La crisi dei consumi in Molise si avverte in modo pesante, anche se i dati nazionali parlano di una regione che ha sofferenze inferiori per grado rispetto alle regioni maggiormente industrializzate, dove la perdita di posti di lavoro stabili raggiunge livelli impressionanti. Meglio non entrare nel merito delle colpe e delle ragioni di tutto ciò, perché i meandri diventerebbero davvero impraticabili. Noi che in Molise teniamo in piedi un'economia incentrata nel settore pubblico e nei “servizi di base alla persona” come si dice in gergo, abbiamo intanto una minore propensione all'export ma anche una limitata esposizione al debito delle famiglie. Segno di una società sana, vocata al risparmio. Ma il mondo non ci aspetta e la nostra prudenza diventa un grande limite.
Non possiamo di certo pensare di poter sopravvivere al federalismo senza far crescere una corposa situazione produttiva interna al territorio, rispettandone la sua naturale vocazione agro-pastorale, salvaguardandone l'ambiente ed il paesaggio e da ultimo utilizzando innovazione tecnologica ed energie rinnovabili.
I veri rischi, per il Molise, vengono dalla paura per il futuro, avvertita dalle famiglie, che riducono i consumi e dalle iniziative dei furbetti che si servono della crisi per regalare i costi dei loro errori alla comunità. Un modello di crescita basato sul debito privato e pubblico non può funzionare e l'altro problema grave è il calo demografico. Se la popolazione diminuisce, chi sosterrà il debito?
Il punto di partenza per una rinascita è il rilancio delle città, conservando l'esistente ma sfruttando anche le nuove opportunità. La micro-conflittualità locale è un vero ostacolo ed i cittadini sono poco abituati a mettersi in gioco in prima persona. Le istituzioni pubbliche non bastano, occorre più impresa e più banca. Uno dei problemi più allarmanti del futuro è costituito dalla tendenza dei nostri giovani formati e qualificati ad andar via, disposti anche a varcare i confini nazionali per poter fare un lavoro che abbia attinenza con la formazione conseguita attraverso il titolo di laurea e rafforzata attraverso stages formativi svolti nei paesi della comunità europea.
Dunque l'obiettivo è puntare ad una offerta formativa, mirata alle professioni richieste dalle attività locali, affinché si traducano in forza lavoro, innovazione e vitalità di una regione che ha tanto da fare. Sviluppando rapporti strategici con le regioni circostanti potremmo diventare regione cerniera e snodo tra il centro e il sud del Paese.
Occorre più dialogo tra università e imprese. Proporrei alla Università del Molise un Forum tra intellettuali, politici, imprenditori e manager d'impresa, un forum aperto, capace di accogliere e confrontarsi con la diversità. Un dibattito in cui la crisi e la fiducia nella ripresa diventino confronto tra esperti e gente comune.
Alle istituzioni chiediamo: strade sicure per non isolare i paesi e trattenere le comunità al loro interno; serve un piano serio per arginare i movimenti franosi e soprattutto rispetto per la vocazione naturale del territorio; tutele alla parte produttiva del territorio, con le produzioni locali tipiche, dall'olio al vino, alla pasta; inoltre è indispensabile salvaguardare il nostro patrimonio storico-artistico come specchio di tradizioni e storia locale.
