Promuovere partecipazione
9 Dicembre 2023
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Promuovere partecipazione

Coprogrammazione: se i partiti lavorassero con questo obiettivo, in sinergia e collaborazione con il Terzo Settore, è probabile che ci sarebbe un aumento dell’attivismo civico e, di conseguenza, della vita politica.
Ma, al contrario, il Terzo Settore dialoga con la politica? Un quesito interessante, che apre ad una serie di riflessioni che possono avere ricadute positive, quello che nasce dalla presentazione del libro Dare Spazio – Terzo Settore, Politica, Welfare scritto da Carlo Borzaga, Cristiano Gori e Francesca Paini.
Partiamo da un presupposto: i partiti, ormai è evidente, non hanno il monopolio della politica. Perché, e anche questo è un fatto, anche il mondo dell’attivismo civico, più in generale il Terzo Settore, quotidianamente fa politica, sebbene non abbia legami diretti con essa in senso stretto. Le organizzazioni di attivismo civico, nei fatti, agiscono nella sfera pubblica occupandosi di tutela dei diritti, cura dei beni comuni e sostegno a soggetti in condizione di difficoltà, producendo risultati concreti nell’ambito delle politiche pubbliche che molto spesso – e con risultati interessanti – vanno a colmare quegli spazi lasciati vuoti. La partecipazione ad associazioni di attivismo civico può quindi accrescere la capacità di interpretare le esigenze di una comunità e sollevare delle riflessioni politiche per soddisfarne le esigenze.
Visti i fallimenti dei partiti in termini di rappresentanza e di partecipazione – riscontrabili tra le percentuali troppe volte risibili dell’affluenza al voto – e la complessità di questa fase storica, il dialogo tra Terzo Settore e chi fa politica diventa, come è evidente, imprescindibile.
Il Terzo Settore, dopo la Riforma, ha iniziato ad avere un ruolo primario anche nel mondo imprenditoriale e più in generale un impatto sulla capacità di creare nuova occupazione. Interessante a tal proposito è uno studio condotto da Unioncamere e da Terzjus, Osservatorio giuridico del Terzo Settore. Scavando nei dati della sezione del registro delle imprese, Claudio Gagliardi, vicesegretario Unioncamere, ha osservato come pur rappresentando l’1% delle imprese attive, le 20mila imprese sociali sono tutt’altro che marginali sul fronte dell’occupazione pesando il 3,7% sul totale. Una percentuale che è “maggiore nelle aree più marginali”, ma soprattutto ha sottolineato ancora Gagliardi “nel flusso delle assunzioni, ci sono più laureati e persone con high skills”. Ricadute positive sull’economia reale, quindi, ma anche impatti sociali e ambientali grazie a interessanti e straordinarie forme di partecipazione, che si osservano sempre di più, con le istituzioni, i privati e i cittadini.
I progetti di innovazione sociale possono riguardare gli ambiti più disparati: dal riciclo alla rigenerazione urbana, dalla formazione all’integrazione di cittadini migranti e/o dei soggetti fragili, dalle soluzioni per i disabili alla mobilità sostenibile. Ne è un esempio fulgido l’ esperienza della Fondazione per l’ Innovazione Urbana, nata nel 2018 e operante a Bologna, che si occupa di attività di informazione e promozione del territorio e della cultura urbana, di atti- vazione di percorsi di partecipazione pubblica e dell’osservatorio delle trasformazioni urbane, in un’ottica di innovazione sociale. La Fondazione è un luogo di incontro di idee e di concretizzazione di iniziative di cittadinanza attiva da parte di istituzioni, associazioni e movimenti sociali e culturali.
Purtroppo però, rispetto agli strumenti partecipativi come lo sono i patti di comunità locale, l’amministrazione condivisa, la coprogrammazione e la coprogettazione, siamo enormemente indietro. Perché, nonostante le basi giuridiche ci siano, tocca all’amministratore decidere se avvalersi degli strumenti di partecipazione col coinvolgimento del Terzo Settore. È una possibilità della policy pubblica, infatti, far ricorso al meccanismo del bando piuttosto che agli strumenti partecipativi. Tuttavia, anche il Terzo Settore dovrebbe aprirsi e ambire a diventare un soggetto politico più forte, diffondendo la cultura della partecipazione, della preparazione e della coltivazione di interessi diffusi.
Si aggiunga che il Terzo Settore, oltre alla funzione di erogare e progettare servizi, ha anche la funzione di advocacy, cioè quella propria di chi preme sul decisore affinché trovi soluzione per la collettività. Quindi, il perseguimento di un interesse collettivo. Ne è un esempio la legge delega per la riforma della non autosufficienza che ha visto la costante pressione di 57 organizzazioni, la gran parte di quelle della società civile coinvolte nell’assistenza e nella tutela degli anziani non autosufficienti e che rappresentano gli anziani, i loro familiari, i pensionati, gli ordini professionali e i soggetti che offrono servizi.
In sostanza, tutti – ovviamente con ruoli, coinvolgimento e responsabilità diverse – facciamo politica! Il tema vero, tuttavia, risiede nella capacità e volontà di promuovere partecipazione attraverso progetti di innovazione sociale, quelle idee spesso visionarie ma concrete che contribuiscono ad accrescere il senso di comunità grazie alla costruzione di nuove relazioni tra pubblico, privato e Terzo Settore per soddisfare i bisogni della società.☺

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