Ci troviamo dinanzi ad un grande muro bianco pieno di puntini neri e ci soffermiamo ad affrontare, discutere e dibattere sui singoli puntini perdendo di vista il muro che incombe su di noi. Questo muro si chiama debito.
Il tema del debito è entrato a far parte delle analisi dei movimenti per due principali motivi: il manifestarsi della crisi come effetto di un’insolvenza nel ripianare il debito legato ai cosiddetti mutui subprime; perché in ampie parti del mondo (Africa, America Latina, Francia, Spagna, Italia, Portogallo, Grecia, Irlanda) la condizione di indebitamento è sempre più paradigma comune. La crisi, che quotidianamente viene spacciata come finanziaria e che viene presentata come conseguenza dell’aver vissuto al di sopra delle nostre possibilità è, in realtà, esplosa a causa delle degenerazioni dei mercati finanziari ed è utilizzata come giustificazione alle politiche economiche di attacco ai diritti dei lavoratori e a quelli civili e sociali. La crisi economica e finanziaria internazionale che stiamo attraversando in questi anni ha reso ancora più gravi le conseguenze del debito estero e più urgente la necessità di assumersi solidalmente le responsabilità dell’avvenire. Se l’attuale congiuntura ha reso più grave la situazione dei Paesi ai margini del sistema dominante al punto che alcuni di essi si trovano sprovvisti di mezzi per assicurare il pagamento dei loro debiti, le strutture finanziarie e monetarie internazionali sono esse stesse messe in discussione. Il diritto alla vita deve essere tenuto presente nelle questioni legate alla crisi debitoria di molti Paesi impoveriti. Tale crisi ha la sua origine in cause complesse e di vario genere, sia di carattere internazionale – fluttuazione dei cambi, speculazioni finanziarie, neocolonialismo economico, decisioni politiche che hanno soppresso la demarcazione tra banche commerciali e banche di speculazione -, sia all’interno dei singoli Paesi indebitati – corruzione, cattiva gestione del denaro pubblico, distorta utilizzazione dei prestiti ricevuti. Le sofferenze maggiori, riconducibili a questioni strutturali ma anche a comportamenti e responsabilità personali, colpiscono le popolazioni dei Paesi indebitati e poveri. La comunità internazionale non può trascurare una simile situazione: occorre adoperarsi affinché non sia compromesso il fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza. Strettamente legata alla questione del debito è quella della povertà e della crisi ambientale. I paesi indebitati sono sottoposti a misure che radicalizzano gli attacchi alla economia, ai diritti, ma anche al territorio con un vero e proprio saccheggio della natura.
E in Italia? Si può dimostrare che il pagamento del debito italiano alle condizioni date (speculazione predatoria senza limiti, crescita esponenziale degli interessi sul debito, anatocismo – maturazione degli interessi su interessi -, mancato supporto della Banca d’Italia negli acquisti dei titoli di Stato italiani, e corsa agli armamenti) non può considerarsi legittimo. Sveliamo ciò che pochi dicono in Italia: Nel 2008 il mondo è entrato nella tormenta di una crisi finanziaria globale, che puntualmente si è abbattuta sull’economia reale. Non un colpevole, non un responsabile. Non è così. Il cataclisma è stato provocato da banchieri senza scrupoli lanciati in operazioni avventate e truffaldine che hanno trascinato l’intero sistema sull’orlo del baratro. E mentre cercavamo di superare questo terremoto, un’altra crisi ci è caduta addosso: quella del debito pubblico. Da dove viene l’enorme debito pubblico italiano? Davvero l’unica cosa da fare, di fronte all’austerità imposta dalla finanza internazionale, è pagare, pagare, pagare? Troppe scelte vengono prese sopra le nostre teste senza consultarci. Scelte gravi, che lasciano segni indelebili sui nostri corpi individuali e sociali.