Trasparenza e legalità sono gli ingredienti primari per contrastare i fenomeni devastanti che attraversano anche la nostra regione. Vogliamo città con le porte aperte alla cultura, alla spiritualità, alla bellezza, agli scambi economici, al turismo per conservare fortemente lavoro, sicurezza, dignità sociale ed economica. Propongo ai giovani la riscoperta dei mestieri perché ci rendono uomini e donne liberi e dell'artigianato perché ci rende unici e tipici. Alle istituzioni chiediamo tutele per il mondo agricolo affinché l'innovazione e la conoscenza possano finalmente mettersi al servizio della natura. Ci vuole l'impegno di tutti affinché la politica si faccia servizio, nelle città dei diritti umani. Nessun dorma, dunque. ☺
giuliadambrosio@hotmail.it
*Ass.Commercio Attivo -CB
La crisi dei consumi in Molise si avverte in modo pesante, anche se i dati nazionali parlano di una regione che ha sofferenze inferiori per grado rispetto alle regioni maggiormente industrializzate, dove la perdita di posti di lavoro stabili raggiunge livelli impressionanti. Meglio non entrare nel merito delle colpe e delle ragioni di tutto ciò, perché i meandri diventerebbero davvero impraticabili. Noi che in Molise teniamo in piedi un'economia incentrata nel settore pubblico e nei “servizi di base alla persona” come si dice in gergo, abbiamo intanto una minore propensione all'export ma anche una limitata esposizione al debito delle famiglie. Segno di una società sana, vocata al risparmio. Ma il mondo non ci aspetta e la nostra prudenza diventa un grande limite.
Non possiamo di certo pensare di poter sopravvivere al federalismo senza far crescere una corposa situazione produttiva interna al territorio, rispettandone la sua naturale vocazione agro-pastorale, salvaguardandone l'ambiente ed il paesaggio e da ultimo utilizzando innovazione tecnologica ed energie rinnovabili.
I veri rischi, per il Molise, vengono dalla paura per il futuro, avvertita dalle famiglie, che riducono i consumi e dalle iniziative dei furbetti che si servono della crisi per regalare i costi dei loro errori alla comunità. Un modello di crescita basato sul debito privato e pubblico non può funzionare e l'altro problema grave è il calo demografico. Se la popolazione diminuisce, chi sosterrà il debito?
Il punto di partenza per una rinascita è il rilancio delle città, conservando l'esistente ma sfruttando anche le nuove opportunità. La micro-conflittualità locale è un vero ostacolo ed i cittadini sono poco abituati a mettersi in gioco in prima persona. Le istituzioni pubbliche non bastano, occorre più impresa e più banca. Uno dei problemi più allarmanti del futuro è costituito dalla tendenza dei nostri giovani formati e qualificati ad andar via, disposti anche a varcare i confini nazionali per poter fare un lavoro che abbia attinenza con la formazione conseguita attraverso il titolo di laurea e rafforzata attraverso stages formativi svolti nei paesi della comunità europea.
Dunque l'obiettivo è puntare ad una offerta formativa, mirata alle professioni richieste dalle attività locali, affinché si traducano in forza lavoro, innovazione e vitalità di una regione che ha tanto da fare. Sviluppando rapporti strategici con le regioni circostanti potremmo diventare regione cerniera e snodo tra il centro e il sud del Paese.
Occorre più dialogo tra università e imprese. Proporrei alla Università del Molise un Forum tra intellettuali, politici, imprenditori e manager d'impresa, un forum aperto, capace di accogliere e confrontarsi con la diversità. Un dibattito in cui la crisi e la fiducia nella ripresa diventino confronto tra esperti e gente comune.
Alle istituzioni chiediamo: strade sicure per non isolare i paesi e trattenere le comunità al loro interno; serve un piano serio per arginare i movimenti franosi e soprattutto rispetto per la vocazione naturale del territorio; tutele alla parte produttiva del territorio, con le produzioni locali tipiche, dall'olio al vino, alla pasta; inoltre è indispensabile salvaguardare il nostro patrimonio storico-artistico come specchio di tradizioni e storia locale.
