La crisi finanziaria che imperversa ha spazzato via gli infingimenti del liberismo e ha riproposto con forza l'impianto e la filosofia dell'economica sociale.
Il Molise si trova nella condizione ottimale per realizzare un modello di sviluppo basato sulla cura del bene comune e condotto da imprese no-profit.
È già all'opera un gruppo di lavoro coordinato da Monsignor Bregantini che è in procinto d'imbastire rapporti organici col Trentino, per realizzare quest'ambiziosa prospettiva.
Liberisti non ce ne sono più, nemmeno a cercarli col lanternino.
Addirittura il nostro(?) Tremonti, e addirittura prima (quando si dice la preveggenza…) che scoppiasse la crisi finanziaria nel mezzo della quale ancora ci troviamo, ne "La Paura e la speranza" aveva preconizzato il fallimento della globalizzazione e auspicato il ritorno a quell'economia reale cannibalizzata per un ventennio buono da speculatori senza scrupoli, organicamente affiancati da una malavita organizzata, con la necessità di ripulire la montagna di soldi dei suoi affari lucrosi.
Sempre più spesso e da pulpiti differenti, viene detto come sia indispensabile riabilitare regole morali alla base delle dinamiche economiche, le quali devono coltivare l'interesse dell'intera comunità e non quello individuale, casomai rapace e speculativo.
A salvare i bilanci delle banche responsabili della spaventosa crisi in atto e poi anche quelli delle aziende che con le banche erano indebitate, è intervenuto lo Stato, dando corso a una sorta di Keynesismo di ritorno, che porta con sé non pochi equivoci.
Ha esordito Obama e a ruota lo hanno seguito la Merkel, Sarkozy e con meno convinzione (con minori finanziamenti soprattutto) Berlusconi.
Anche l'ultima enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”, nel tempo pernicioso e denso d'insidie e d'insicurezze che stiamo vivendo, mette al centro dell'attenzione i principi dell'economica sociale; di un pensiero economico orientato dall'etica e dallo spirito pubblico.
Il Molise, in una prospettiva di questa natura, si trova in una condizione di evidente vantaggio.
Imprenditori che vanno all'assalto del mercato, che strappano a morsi i clienti alla concorrenza, noi non li abbiamo; non siamo nella condizione strutturale per averne.
I pochi di razza che hanno le nostre origini, hanno preso il volo ben oltre i confini molisani, in un mercato grande, capace di ristorare la prospettiva di sviluppo delle loro imprese.
È la vicenda dei Colavita, dei Di Dario, dei Perna e di pochissimi altri.
Con i suoi 330mila abitanti distribuiti in 136 minuscole comunità, con una popolazione insenilita e dai consumi limitatissimi, con deficienze infrastrutturali ormai irrisarcibili, il Molise è un mercato assai poco plausibile.
La quasi totalità della nostra ricchezza circolante ha origine dal Pubblico e s'irradia lungo vettori d'intervento stabiliti dalla politica.
I finanziamenti che ci arrivano dal Governo e dall'Unione Europea sono ancora cospicui, se rapportati all'esiguità della nostra popolazione.
Il Molise potrebbe diventare un laboratorio permanente, orientato nella prospettiva dell'economia sociale.
Abbiamo un esercito di giovani disoccupati, il cui obiettivo è quello di percepire un reddito, mettendo a frutto i lunghi anni di studio e di qualificazione professionale.
Dai servizi alla persona a quelli alla società, dalla manifattura al turismo d'innovazione, fino alle nuove tecnologie e alla cultura, si può elaborare un modello di sviluppo basato su imprese no-profit, composte da ragazzi (e non solo) che vogliano combinare il loro bisogno di lavorare con una prospettiva di sviluppo equo e solidale della nostra piccola comunità.
