Poesia sociale come proposta politica
8 Novembre 2021
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Poesia sociale come proposta politica

Sono iniziate già da tempo le grandi manovre per le prossime elezioni regionali, mentre continua a consumarsi il dramma della distruzione della sanità e la vittoria del centrosinistra (sinistra?) alle amministrative non basta a nascondere un astensionismo stratosferico e i rigurgiti sfacciati dei vari fascismi. Dobbiamo dunque pensare seriamente a cosa sarà della nostra regione, e decidere se provare a radunare concretamente le esperienze e le persone che non si rassegnano alla realtà di clientele e incompetenze costruita intorno a noi.

Un bellissimo punto di partenza mi è sembrato recentemente il discorso di Francesco al quarto incontro mondiale dei Movimenti Popolari. A cominciare dal suo definire questi movimenti “poeti sociali”, perché capaci di creare speranza dove appaiono solo scarto ed esclusione. In qualche modo forse anche noi che qui proviamo a resistere e a proporre un mondo altro possiamo sentirci inclusi in questa definizione: perché è indubbio come la poesia aiuti a leggere la realtà dando voce a quello che inespresso vive nei nostri cuori, e in questi tempi cupi e ferocemente individualisti essa non può che avere un respiro sociale.

Il messaggio di Francesco si pone come un vero e proprio programma politico: utopia, diranno con disprezzo tanti. L’unico possibile in realtà, rispondiamo noi attivisti, se siamo convinti che non può dirsi politica che non sia anche capacità di sognare, e farlo non per sé ma per tutti. Remissione del debito, vaccini senza brevetto, lotta vera (e non la schifosa finzione di Cingolani) al cambiamento climatico, fine degli investimenti in armi, trasparenza e verità nei media, fine dei blocchi e delle sanzioni unilaterali, reddito minimo, salario universale, diritto alle cure, riduzione della giornata lavorativa. Una requisitoria implacabile contro il capitalismo di rapina e la crescita infinita, tale da risvegliare immediatamente le tante voci indignate contro questo “papa comunista”.

Da questa lucida analisi possiamo trarre punti importanti per un programma regionale, capisaldi per  la difesa del territorio, la ricostruzione di una sanità degna, il diritto ad essere liberi dal bisogno, il diritto al lavoro, la primazia del pubblico e dei diritti sociali rispetto alla prepotenza dell’impresa privata.

Costruire dal basso, partendo da una piattaforma condivisa, un programma elettorale che parli ai cittadini con proposte concrete ma animate da questa poesia sociale: questo potrebbe servire a far sentire meno inutile l’esercizio del diritto di voto; meno estraneo il chiacchiericcio vuoto dei gruppi politici; meno invincibile la prepotenza di chi si prepara come sempre ad usare le promesse di posti di lavoro per comprare consenso, e ad attuare le solite alleanze sotterranee che rendono ormai indistinguibili qui destra e meno destra. Non uso il termine sinistra volontariamente, perché non vedo nelle istituzioni locali e nei gruppi rappresentati sul territorio alcunché di sinistra.

A dimostrazione che la poesia sociale esiste, e sta girando il mondo per parlarci, arriverà giovedì 28 ottobre e poi l’1 novembre a Termoli una delegazione della Gira Zapatista, donne e uomini delle popolazioni indigene del Messico riunite attorno all’EZLN, l’esercito di liberazione fondato dal SubComandante Marcos, che ancora combatte attivamente le politiche genocide del governo messicano. 150 rappresentanti dell’EZLN, giunti in Europa in nave o aereo, percorrono il continente da otto mesi circa, e tra le tappe italiane siamo riusciti a far inserire anche il Molise. Vengono non per insegnarci come si fa una rivoluzione, ma per “ascoltare ciò che ci rende uguali”: le mille storie italiane di resistenza sul territorio a chi vuol toglierci techo, tierra y trabajo, il tetto, la terra e il lavoro.

E quali rivendicazioni migliori potremmo trovare? Forse che anche in Occidente non stanno togliendoci la casa, con l’estromissione dei meno abbienti dalle periferie delle città per farne oasi per i ricchi, e che anche in Molise non sono all’ordine del giorno gli sfratti? Non stanno forse togliendoci la terra, con la cementificazione e le infrastrutture per i combustibili fossili (a Montecilfone il bosco Corundoli viene sventrato per un gasdotto inutile e pericoloso)? Non stanno forse continuando a rendere il lavoro sempre più precario e non tutelato (il silenzio tombale della Stellantis sul piano industriale per il Basso Molise e Abruzzo è più che inquietante)?

Ripartiamo allora dalla poesia sociale e dalla ribellione zapatista per sederci attorno ad un tavolo e costruire un governo locale altro. Un governo che nasca dalla stesura collettiva del programma, dall’impegno di tutti coloro che credono ancora nella politica come espressione migliore del servizio agli altri, dalla convinzione che tutti hanno diritto a tutto.☺

 

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