Il mese di novembre è considerato, nell’immaginario collettivo, il mese della commemorazione, non solo dei defunti, e in generale della riflessione: quasi un preconsuntivo dell’anno che sta per concludersi.
La situazione nazionale, quella regionale e locale non sono sicuramente positive. Si può scegliere uno qualsiasi dei fatti che hanno interessato l’Italia o la regione per usarlo come metafora del tutto e cioè della progressiva disintegrazione del tessuto sociale. Il coro di “NO” che hanno caratterizzato la vita politica degli ultimi mesi conferma un dato preoccupante: non solo lo Stato ma è la stessa società che si sta sfaldando, a cominciare dalla famiglia.
E’ vero: l’Italia sta vivendo una seconda crisi istituzionale, perché nei Governi, nazionale e regionale, emergono i difetti peggiori del territorio amministrato, con conseguente allontanamento della gente dall’impegno politico, lasciando così spazio ai professionisti degli incarichi. Siamo di fronte alla frantumazione degli interessi, a discapito del bene comune. Sul piano regionale chi governa ci considera sempre più sudditi e non cittadini. Se non appartieni alla “famiglia”, non hai diritto alcuno.
Se l’analisi è negativa, la terapia può sicuramente essere positiva. Se abbiamo la forza dei coraggiosi.
Le scorse settimane sono stata caratterizzate dalla campagna per le primarie del partito democratico: l’elezione diretta dei segretari nazionale e regionali del nuovo soggetto politico. Il sistema elettorale, la gestione e la costruzione di tutto il procedimento, non hanno favorito l’avvicinarsi della gente comune che voleva capire, partecipare, essere parte attiva e non un numero.
L’esperienza regionale del laboratorio per il futuro ha, anche se in minima parte, risvegliato gli animi e ridato entusiasmo; ha sicuramente avvicinato alla politica, intesa come servizio a favore della gente e di chi ha meno, un nutrito gruppo di giovani che hanno fatto abbandonare la fase della commemorazione e ridato slancio e voglia di operare anche ai meno giovani.
Hanno posto con forza il tema della valorizzazione delle capacità per premiare chi merita, rifiutando i favoritismi e le scorciatoie; hanno saputo e voluto porre la questione della rigenerazione della politica che deve necessariamente rinnovarsi nei modi e nei contenuti.
Il futuro del partito democratico sta proprio nella capacità di rendere protagonisti i cittadini e non i possessori delle tessere.
Se abbandoniamo gli egoismi, gli interessi, la serie di NO dettati da piccole e misere vicende personali, riusciremo a bloccare lo sfaldamento che investe la nostra società. Il primo egoismo da superare è quello delle tasse: “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Quindi chi più ha, più deve contribuire a favore di chi ha meno. A questo dovere dei cittadini, che molte volte viene messo in discussione da chi evade, da chi paga non il giusto, deve corrispondere quello di chi governa, ad ogni livello, che deve amministrare con grande rigore i soldi di tutti.
Pochi giorni fa una delegazione di sindaci molisani, con consiglieri regionali e parlamentari si è recata a Roma per porre all’attenzione del Presidente del Consiglio la necessità di aumentare le risorse, nelle prossime finanziarie, per la fase di ricostruzione del post terremoto. Richiesta giusta, inconfutabile e doverosa. Il premier Prodi ha ascoltato e dato certezze di maggiori risorse per i prossimi anni. Mi chiedo e non vorrei essere fuori dal coro: per fare che cosa?
Se è vero che chi governa deve amministrare le risorse con rigore e a favore di tutti, come tra l’altro da sempre sostenuto dalla dottrina sociale della Chiesa, alla quale molti politici sono soliti richiamarsi, credo più come risultato della cultura delle citazioni che per effettiva convinzione, ritengo prioritario e fondamentale conoscere come sono state utilizzate le risorse finora elargite dal Governo. I sindaci che erano a Roma dicano loro per primi ai cittadini quali risorse hanno avuto e come le hanno utilizzate. Il Commissario delegato, nonché presidente della regione, dica, come è giusto e naturale che sia, come e dove ha utilizzato le risorse ottenute per gli eventi sismici e metereologici che hanno interessato la nostra regione a fine ottobre 2002 e a gennaio del 2003.