Soprattutto adesso che siamo usciti dall'”obiettivo uno” (speriamo che qualcuno prima o poi ce ne spieghi con chiarezza le ragioni) le risorse che abbiamo a disposizione dovremmo investirle in una sorta di New Deal che riconcepisca il Molise come una regione comunicativa, che valorizza i suoi giovani ma tiene in considerazione l'esperienza dei più anziani.
Gentile con le donne e attrezzata per sostenere concretamente la loro presenza nelle istituzioni e nei ruoli decisivi della pubblica amministrazione; che veda l'ambiente non come un limite per lo sviluppo ma come il contesto nell'ambito del quale ripensarlo.
Che faccia dell'autenticità dei rapporti e della coesione sociale un elemento cardine della sua proposta turistica.
Aperta e accogliente nei confronti di quanti vorranno venire ad abitarla, ridisegnando insieme a noi il nostro futuro e la nostra identità.
E che investa nella cultura, nella convinzione che essa rappresenta la condizione basilare affinché questo progetto sia concepito e condiviso.
Il cammino in questa direzione è già cominciato.
Sotto l'egida di Monsignor Bregantini, si è costituito un gruppo di lavoro, che ha già imbastito rapporti di scambio e di collaborazione con il Trentino, il cui prodotto regionale lordo proviene per il 70% da attività di cooperazione.
Già da settembre si darà corso al progetto, sicuramente ambizioso, ma alla portata delle energie migliori della nostra comunità.☺
direttore@ilbenecomune.it
La crisi finanziaria che imperversa ha spazzato via gli infingimenti del liberismo e ha riproposto con forza l'impianto e la filosofia dell'economica sociale.
Il Molise si trova nella condizione ottimale per realizzare un modello di sviluppo basato sulla cura del bene comune e condotto da imprese no-profit.
È già all'opera un gruppo di lavoro coordinato da Monsignor Bregantini che è in procinto d'imbastire rapporti organici col Trentino, per realizzare quest'ambiziosa prospettiva.
Liberisti non ce ne sono più, nemmeno a cercarli col lanternino.
Addirittura il nostro(?) Tremonti, e addirittura prima (quando si dice la preveggenza…) che scoppiasse la crisi finanziaria nel mezzo della quale ancora ci troviamo, ne "La Paura e la speranza" aveva preconizzato il fallimento della globalizzazione e auspicato il ritorno a quell'economia reale cannibalizzata per un ventennio buono da speculatori senza scrupoli, organicamente affiancati da una malavita organizzata, con la necessità di ripulire la montagna di soldi dei suoi affari lucrosi.
Sempre più spesso e da pulpiti differenti, viene detto come sia indispensabile riabilitare regole morali alla base delle dinamiche economiche, le quali devono coltivare l'interesse dell'intera comunità e non quello individuale, casomai rapace e speculativo.
A salvare i bilanci delle banche responsabili della spaventosa crisi in atto e poi anche quelli delle aziende che con le banche erano indebitate, è intervenuto lo Stato, dando corso a una sorta di Keynesismo di ritorno, che porta con sé non pochi equivoci.
Ha esordito Obama e a ruota lo hanno seguito la Merkel, Sarkozy e con meno convinzione (con minori finanziamenti soprattutto) Berlusconi.
Anche l'ultima enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”, nel tempo pernicioso e denso d'insidie e d'insicurezze che stiamo vivendo, mette al centro dell'attenzione i principi dell'economica sociale; di un pensiero economico orientato dall'etica e dallo spirito pubblico.
Il Molise, in una prospettiva di questa natura, si trova in una condizione di evidente vantaggio.
Imprenditori che vanno all'assalto del mercato, che strappano a morsi i clienti alla concorrenza, noi non li abbiamo; non siamo nella condizione strutturale per averne.
I pochi di razza che hanno le nostre origini, hanno preso il volo ben oltre i confini molisani, in un mercato grande, capace di ristorare la prospettiva di sviluppo delle loro imprese.
È la vicenda dei Colavita, dei Di Dario, dei Perna e di pochissimi altri.
