sillabe d’armageddon
Il giorno della fine non servirà l’inglese
- Battiato
Cadono resinose ai legni
nel ventre della terra esplodono
vitamine per humus sterile
queste parole aggrappate all’inverno.
Sostano nel cuore finché muore
il silenzio che sbrocca in urlo.
Rapaci, senza filtri né virgole
risalgono d’afa nelle giare polmonari,
riempiono più dell’olio vergine.
Dalla bocca ad altre labbra
d’averno in averno senza regole
sulla lama che vibra lacrima
ad ogni assenza oppure in ostensione.
(Il corno del sultano esalta note di sterminio).
Nella giacca stazzonata sosta liso
biglietto di sola andata – in attesa –
dell’ultimo passo da declinare.
Prima o poi parleranno solo i rintocchi
della Matrice – in assolo – fiocchi afoni
di campana in campana. Din-don d’atomi.
Cadono senza pena sui fogli sul cemento
queste sillabe incise d’armageddon.
Al verso versato della sesta coppa, l’illuminazione.
Come annuncio di vita nuova
s’alza l’urlo dei Cavalieri- nel segno, nel calice
nel morbo, a futura calce viva.
Né di Babilonia sarà l’ultimo squillo di tromba.
(Eppure l’eden che ti sussurrai implume
sembrava non finire mai).