Siamo stanchi di leggere e sapere dai giornali che le risorse date dal Governo per la ricostruzione sono state utilizzate per “Miss Italia”, “il Molise all’opera”, incarichi di consulenze, spese folli per manifestazioni e iniziative che nulla hanno a che fare con la ricostruzione; siamo stanchi di sapere che risorse destinate alle zone interne sono state attribuite a realtà che tali non sono e per scopi diversi da quelle per le quali erano state assegnate. Non credo che sia troppo chiedere alla politica di rispettare i cittadini: spetta in primis ai sindaci dare l’esempio in questa intricata vicenda del post terremoto. Lo possono fare se hanno le mani e soprattutto le coscienze libere.
Se chi governa ritiene di affidare non al potere politico la risoluzione delle questioni della “polis”, ma al potere giudiziario, siamo all’abdicazione della libertà e della democrazia e apriamo le porte al potere assoluto e al dispotismo. ☺
mario@ialenti.it
Il mese di novembre è considerato, nell’immaginario collettivo, il mese della commemorazione, non solo dei defunti, e in generale della riflessione: quasi un preconsuntivo dell’anno che sta per concludersi.
La situazione nazionale, quella regionale e locale non sono sicuramente positive. Si può scegliere uno qualsiasi dei fatti che hanno interessato l’Italia o la regione per usarlo come metafora del tutto e cioè della progressiva disintegrazione del tessuto sociale. Il coro di “NO” che hanno caratterizzato la vita politica degli ultimi mesi conferma un dato preoccupante: non solo lo Stato ma è la stessa società che si sta sfaldando, a cominciare dalla famiglia.
E’ vero: l’Italia sta vivendo una seconda crisi istituzionale, perché nei Governi, nazionale e regionale, emergono i difetti peggiori del territorio amministrato, con conseguente allontanamento della gente dall’impegno politico, lasciando così spazio ai professionisti degli incarichi. Siamo di fronte alla frantumazione degli interessi, a discapito del bene comune. Sul piano regionale chi governa ci considera sempre più sudditi e non cittadini. Se non appartieni alla “famiglia”, non hai diritto alcuno.
Se l’analisi è negativa, la terapia può sicuramente essere positiva. Se abbiamo la forza dei coraggiosi.
Le scorse settimane sono stata caratterizzate dalla campagna per le primarie del partito democratico: l’elezione diretta dei segretari nazionale e regionali del nuovo soggetto politico. Il sistema elettorale, la gestione e la costruzione di tutto il procedimento, non hanno favorito l’avvicinarsi della gente comune che voleva capire, partecipare, essere parte attiva e non un numero.
L’esperienza regionale del laboratorio per il futuro ha, anche se in minima parte, risvegliato gli animi e ridato entusiasmo; ha sicuramente avvicinato alla politica, intesa come servizio a favore della gente e di chi ha meno, un nutrito gruppo di giovani che hanno fatto abbandonare la fase della commemorazione e ridato slancio e voglia di operare anche ai meno giovani.
Hanno posto con forza il tema della valorizzazione delle capacità per premiare chi merita, rifiutando i favoritismi e le scorciatoie; hanno saputo e voluto porre la questione della rigenerazione della politica che deve necessariamente rinnovarsi nei modi e nei contenuti.
Il futuro del partito democratico sta proprio nella capacità di rendere protagonisti i cittadini e non i possessori delle tessere.