Loro decidono, noi paghiamo. Chi sa che negli anni che vanno dal 1980 al 2012 vi è stato un risparmio netto di 523 miliardi di euro? Questo risparmio, però, è stato assorbito dal debito di partenza, di soli 114 miliardi e soprattutto dagli interessi pagati sul debito pari a 2.230 miliardi. Questi interessi sono stati determinati da operazioni speculative, da politiche economiche internazionali e dal divorzio della Banca d’Italia con il Ministero del Tesoro. Se consideriamo anche il 2013 abbiamo risparmiato 670 miliardi. Noi che c’entriamo?
Ebbene, il presente spazio esprime lo sforzo di persone, di qualunque provenienza, nel difficile cammino del superamento della perversa esposizione debitoria di molti Stati e ora anche di parte dell’Europa e dell’Italia.
(Presentazione tratta dal libro “La vita prima del debito. Perché mai dovremmo pagarlo?” – Bordeaux edizioni.
Tra i testi significativi sull’argomento si possono menzionare anche Debitocrazia (di Millet e Toussaint), Debito: i primi 5000 anni (Graeber), La fabbrica dell’Uomo indebitato (Lazzarato) e Creditocracy – And the Case for Debt Refusal (Andrew Ross), La truffa del debito di Paolo Ferrero e Le catene del debito e come spezzarle di Francuccio Gesualdi).☺
Ci troviamo dinanzi ad un grande muro bianco pieno di puntini neri e ci soffermiamo ad affrontare, discutere e dibattere sui singoli puntini perdendo di vista il muro che incombe su di noi. Questo muro si chiama debito.
Il tema del debito è entrato a far parte delle analisi dei movimenti per due principali motivi: il manifestarsi della crisi come effetto di un’insolvenza nel ripianare il debito legato ai cosiddetti mutui subprime; perché in ampie parti del mondo (Africa, America Latina, Francia, Spagna, Italia, Portogallo, Grecia, Irlanda) la condizione di indebitamento è sempre più paradigma comune. La crisi, che quotidianamente viene spacciata come finanziaria e che viene presentata come conseguenza dell’aver vissuto al di sopra delle nostre possibilità è, in realtà, esplosa a causa delle degenerazioni dei mercati finanziari ed è utilizzata come giustificazione alle politiche economiche di attacco ai diritti dei lavoratori e a quelli civili e sociali. La crisi economica e finanziaria internazionale che stiamo attraversando in questi anni ha reso ancora più gravi le conseguenze del debito estero e più urgente la necessità di assumersi solidalmente le responsabilità dell’avvenire. Se l’attuale congiuntura ha reso più grave la situazione dei Paesi ai margini del sistema dominante al punto che alcuni di essi si trovano sprovvisti di mezzi per assicurare il pagamento dei loro debiti, le strutture finanziarie e monetarie internazionali sono esse stesse messe in discussione. Il diritto alla vita deve essere tenuto presente nelle questioni legate alla crisi debitoria di molti Paesi impoveriti. Tale crisi ha la sua origine in cause complesse e di vario genere, sia di carattere internazionale – fluttuazione dei cambi, speculazioni finanziarie, neocolonialismo economico, decisioni politiche che hanno soppresso la demarcazione tra banche commerciali e banche di speculazione -, sia all’interno dei singoli Paesi indebitati – corruzione, cattiva gestione del denaro pubblico, distorta utilizzazione dei prestiti ricevuti. Le sofferenze maggiori, riconducibili a questioni strutturali ma anche a comportamenti e responsabilità personali, colpiscono le popolazioni dei Paesi indebitati e poveri. La comunità internazionale non può trascurare una simile situazione: occorre adoperarsi affinché non sia compromesso il fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza. Strettamente legata alla questione del debito è quella della povertà e della crisi ambientale. I paesi indebitati sono sottoposti a misure che radicalizzano gli attacchi alla economia, ai diritti, ma anche al territorio con un vero e proprio saccheggio della natura.