Con i suoi 330mila abitanti distribuiti in 136 minuscole comunità, con una popolazione insenilita e dai consumi limitatissimi, con deficienze infrastrutturali ormai irrisarcibili, il Molise è un mercato assai poco plausibile.
La quasi totalità della nostra ricchezza circolante ha origine dal Pubblico e s'irradia lungo vettori d'intervento stabiliti dalla politica.
I finanziamenti che ci arrivano dal Governo e dall'Unione Europea sono ancora cospicui, se rapportati all'esiguità della nostra popolazione.
Il Molise potrebbe diventare un laboratorio permanente, orientato nella prospettiva dell'economia sociale.
Abbiamo un esercito di giovani disoccupati, il cui obiettivo è quello di percepire un reddito, mettendo a frutto i lunghi anni di studio e di qualificazione professionale.
Dai servizi alla persona a quelli alla società, dalla manifattura al turismo d'innovazione, fino alle nuove tecnologie e alla cultura, si può elaborare un modello di sviluppo basato su imprese no-profit, composte da ragazzi (e non solo) che vogliano combinare il loro bisogno di lavorare con una prospettiva di sviluppo equo e solidale della nostra piccola comunità.
Soprattutto adesso che siamo usciti dall'”obiettivo uno” (speriamo che qualcuno prima o poi ce ne spieghi con chiarezza le ragioni) le risorse che abbiamo a disposizione dovremmo investirle in una sorta di New Deal che riconcepisca il Molise come una regione comunicativa, che valorizza i suoi giovani ma tiene in considerazione l'esperienza dei più anziani.
Gentile con le donne e attrezzata per sostenere concretamente la loro presenza nelle istituzioni e nei ruoli decisivi della pubblica amministrazione; che veda l'ambiente non come un limite per lo sviluppo ma come il contesto nell'ambito del quale ripensarlo.
Che faccia dell'autenticità dei rapporti e della coesione sociale un elemento cardine della sua proposta turistica.
Aperta e accogliente nei confronti di quanti vorranno venire ad abitarla, ridisegnando insieme a noi il nostro futuro e la nostra identità.
E che investa nella cultura, nella convinzione che essa rappresenta la condizione basilare affinché questo progetto sia concepito e condiviso.
Il cammino in questa direzione è già cominciato.
Sotto l'egida di Monsignor Bregantini, si è costituito un gruppo di lavoro, che ha già imbastito rapporti di scambio e di collaborazione con il Trentino, il cui prodotto regionale lordo proviene per il 70% da attività di cooperazione.
Già da settembre si darà corso al progetto, sicuramente ambizioso, ma alla portata delle energie migliori della nostra comunità.☺
La crisi finanziaria che imperversa ha spazzato via gli infingimenti del liberismo e ha riproposto con forza l'impianto e la filosofia dell'economica sociale.
Il Molise si trova nella condizione ottimale per realizzare un modello di sviluppo basato sulla cura del bene comune e condotto da imprese no-profit.
È già all'opera un gruppo di lavoro coordinato da Monsignor Bregantini che è in procinto d'imbastire rapporti organici col Trentino, per realizzare quest'ambiziosa prospettiva.
Liberisti non ce ne sono più, nemmeno a cercarli col lanternino.
Addirittura il nostro(?) Tremonti, e addirittura prima (quando si dice la preveggenza…) che scoppiasse la crisi finanziaria nel mezzo della quale ancora ci troviamo, ne "La Paura e la speranza" aveva preconizzato il fallimento della globalizzazione e auspicato il ritorno a quell'economia reale cannibalizzata per un ventennio buono da speculatori senza scrupoli, organicamente affiancati da una malavita organizzata, con la necessità di ripulire la montagna di soldi dei suoi affari lucrosi.
Sempre più spesso e da pulpiti differenti, viene detto come sia indispensabile riabilitare regole morali alla base delle dinamiche economiche, le quali devono coltivare l'interesse dell'intera comunità e non quello individuale, casomai rapace e speculativo.