Se abbandoniamo gli egoismi, gli interessi, la serie di NO dettati da piccole e misere vicende personali, riusciremo a bloccare lo sfaldamento che investe la nostra società. Il primo egoismo da superare è quello delle tasse: “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Quindi chi più ha, più deve contribuire a favore di chi ha meno. A questo dovere dei cittadini, che molte volte viene messo in discussione da chi evade, da chi paga non il giusto, deve corrispondere quello di chi governa, ad ogni livello, che deve amministrare con grande rigore i soldi di tutti.
Pochi giorni fa una delegazione di sindaci molisani, con consiglieri regionali e parlamentari si è recata a Roma per porre all’attenzione del Presidente del Consiglio la necessità di aumentare le risorse, nelle prossime finanziarie, per la fase di ricostruzione del post terremoto. Richiesta giusta, inconfutabile e doverosa. Il premier Prodi ha ascoltato e dato certezze di maggiori risorse per i prossimi anni. Mi chiedo e non vorrei essere fuori dal coro: per fare che cosa?
Se è vero che chi governa deve amministrare le risorse con rigore e a favore di tutti, come tra l’altro da sempre sostenuto dalla dottrina sociale della Chiesa, alla quale molti politici sono soliti richiamarsi, credo più come risultato della cultura delle citazioni che per effettiva convinzione, ritengo prioritario e fondamentale conoscere come sono state utilizzate le risorse finora elargite dal Governo. I sindaci che erano a Roma dicano loro per primi ai cittadini quali risorse hanno avuto e come le hanno utilizzate. Il Commissario delegato, nonché presidente della regione, dica, come è giusto e naturale che sia, come e dove ha utilizzato le risorse ottenute per gli eventi sismici e metereologici che hanno interessato la nostra regione a fine ottobre 2002 e a gennaio del 2003.
Siamo stanchi di leggere e sapere dai giornali che le risorse date dal Governo per la ricostruzione sono state utilizzate per “Miss Italia”, “il Molise all’opera”, incarichi di consulenze, spese folli per manifestazioni e iniziative che nulla hanno a che fare con la ricostruzione; siamo stanchi di sapere che risorse destinate alle zone interne sono state attribuite a realtà che tali non sono e per scopi diversi da quelle per le quali erano state assegnate. Non credo che sia troppo chiedere alla politica di rispettare i cittadini: spetta in primis ai sindaci dare l’esempio in questa intricata vicenda del post terremoto. Lo possono fare se hanno le mani e soprattutto le coscienze libere.
Se chi governa ritiene di affidare non al potere politico la risoluzione delle questioni della “polis”, ma al potere giudiziario, siamo all’abdicazione della libertà e della democrazia e apriamo le porte al potere assoluto e al dispotismo. ☺
Il mese di novembre è considerato, nell’immaginario collettivo, il mese della commemorazione, non solo dei defunti, e in generale della riflessione: quasi un preconsuntivo dell’anno che sta per concludersi.
La situazione nazionale, quella regionale e locale non sono sicuramente positive. Si può scegliere uno qualsiasi dei fatti che hanno interessato l’Italia o la regione per usarlo come metafora del tutto e cioè della progressiva disintegrazione del tessuto sociale. Il coro di “NO” che hanno caratterizzato la vita politica degli ultimi mesi conferma un dato preoccupante: non solo lo Stato ma è la stessa società che si sta sfaldando, a cominciare dalla famiglia.
E’ vero: l’Italia sta vivendo una seconda crisi istituzionale, perché nei Governi, nazionale e regionale, emergono i difetti peggiori del territorio amministrato, con conseguente allontanamento della gente dall’impegno politico, lasciando così spazio ai professionisti degli incarichi. Siamo di fronte alla frantumazione degli interessi, a discapito del bene comune. Sul piano regionale chi governa ci considera sempre più sudditi e non cittadini. Se non appartieni alla “famiglia”, non hai diritto alcuno.
Se l’analisi è negativa, la terapia può sicuramente essere positiva. Se abbiamo la forza dei coraggiosi.