E in Italia? Si può dimostrare che il pagamento del debito italiano alle condizioni date (speculazione predatoria senza limiti, crescita esponenziale degli interessi sul debito, anatocismo – maturazione degli interessi su interessi -, mancato supporto della Banca d’Italia negli acquisti dei titoli di Stato italiani, e corsa agli armamenti) non può considerarsi legittimo. Sveliamo ciò che pochi dicono in Italia: Nel 2008 il mondo è entrato nella tormenta di una crisi finanziaria globale, che puntualmente si è abbattuta sull’economia reale. Non un colpevole, non un responsabile. Non è così. Il cataclisma è stato provocato da banchieri senza scrupoli lanciati in operazioni avventate e truffaldine che hanno trascinato l’intero sistema sull’orlo del baratro. E mentre cercavamo di superare questo terremoto, un’altra crisi ci è caduta addosso: quella del debito pubblico. Da dove viene l’enorme debito pubblico italiano? Davvero l’unica cosa da fare, di fronte all’austerità imposta dalla finanza internazionale, è pagare, pagare, pagare? Troppe scelte vengono prese sopra le nostre teste senza consultarci. Scelte gravi, che lasciano segni indelebili sui nostri corpi individuali e sociali.
Loro decidono, noi paghiamo. Chi sa che negli anni che vanno dal 1980 al 2012 vi è stato un risparmio netto di 523 miliardi di euro? Questo risparmio, però, è stato assorbito dal debito di partenza, di soli 114 miliardi e soprattutto dagli interessi pagati sul debito pari a 2.230 miliardi. Questi interessi sono stati determinati da operazioni speculative, da politiche economiche internazionali e dal divorzio della Banca d’Italia con il Ministero del Tesoro. Se consideriamo anche il 2013 abbiamo risparmiato 670 miliardi. Noi che c’entriamo?
Ebbene, il presente spazio esprime lo sforzo di persone, di qualunque provenienza, nel difficile cammino del superamento della perversa esposizione debitoria di molti Stati e ora anche di parte dell’Europa e dell’Italia.
(Presentazione tratta dal libro “La vita prima del debito. Perché mai dovremmo pagarlo?” – Bordeaux edizioni.
Tra i testi significativi sull’argomento si possono menzionare anche Debitocrazia (di Millet e Toussaint), Debito: i primi 5000 anni (Graeber), La fabbrica dell’Uomo indebitato (Lazzarato) e Creditocracy – And the Case for Debt Refusal (Andrew Ross), La truffa del debito di Paolo Ferrero e Le catene del debito e come spezzarle di Francuccio Gesualdi).☺
Ci troviamo dinanzi ad un grande muro bianco pieno di puntini neri e ci soffermiamo ad affrontare, discutere e dibattere sui singoli puntini perdendo di vista il muro che incombe su di noi. Questo muro si chiama debito.
Ci troviamo dinanzi ad un grande muro bianco pieno di puntini neri e ci soffermiamo ad affrontare, discutere e dibattere sui singoli puntini perdendo di vista il muro che incombe su di noi. Questo muro si chiama debito.
