, tra la gente, senza filtri o etichette per distinguersi dagli altri: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Lc 9,58).

La difficoltà che oggi si incontra nelle chiese a liberarsi di tante sovrastrutture, che nel tempo si sono rivelate antievangeliche, nasce anche dal fatto che non si comprende la paradossalità dei gesti e delle parole di Gesù che invece obbligano sempre a rimettere in discussione tutto ciò che non fa fare l’esperienza liberante del regno di Dio. Tra i vari gruppi cristiani o le varie correnti interne alle singole chiese si fa a gara a chi debba essere più grande, a chi alla fine la spunta, e ci si dimentica invece che bisogna farsi piccoli, ed è necessario morire per vivere veramente.  ☺

 

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