Le scorse settimane sono stata caratterizzate dalla campagna per le primarie del partito democratico: l’elezione diretta dei segretari nazionale e regionali del nuovo soggetto politico. Il sistema elettorale, la gestione e la costruzione di tutto il procedimento, non hanno favorito l’avvicinarsi della gente comune che voleva capire, partecipare, essere parte attiva e non un numero.
L’esperienza regionale del laboratorio per il futuro ha, anche se in minima parte, risvegliato gli animi e ridato entusiasmo; ha sicuramente avvicinato alla politica, intesa come servizio a favore della gente e di chi ha meno, un nutrito gruppo di giovani che hanno fatto abbandonare la fase della commemorazione e ridato slancio e voglia di operare anche ai meno giovani.
Hanno posto con forza il tema della valorizzazione delle capacità per premiare chi merita, rifiutando i favoritismi e le scorciatoie; hanno saputo e voluto porre la questione della rigenerazione della politica che deve necessariamente rinnovarsi nei modi e nei contenuti.
Il futuro del partito democratico sta proprio nella capacità di rendere protagonisti i cittadini e non i possessori delle tessere.
Se abbandoniamo gli egoismi, gli interessi, la serie di NO dettati da piccole e misere vicende personali, riusciremo a bloccare lo sfaldamento che investe la nostra società. Il primo egoismo da superare è quello delle tasse: “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Quindi chi più ha, più deve contribuire a favore di chi ha meno. A questo dovere dei cittadini, che molte volte viene messo in discussione da chi evade, da chi paga non il giusto, deve corrispondere quello di chi governa, ad ogni livello, che deve amministrare con grande rigore i soldi di tutti.
Pochi giorni fa una delegazione di sindaci molisani, con consiglieri regionali e parlamentari si è recata a Roma per porre all’attenzione del Presidente del Consiglio la necessità di aumentare le risorse, nelle prossime finanziarie, per la fase di ricostruzione del post terremoto. Richiesta giusta, inconfutabile e doverosa. Il premier Prodi ha ascoltato e dato certezze di maggiori risorse per i prossimi anni. Mi chiedo e non vorrei essere fuori dal coro: per fare che cosa?
Se è vero che chi governa deve amministrare le risorse con rigore e a favore di tutti, come tra l’altro da sempre sostenuto dalla dottrina sociale della Chiesa, alla quale molti politici sono soliti richiamarsi, credo più come risultato della cultura delle citazioni che per effettiva convinzione, ritengo prioritario e fondamentale conoscere come sono state utilizzate le risorse finora elargite dal Governo. I sindaci che erano a Roma dicano loro per primi ai cittadini quali risorse hanno avuto e come le hanno utilizzate. Il Commissario delegato, nonché presidente della regione, dica, come è giusto e naturale che sia, come e dove ha utilizzato le risorse ottenute per gli eventi sismici e metereologici che hanno interessato la nostra regione a fine ottobre 2002 e a gennaio del 2003.
Siamo stanchi di leggere e sapere dai giornali che le risorse date dal Governo per la ricostruzione sono state utilizzate per “Miss Italia”, “il Molise all’opera”, incarichi di consulenze, spese folli per manifestazioni e iniziative che nulla hanno a che fare con la ricostruzione; siamo stanchi di sapere che risorse destinate alle zone interne sono state attribuite a realtà che tali non sono e per scopi diversi da quelle per le quali erano state assegnate. Non credo che sia troppo chiedere alla politica di rispettare i cittadini: spetta in primis ai sindaci dare l’esempio in questa intricata vicenda del post terremoto. Lo possono fare se hanno le mani e soprattutto le coscienze libere.
Se chi governa ritiene di affidare non al potere politico la risoluzione delle questioni della “polis”, ma al potere giudiziario, siamo all’abdicazione della libertà e della democrazia e apriamo le porte al potere assoluto e al dispotismo. ☺
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