Requiem
11 Giugno 2023
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Requiem

La scena è nuda, un letto e un televisore acceso. Una donna sta per andare a dormire, non sa che sarà l’ultima notte della sua vita, noi spettatori lo capiamo dopo, man mano che lo spettacolo ci srotola sotto gli occhi aspetti della condizione umana, tra vita, morte e rinascita. Scene a tratti spoglie, a tratti complesse, in una penombra che durerà durante tutta la rappresentazione, tante danze, un corpo di ballo che è anche coro e viceversa in un caleidoscopio di colori, movimenti e gesti che narrano di noi, della nostra condizione di esseri umani. La tessitura musicale non è solo il Requiem di Mozart del titolo dello spettacolo, include anche composizioni sacre dello stesso autore e canti liturgici anonimi. Le parole sono quelle della nostra precarietà, del nostro essere transeunti, del nostro comune destino apparentemente senza speranza. Un’auto accartocciata, simbolo della nostra follia autodistruttiva, occupa il palco per le foto di rito. Sullo sfondo, in proiezione, l’Atlante delle estinzioni, l’ asettico elenco delle città, delle lingue, delle religioni estinte, in un cupio dissolvi che investe anche il presente e il futuro, anche la data della rappresentazione è destinata a dissolversi, come tutto e tutti. Polvere siamo e polvere torneremo.
La penultima svolta dello spettacolo è la nudità assoluta di cantanti e ballerini sul palco, moriamo come nasciamo, nudi. L’ultima svolta, geniale intuizione, è il piano che si inclina e fa rotolare tutte le tracce umane: fango, vestiti, stracci, i miseri resti del nostro passaggio. Infine una voce bianca in platea sbuca nell’ oscurità, il suo canto puro conclude il viaggio.
Qualcuno è corso via prima della fine, una voce ha urlato ‘Finalmente!’ al momento della chiusura del sipario, altri hanno contestato con veemenza, i più hanno applaudito entusiasti.
Romeo Castellucci ha firmato la regia e ha curato le scene, i costumi e le luci di questo controverso Requiem di Mozart messo in scena al Teatro San Carlo di Napoli. Faccio parte di coloro che hanno apprezzato, non per acritica adesione alla tendenza, a volte avvilente, alla rivisitazione in chiave moderna dei classici. Ho apprezzato la messa in scena nella sua complessità, nei suoi simboli e nella suggestione dei diversi livelli linguistici: danza, pittura a spruzzo, canto, musica, gestualità con soluzioni mai scontate. Come nel più classico degli esiti arriva la catarsi. La disperazione umana trova la luce nelle parole del coro e la luce non può essere che Dio.☺

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