A salvare i bilanci delle banche responsabili della spaventosa crisi in atto e poi anche quelli delle aziende che con le banche erano indebitate, è intervenuto lo Stato, dando corso a una sorta di Keynesismo di ritorno, che porta con sé non pochi equivoci.
Ha esordito Obama e a ruota lo hanno seguito la Merkel, Sarkozy e con meno convinzione (con minori finanziamenti soprattutto) Berlusconi.
Anche l'ultima enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”, nel tempo pernicioso e denso d'insidie e d'insicurezze che stiamo vivendo, mette al centro dell'attenzione i principi dell'economica sociale; di un pensiero economico orientato dall'etica e dallo spirito pubblico.
Il Molise, in una prospettiva di questa natura, si trova in una condizione di evidente vantaggio.
Imprenditori che vanno all'assalto del mercato, che strappano a morsi i clienti alla concorrenza, noi non li abbiamo; non siamo nella condizione strutturale per averne.
I pochi di razza che hanno le nostre origini, hanno preso il volo ben oltre i confini molisani, in un mercato grande, capace di ristorare la prospettiva di sviluppo delle loro imprese.
È la vicenda dei Colavita, dei Di Dario, dei Perna e di pochissimi altri.
Con i suoi 330mila abitanti distribuiti in 136 minuscole comunità, con una popolazione insenilita e dai consumi limitatissimi, con deficienze infrastrutturali ormai irrisarcibili, il Molise è un mercato assai poco plausibile.
La quasi totalità della nostra ricchezza circolante ha origine dal Pubblico e s'irradia lungo vettori d'intervento stabiliti dalla politica.
I finanziamenti che ci arrivano dal Governo e dall'Unione Europea sono ancora cospicui, se rapportati all'esiguità della nostra popolazione.
Il Molise potrebbe diventare un laboratorio permanente, orientato nella prospettiva dell'economia sociale.
Abbiamo un esercito di giovani disoccupati, il cui obiettivo è quello di percepire un reddito, mettendo a frutto i lunghi anni di studio e di qualificazione professionale.
Dai servizi alla persona a quelli alla società, dalla manifattura al turismo d'innovazione, fino alle nuove tecnologie e alla cultura, si può elaborare un modello di sviluppo basato su imprese no-profit, composte da ragazzi (e non solo) che vogliano combinare il loro bisogno di lavorare con una prospettiva di sviluppo equo e solidale della nostra piccola comunità.
Soprattutto adesso che siamo usciti dall'”obiettivo uno” (speriamo che qualcuno prima o poi ce ne spieghi con chiarezza le ragioni) le risorse che abbiamo a disposizione dovremmo investirle in una sorta di New Deal che riconcepisca il Molise come una regione comunicativa, che valorizza i suoi giovani ma tiene in considerazione l'esperienza dei più anziani.
Gentile con le donne e attrezzata per sostenere concretamente la loro presenza nelle istituzioni e nei ruoli decisivi della pubblica amministrazione; che veda l'ambiente non come un limite per lo sviluppo ma come il contesto nell'ambito del quale ripensarlo.
Che faccia dell'autenticità dei rapporti e della coesione sociale un elemento cardine della sua proposta turistica.
Aperta e accogliente nei confronti di quanti vorranno venire ad abitarla, ridisegnando insieme a noi il nostro futuro e la nostra identità.
E che investa nella cultura, nella convinzione che essa rappresenta la condizione basilare affinché questo progetto sia concepito e condiviso.
Il cammino in questa direzione è già cominciato.
Sotto l'egida di Monsignor Bregantini, si è costituito un gruppo di lavoro, che ha già imbastito rapporti di scambio e di collaborazione con il Trentino, il cui prodotto regionale lordo proviene per il 70% da attività di cooperazione.
Già da settembre si darà corso al progetto, sicuramente ambizioso, ma alla portata delle energie migliori della nostra comunità.☺
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