Riflessioni sul ddl zan
9 Dicembre 2021
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Riflessioni sul ddl zan

La bocciatura del ddl Zan avvenuta in Senato lo scorso 27 ottobre, tra gli applausi delle destre, rimarrà una delle pagine più cupe della storia dei diritti civili in Italia. Raramente, l’iter di un procedimento legislativo è mai stato così seguìto, così come la sua bocciatura oggetto di indignazione da parte della società civile.

Il disegno di legge, composto da 10 articoli, prevedeva modifiche al codice penale (artt. 604 bis e ter) ed al codice di procedura penale (90 quater), proposte di giustizia riparativa, l’istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, la previsione di attività di prevenzione oltre al monitoraggio dei dati riguardanti le discriminazioni e le violenze. In questi mesi, tale proposta legislativa era diventata simbolo della lotta alla discriminazione contro le persone lgbt, per cui gli applausi al Senato sono risuonati come schiaffi in faccia rispetto a chi (giustamente) richiede tutele.

Eppure, al netto delle polemiche e della delusione, il ddl Zan era la miglior proposta possibile per la difesa dei diritti delle categorie interessate? Vi è da osservare innanzitutto che nel corso della redazione della proposta legislativa ad un certo punto è stata inserita anche la repressione della discriminazione contro persone con disabilità tra quelle meritevoli di un più grave trattamento sanzionatorio, accanto ai reati commessi per motivi razziali, etnici, religiosi o fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento ses­suale, sull’iden- tità di genere. Le persone con disabilità del resto hanno un vissuto quotidiano di discriminazione (basti pensare a quanti edifici sono effettivamente accessibili) al quale ci siamo abituati con troppa rassegnazione. Proprio questo fatto mi ha posto davanti ad una riflessione.

Ho la sensazione che più tendiamo a frantumare il concetto di discriminazione, che oggettivamente ha le caratteristiche dell’intersezionalità potendo riversarsi in diverse maniere su diverse categorie sociali, più ci sfugge la dimensione di fondo, ossia che la discriminazione stessa altro non sia che un attentato alla dignità umana, che è un concetto che prescinde e va oltre qualsiasi condizione fisica o sociale.

Perciò, al netto del principio di tassatività della legge penale, che impone si debbano indicare con chiarezza quali siano i comportamenti da incriminare, forse occorreva compiere uno sforzo e provare ad abbracciare la necessità di tutelare il rispetto dell’individuo in tutte le sue condizioni di fragilità. E forse, con uno sforzo interpretativo, ci saremmo potuti accorgere che questa tutela probabilmente già c’è all’interno del nostro codice penale. Inoltre a mio avviso il ddl Zan aveva un’altra forte criticità, ossia quella di privilegiare la repressione penale rispetto alla promozione dell’uguaglianza sostanziale e della dignità umana ed agli interventi di giustizia riparativa.

Lavoro da diversi anni nel campo della violenza di genere ed ho avuto modo di constatare che gli interventi normativi che si sono succeduti, tutti orientati prevalentemente all’ inasprimento delle sanzioni o all’introduzione di nuove fattispecie incriminatrici, non hanno rappresentato un deterrente sufficiente ad incidere in maniera significativa sul numero dei femminicidi e dei reati di genere. Credo pertanto che l’impatto delle norme proposte dal ddl Zan sarebbe stato lo stesso. Infatti, la legge 69/2019 (nota come la legge sul codice rosso) al suo interno prevedeva anche la possibilità di interventi di formazione e sensibilizzazione, senza però gravare sul bilancio dello Stato; una norma simile è riprodotta anche all’interno del ddl.

Con tutta franchezza, come può uno Stato che ha tra gli obiettivi quello di contrastare la discriminazione, non impiegare neanche una risorsa per intervenire sulla prevenzione, sulla sensibilizzazione rispetto alla parità di genere e sulla valorizzazione della diversità? Forse perché una norma penale incriminatrice fa più scena ed è meno impegnativa (del resto è solo una gettata d’ inchiostro), rispetto all’attività di prevenzione e sensibilizzazione che nella stragrande maggioranza si esaurisce nelle giornate internazionali (e ce ne sono tantissime), mentre il resto dell’anno ci si gira dall’altra parte?☺

 

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