
Scuola 4.0
Un programma di innovazione didattica per avere lezioni più interattive e studenti più coinvolti, sicuramente più a loro agio nel muoversi nell’ambito di metodologie didattiche che faranno largo uso del digitale. È il “Piano Scuola 4.0”, uno stanziamento di 2,1 miliardi di euro per trasformare 100.000 classi tradizionali in ambienti innovativi di apprendimento e creare laboratori per le professioni digitali del futuro negli istituti scolastici superiori.
Un po’ di storia… Non per amore del tecnicismo, ma per dire di cosa stiamo parlando a chi di scuola non sa. Il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza predisposto per rilanciare l’economia e dare un impulso allo sviluppo digitale e sostenibile nazionale dopo la pandemia, prevede diverse misure e attuazioni, tra cui la missione 4, ‘Istruzione e Ricerca’, che nella sua Componente 1 prevede il Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione, dagli asili nido alle Università, tramite alcune linee di intervento. Tra queste, un investimento è dedicato, appunto, alla Scuola 4.0 che, con un misto di fatica e di entusiasmo, dovrà prendere forma nelle nostre aule in questi mesi.
Scuola 4.0, dunque: spazi di apprendimento flessibili e tecnologici per favorire la collaborazione e l’inclusione, in tutte le scuole italiane, in linea con le esigenze di crescita di bambini e ragazzi.
“Next generation classrooms”, la prima azione prevista dal Piano, prevede appunto la creazione di 100.000 classi innovative: grazie alle risorse del piano, infatti, ciascuna istituzione scolastica del primo e del secondo ciclo potrà trasformare almeno la metà delle classi attuali, progettando nuovi ambienti e una nuova didattica secondo le proprie esigenze. Un finanziamento di 1 miliardo e 296 milioni per la creazione di spazi fisici e digitali di apprendimento innovativi negli arredi e nelle attrezzature. Metodologie e tecniche di insegnamento in linea con la trasformazione degli ambienti, per potenziare l’apprendimento e lo sviluppo di competenze cognitive, sociali, emotive di studentesse e studenti.
Il minimo comune denominatore saranno arredi facilmente posizionabili, attrezzature digitali versatili, la rete wireless o cablata. Ma a scegliere come saranno disposti o articolati saranno le scuole: il dirigente scolastico, in collaborazione con l’animatore digitale e il team per l’innovazione, potrà costituire un gruppo di progettazione che coinvolgerà progettisti, docenti e studenti per il disegno degli ambienti di apprendimento fisici e virtuali, per la progettazione didattica basata su metodologie innovative adatte ai nuovi ambienti, per la previsione di misure di accompagnamento nell’utilizzo degli spazi didattici modificati.
“Next generation labs”, invece, ossia la seconda azione, riguarda la progettazione di spazi per le professioni digitali del futuro e si rivolge nello specifico alle scuole secondarie di secondo grado. Obiettivo è la realizzazione di laboratori in cui gli studenti possano sviluppare competenze digitali specifiche nei diversi ambiti tecnologici avanzati (come robotica, intelligenza artificiale, cybersicurezza, comunicazione digitale), anche attraverso attività autentiche e di effettiva simulazione dei luoghi, degli strumenti e dei processi legati alle nuove professioni.
Gli intenti sono sicuramente validi, ma lo sforzo da compiere non è solamente quello di acquisire dotazioni digitali innovative, arredi e piattaforme, bensì anche quello ineludibile di predisporre condizioni di flessibilità nella gestione degli spazi, del tempo e nella diversificazione dei percorsi educativi degli studenti. Si tratta di variabili che vanno combinate insieme, sapendo che, toccando l’una, si modificano di conseguenza anche le altre.
La classe diventa la grande variabile che fa da perno a tutto il cambiamento. Il riferimento ad essa è preciso, ma la classe che il Piano ipotizza non è quella chiusa e statica della ripetitività quotidiana. Essa va intesa, anzi, quasi come un organismo in grado di evolversi e ricomporsi, per soluzioni adeguate allo sviluppo della didattica in una rete complessa di relazioni educative.
Si potranno così creare gruppi di studenti per specifici bisogni di apprendimento, per interessi, per sincronia di apprendimento e non solo per età; essi potranno spostarsi all’interno dei “luoghi” e seguendo tempistiche atte a realizzare il loro personale percorso educativo e curricolo. L’insegnante potrebbe, al contrario, non spostarsi tra le classi, ma divenire il gestore specializzato di uno o più specifici ambienti digitali di apprendimento.
Forse siamo di fronte ad una svolta, ma occorrono sapienza e lungimiranza per dare sostanza vera a questo gigantesco investimento di fondi e di energie. La scuola va ripensata tutta, non solo – in maniera lodevole, per carità, ma limitata – nella sua sola dimensione digitale e tecnologica. Occorre ridare dignità e priorità al ruolo docente, con tutti gli annessi e connessi. Abbiamo bisogno di tanto altro. E, soprattutto, di un’attenzione costante alle nostre esigenze e a quelle dei ragazzi.
I fondi del PNRR, parliamoci chiaro, finiranno. Potranno essere spesi nella maniera più illuminata, ma arriverà l’ultimo euro in cassa. E dopo? Torneremo a guidare il trattore dopo essere andati nello spazio con un razzo? Ci si è pensato a dare stabilità e manutenzione al “cambiamento”? Con i fondi di cui attualmente dispone la scuola, non c’è 4.0 che tenga. Le risme di carta continuiamo, spesso, a portarle da casa. Le intenzioni sono valide, il programma affascinante. Ma l’ottimismo sul futuro è cauto. Occorrono cambiamenti strutturali, di lungo periodo, non limitati ad una ragguardevole somma di denaro da spendere perché c’è e dobbiamo dimostrare di saperla usare.
Facciamo che Scuola 4.0 sia non una svolta in sé, ma un potente inizio per ripensare tutto un sistema scolastico che ha bisogno di cure e di futuro.☺