Trasparenza e legalità sono gli ingredienti primari per contrastare i fenomeni devastanti che attraversano anche la nostra regione. Vogliamo città con le porte aperte alla cultura, alla spiritualità, alla bellezza, agli scambi economici, al turismo per conservare fortemente lavoro, sicurezza, dignità sociale ed economica. Propongo ai giovani la riscoperta dei mestieri perché ci rendono uomini e donne liberi e dell'artigianato perché ci rende unici e tipici. Alle istituzioni chiediamo tutele per il mondo agricolo affinché l'innovazione e la conoscenza possano finalmente mettersi al servizio della natura. Ci vuole l'impegno di tutti affinché la politica si faccia servizio, nelle città dei diritti umani. Nessun dorma, dunque. ☺
La crisi dei consumi in Molise si avverte in modo pesante, anche se i dati nazionali parlano di una regione che ha sofferenze inferiori per grado rispetto alle regioni maggiormente industrializzate, dove la perdita di posti di lavoro stabili raggiunge livelli impressionanti. Meglio non entrare nel merito delle colpe e delle ragioni di tutto ciò, perché i meandri diventerebbero davvero impraticabili. Noi che in Molise teniamo in piedi un'economia incentrata nel settore pubblico e nei “servizi di base alla persona” come si dice in gergo, abbiamo intanto una minore propensione all'export ma anche una limitata esposizione al debito delle famiglie. Segno di una società sana, vocata al risparmio. Ma il mondo non ci aspetta e la nostra prudenza diventa un grande limite.
Non possiamo di certo pensare di poter sopravvivere al federalismo senza far crescere una corposa situazione produttiva interna al territorio, rispettandone la sua naturale vocazione agro-pastorale, salvaguardandone l'ambiente ed il paesaggio e da ultimo utilizzando innovazione tecnologica ed energie rinnovabili.
I veri rischi, per il Molise, vengono dalla paura per il futuro, avvertita dalle famiglie, che riducono i consumi e dalle iniziative dei furbetti che si servono della crisi per regalare i costi dei loro errori alla comunità. Un modello di crescita basato sul debito privato e pubblico non può funzionare e l'altro problema grave è il calo demografico. Se la popolazione diminuisce, chi sosterrà il debito?
Il punto di partenza per una rinascita è il rilancio delle città, conservando l'esistente ma sfruttando anche le nuove opportunità. La micro-conflittualità locale è un vero ostacolo ed i cittadini sono poco abituati a mettersi in gioco in prima persona. Le istituzioni pubbliche non bastano, occorre più impresa e più banca. Uno dei problemi più allarmanti del futuro è costituito dalla tendenza dei nostri giovani formati e qualificati ad andar via, disposti anche a varcare i confini nazionali per poter fare un lavoro che abbia attinenza con la formazione conseguita attraverso il titolo di laurea e rafforzata attraverso stages formativi svolti nei paesi della comunità europea.
Dunque l'obiettivo è puntare ad una offerta formativa, mirata alle professioni richieste dalle attività locali, affinché si traducano in forza lavoro, innovazione e vitalità di una regione che ha tanto da fare. Sviluppando rapporti strategici con le regioni circostanti potremmo diventare regione cerniera e snodo tra il centro e il sud del Paese.
Occorre più dialogo tra università e imprese. Proporrei alla Università del Molise un Forum tra intellettuali, politici, imprenditori e manager d'impresa, un forum aperto, capace di accogliere e confrontarsi con la diversità. Un dibattito in cui la crisi e la fiducia nella ripresa diventino confronto tra esperti e gente comune.
Alle istituzioni chiediamo: strade sicure per non isolare i paesi e trattenere le comunità al loro interno; serve un piano serio per arginare i movimenti franosi e soprattutto rispetto per la vocazione naturale del territorio; tutele alla parte produttiva del territorio, con le produzioni locali tipiche, dall'olio al vino, alla pasta; inoltre è indispensabile salvaguardare il nostro patrimonio storico-artistico come specchio di tradizioni e storia locale.
Trasparenza e legalità sono gli ingredienti primari per contrastare i fenomeni devastanti che attraversano anche la nostra regione. Vogliamo città con le porte aperte alla cultura, alla spiritualità, alla bellezza, agli scambi economici, al turismo per conservare fortemente lavoro, sicurezza, dignità sociale ed economica. Propongo ai giovani la riscoperta dei mestieri perché ci rendono uomini e donne liberi e dell'artigianato perché ci rende unici e tipici. Alle istituzioni chiediamo tutele per il mondo agricolo affinché l'innovazione e la conoscenza possano finalmente mettersi al servizio della natura. Ci vuole l'impegno di tutti affinché la politica si faccia servizio, nelle città dei diritti umani. Nessun dorma, dunque. ☺
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