La mia casa, il mio piccolo giardino e la collina di fronte, abitata dal bosco, sono il mondo in cui vivo, mondo che racchiude in sé il senso della ferialità e la dimensione dell’infinito; mondo circoscritto eppure grandioso, libro con parole cangianti e nessuna scrittura dove ho imparato a leggere il colore delle ore e delle stagioni.
Oggi la pioggia, in dolce cascata, ha bagnato la terra e mi ha lasciato uno scarabeo morto dalle ali di un oro iridescente mescolato a un verde intenso e ad altri colori che non so definire, un gioiello prezioso che ho posato su una rosa gialla, la più bella, quella a cui ho dato il nome di mia figlia. La sera già incede tra voli di falene e profumi soffusi di gelsomini; i ragni hanno appeso reti di perle all’albero di magnolia che abbraccia l’unico fiore rimasto. Fra poco la notte illuminerà il bosco con centinaia di lucciole dorate, occhi incantati che ammiccano a intermittenza e sussurrano segreti ad esseri magici risvegliati al calar del sole.
Ho tirato fuori, dal fondo di una cassa, poesie dattiloscritte su fogli ormai ingialliti dal tempo; dipanano la storia di un amore dal mancato finale, dono travagliato e stupendo di giorni vissuti controvento: “Mi sveglio/ col rumore della pioggia sopra il tetto/ e il mio primo pensiero sei tu…/ Lasciami almeno i tuoi occhi/ per ore e ore/ li guarderei senza una parola/ senza un grido di rabbia…/ C’è solo il tuo viso/ dentro il mio silenzio/ ghiacciato e sconfinato…”.
Un ritmo mutabile scandisce la vita in contrappassi che affannano e consolano. Fantasia e ricordi mi aiutano a puntellare un’anima ormai fragile che spesso si smarrisce nel buio. ☺
La mia casa, il mio piccolo giardino e la collina di fronte, abitata dal bosco, sono il mondo in cui vivo, mondo che racchiude in sé il senso della ferialità e la dimensione dell’infinito; mondo circoscritto eppure grandioso, libro con parole cangianti e nessuna scrittura dove ho imparato a leggere il colore delle ore e delle stagioni.
Oggi la pioggia, in dolce cascata, ha bagnato la terra e mi ha lasciato uno scarabeo morto dalle ali di un oro iridescente mescolato a un verde intenso e ad altri colori che non so definire, un gioiello prezioso che ho posato su una rosa gialla, la più bella, quella a cui ho dato il nome di mia figlia. La sera già incede tra voli di falene e profumi soffusi di gelsomini; i ragni hanno appeso reti di perle all’albero di magnolia che abbraccia l’unico fiore rimasto. Fra poco la notte illuminerà il bosco con centinaia di lucciole dorate, occhi incantati che ammiccano a intermittenza e sussurrano segreti ad esseri magici risvegliati al calar del sole.
Ho tirato fuori, dal fondo di una cassa, poesie dattiloscritte su fogli ormai ingialliti dal tempo; dipanano la storia di un amore dal mancato finale, dono travagliato e stupendo di giorni vissuti controvento: “Mi sveglio/ col rumore della pioggia sopra il tetto/ e il mio primo pensiero sei tu…/ Lasciami almeno i tuoi occhi/ per ore e ore/ li guarderei senza una parola/ senza un grido di rabbia…/ C’è solo il tuo viso/ dentro il mio silenzio/ ghiacciato e sconfinato…”.
Un ritmo mutabile scandisce la vita in contrappassi che affannano e consolano. Fantasia e ricordi mi aiutano a puntellare un’anima ormai fragile che spesso si smarrisce nel buio. ☺
La mia casa, il mio piccolo giardino e la collina di fronte, abitata dal bosco, sono il mondo in cui vivo, mondo che racchiude in sé il senso della ferialità e la dimensione dell’infinito;
La mia casa, il mio piccolo giardino e la collina di fronte, abitata dal bosco, sono il mondo in cui vivo, mondo che racchiude in sé il senso della ferialità e la dimensione dell’infinito; mondo circoscritto eppure grandioso, libro con parole cangianti e nessuna scrittura dove ho imparato a leggere il colore delle ore e delle stagioni.
Oggi la pioggia, in dolce cascata, ha bagnato la terra e mi ha lasciato uno scarabeo morto dalle ali di un oro iridescente mescolato a un verde intenso e ad altri colori che non so definire, un gioiello prezioso che ho posato su una rosa gialla, la più bella, quella a cui ho dato il nome di mia figlia. La sera già incede tra voli di falene e profumi soffusi di gelsomini; i ragni hanno appeso reti di perle all’albero di magnolia che abbraccia l’unico fiore rimasto. Fra poco la notte illuminerà il bosco con centinaia di lucciole dorate, occhi incantati che ammiccano a intermittenza e sussurrano segreti ad esseri magici risvegliati al calar del sole.
Ho tirato fuori, dal fondo di una cassa, poesie dattiloscritte su fogli ormai ingialliti dal tempo; dipanano la storia di un amore dal mancato finale, dono travagliato e stupendo di giorni vissuti controvento: “Mi sveglio/ col rumore della pioggia sopra il tetto/ e il mio primo pensiero sei tu…/ Lasciami almeno i tuoi occhi/ per ore e ore/ li guarderei senza una parola/ senza un grido di rabbia…/ C’è solo il tuo viso/ dentro il mio silenzio/ ghiacciato e sconfinato…”.
Un ritmo mutabile scandisce la vita in contrappassi che affannano e consolano. Fantasia e ricordi mi aiutano a puntellare un’anima ormai fragile che spesso si smarrisce nel buio. ☺
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