Siamo tutti netanyahu
Siamo in molti a nasconderci dietro il dito dell’“io lo avevo detto, io sono contrario”. Quello che sta accadendo è anche il risultato delle nostre codardie, del benaltrismo, dei distinguo, dell’opposizione parolaia. In quanto cittadini del nostro Paese e nel riconoscere l’autorità indiscutibile di un Governo democraticamente eletto – così si dice per rassicurarci di vivere nel migliore dei mondi possibili – approviamo, non a parole ma con le azioni e il supporto materiale, le peggiori nefandezze. Per questo, che ci piaccia o no, siamo tutti Netanyahu. Da ben più di mezzo secolo riteniamo che Israele sia il Paese della massima espressione della democrazia, culturalmente e civilmente europeo, incastrato in mezzo a popoli inferiori, fatti di beduini ignoranti ai quali occorre insegnare la superiorità del nostro stile di vita, dei nostri rapporti sociali ed economici, culturali, etici, religiosi.
Questo racconto autocelebrativo, rafforzato dal grande specchio deformante statunitense – la maggiore democrazia del Mondo, quindi dell’Universo -, ci ha posti in un’area di superiorità di fatto. Ci siamo prima noi, poi gli altri. Esportare la democrazia è stato un obiettivo ricorrente, una moderna crociata che ci ha impedito di guardare la realtà.
Quando la descrizione del diverso non trovava riscontro, l’Occidente e l’Unione Europea, tramite i loro strumenti operativi, quali la NATO o le società d’ interscambio pseudoculturali, commerciali, dell’energia e degli armamenti, hanno fatto in modo di avere nel Medio Oriente e in Africa governi fantoccio, guidati da prezzolati capaci di assecondare le nostre priorità a scapito del loro popolo. Com’era bravo Gheddafi, addestrato nelle nostre caserme insieme ai nostri giovannacci!
Un po’ spiazzati quando la maggiore democrazia del mondo elegge un presidente dagli atteggiamenti fuori dagli schemi (ma in sostanza analoghi a quelli dei predecessori), facciamo finta di non capire. Ce la prendiamo con la persona, considerandolo un banale errore di percorso. Un atteggiamento attendista, un “vediamo come va a finire”, ma tranquilli, perché sappiamo bene che la superiorità del nostro stile di vita alla fine trionferà.
Verso la metà degli anni ‘70, il tg del primo canale nazionale, diretto da Enrico Mentana detto mitraglia, ci mostrò due soldati israeliani che, muniti di mitragliatrici e di un grosso sasso, spezzavano le braccia a due ragazzini palestinesi che avevano osato lanciare delle pietre contro di loro. Ora facciamo finta di non ricordarcene. Allora felici cantavamo: “Oh Dayan, solo tu ci conquisti sempre più, oh, oh-oh, Dayaaannn”. Pensavamo si fosse raggiunto il limite, un incidente di percorso nel rispondere alle provocazioni. Così quel tipo di relazione fra occupanti e eterni profughi, fra democratici e selvaggi beduini d’ogni tipo è continuata, indisturbata, anzi, è sempre più degenerata anche con la nostra approvazione e forniture di armi.
Casualmente, nel 1984, mi sono ritrovato tre volte in un bar a prendere il caffè con Primo Levi, a due passi da casa sua. La normalità del fatto sembrava stridere con la straordinarietà della persona, così la prima volta ho avuto difficoltà a fare persino un piccolo cenno di saluto. Ho letto tutti i suoi libri e credo di essermi fatto un’idea dell’Olocausto.
Ora Liliana Segre ci dice che è un termine con il ©copyright. Va bene. Possiamo però dire che in Palestina è in atto una carneficina, una mattanza, una strage di massa, un crimine atroce, un assassinio, un omicidio di un popolo, una liquidazione, una pulizia etnica capillare e premeditata? Oppure si tratta semplicemente di un occhio per occhio? E, quindi, nel criticare l’operato di Israele siamo tutti Hamas?
Interrogativi forse privi di senso. Sta di fatto che, comunque la mettiamo, di quanto sta accadendo siamo corresponsabili. Il nostro Governo, il nostro Stato, le maggiori industrie degli armamenti e di tutto quanto gravita intorno ad esse, i nostri commerci, le nostre fonti energetiche, i nostri consumi e il nostro benessere contribuiscono tutti a supportare i comportamenti criminali.
Il Medio Oriente non è solo. Sappiamo bene cosa sta accadendo in giro per il mondo, non è neppure il caso di parlarne. Tanto, il nostro agire, anche se siamo fieramente contrari, è schierato. Siamo dalla parte sbagliata, oppure è la parte giusta e siamo noi, alcuni di noi, ad essere sbagliati. Se ne parla a volte, sottovoce, con chi sai che la pensa come te, ma quelli che s’ imbevono dei vari Mieli, Sechi e Gasparri – e l’ elenco supera ogni spazio disponibile – sono i nostri colleghi, i nostri amici, i nostri padri, o figli. Sono fra noi, siamo noi. Abbiamo immaginato un mondo migliore di quello dei nostri padri, abbiamo sperato ma non agito di conseguenza. Ci siamo illusi, crogiolati, abbiamo rinviato. Il Mondo Perfetto era a portata di mano, eravamo vicini, prossimi alla meta. E infatti ci siamo. Manca solo la bomba e poi è fatta. ☺