Il tema del debito è entrato a far parte delle analisi dei movimenti per due principali motivi: il manifestarsi della crisi come effetto di un’insolvenza nel ripianare il debito legato ai cosiddetti mutui subprime; perché in ampie parti del mondo (Africa, America Latina, Francia, Spagna, Italia, Portogallo, Grecia, Irlanda) la condizione di indebitamento è sempre più paradigma comune. La crisi, che quotidianamente viene spacciata come finanziaria e che viene presentata come conseguenza dell’aver vissuto al di sopra delle nostre possibilità è, in realtà, esplosa a causa delle degenerazioni dei mercati finanziari ed è utilizzata come giustificazione alle politiche economiche di attacco ai diritti dei lavoratori e a quelli civili e sociali. La crisi economica e finanziaria internazionale che stiamo attraversando in questi anni ha reso ancora più gravi le conseguenze del debito estero e più urgente la necessità di assumersi solidalmente le responsabilità dell’avvenire. Se l’attuale congiuntura ha reso più grave la situazione dei Paesi ai margini del sistema dominante al punto che alcuni di essi si trovano sprovvisti di mezzi per assicurare il pagamento dei loro debiti, le strutture finanziarie e monetarie internazionali sono esse stesse messe in discussione. Il diritto alla vita deve essere tenuto presente nelle questioni legate alla crisi debitoria di molti Paesi impoveriti. Tale crisi ha la sua origine in cause complesse e di vario genere, sia di carattere internazionale – fluttuazione dei cambi, speculazioni finanziarie, neocolonialismo economico, decisioni politiche che hanno soppresso la demarcazione tra banche commerciali e banche di speculazione -, sia all’interno dei singoli Paesi indebitati – corruzione, cattiva gestione del denaro pubblico, distorta utilizzazione dei prestiti ricevuti. Le sofferenze maggiori, riconducibili a questioni strutturali ma anche a comportamenti e responsabilità personali, colpiscono le popolazioni dei Paesi indebitati e poveri. La comunità internazionale non può trascurare una simile situazione: occorre adoperarsi affinché non sia compromesso il fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza. Strettamente legata alla questione del debito è quella della povertà e della crisi ambientale. I paesi indebitati sono sottoposti a misure che radicalizzano gli attacchi alla economia, ai diritti, ma anche al territorio con un vero e proprio saccheggio della natura.
E in Italia? Si può dimostrare che il pagamento del debito italiano alle condizioni date (speculazione predatoria senza limiti, crescita esponenziale degli interessi sul debito, anatocismo – maturazione degli interessi su interessi -, mancato supporto della Banca d’Italia negli acquisti dei titoli di Stato italiani, e corsa agli armamenti) non può considerarsi legittimo. Sveliamo ciò che pochi dicono in Italia: Nel 2008 il mondo è entrato nella tormenta di una crisi finanziaria globale, che puntualmente si è abbattuta sull’economia reale. Non un colpevole, non un responsabile. Non è così. Il cataclisma è stato provocato da banchieri senza scrupoli lanciati in operazioni avventate e truffaldine che hanno trascinato l’intero sistema sull’orlo del baratro. E mentre cercavamo di superare questo terremoto, un’altra crisi ci è caduta addosso: quella del debito pubblico. Da dove viene l’enorme debito pubblico italiano? Davvero l’unica cosa da fare, di fronte all’austerità imposta dalla finanza internazionale, è pagare, pagare, pagare? Troppe scelte vengono prese sopra le nostre teste senza consultarci. Scelte gravi, che lasciano segni indelebili sui nostri corpi individuali e sociali.
Loro decidono, noi paghiamo. Chi sa che negli anni che vanno dal 1980 al 2012 vi è stato un risparmio netto di 523 miliardi di euro? Questo risparmio, però, è stato assorbito dal debito di partenza, di soli 114 miliardi e soprattutto dagli interessi pagati sul debito pari a 2.230 miliardi. Questi interessi sono stati determinati da operazioni speculative, da politiche economiche internazionali e dal divorzio della Banca d’Italia con il Ministero del Tesoro. Se consideriamo anche il 2013 abbiamo risparmiato 670 miliardi. Noi che c’entriamo?
Ebbene, il presente spazio esprime lo sforzo di persone, di qualunque provenienza, nel difficile cammino del superamento della perversa esposizione debitoria di molti Stati e ora anche di parte dell’Europa e dell’Italia.
(Presentazione tratta dal libro “La vita prima del debito. Perché mai dovremmo pagarlo?” – Bordeaux edizioni.
Tra i testi significativi sull’argomento si possono menzionare anche Debitocrazia (di Millet e Toussaint), Debito: i primi 5000 anni (Graeber), La fabbrica dell’Uomo indebitato (Lazzarato) e Creditocracy – And the Case for Debt Refusal (Andrew Ross), La truffa del debito di Paolo Ferrero e Le catene del debito e come spezzarle di Francuccio Gesualdi).☺
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