Da alcuni mesi diverse categorie di lavoratori, anche nella nostra regione, prestano la propria opera senza percepire il salario. Il fenomeno sta coinvolgendo un gran numero di settori: dall'agroalimentare al metalmeccanico, dai trasporti alla cooperazione. I ritardi, in alcuni casi, raggiungono anche i cinque mesi: la cronaca, di solito, pone all'attenzione dell'opinione pubblica la sorte di chi presta servizio in aziende di grandi o di medie dimensioni. In realtà, società come la Solagrital o l'Atm, costituiscono solo la punta di un iceberg: dietro di esse si contano innumerevoli imprese che non pagano gli stipendi. Vale la pena ricordare le difficoltà delle Cooperative e di tutto il Terzo Settore: cittadini che, già nella normalità, percepiscono basse retribuzioni, in quanto l'affidamento dei servizi è spesso inferiore ai minimi tabellari stabiliti dal ministero del Lavoro. A tutto questo si è aggiunto il taglio alle risorse assegnate ai comuni: di conseguenza in quasi tutti gli ambiti territoriali si è avuta una nuova e più ampia riduzione delle ore di assistenza.
Un processo che, nella sua essenza, ha determinato una diminuzione delle cure rivolte agli anziani, ai disabili e ai minori. Solo in questo settore, entro il 2013, si rischia di perdere oltre 1000 posti di lavoro; nel contempo centinaia di operatori sono già senza salario, mentre i cittadini più bisognosi vivono una condizione di abbandono. Dietro questi numeri si coglie il fallimento di un sistema economico che prometteva più benessere e felicità; al contrario, come ogni sistema che assolutizza la propria ricetta, ha condotto migliaia di persone verso la disperazione. La stessa classe dirigente è rimasta sorda a chi, da anni, nell'interesse del bene comune, chiedeva interventi correttivi in grado di sostenere le classi sociali più deboli. Le stesse imprese che operano nella legalità e nel rispetto dei propri collaboratori, hanno subito un indebolimento dovuto, in molti casi, al ritardo dei pagamenti da parte dell'amministrazione pubblica.
Oggi si è giunti al paradosso che gli anziani, con pensioni talvolta al minimo, stanno svolgendo una funzione impropria, in quanto sono costretti a sostenere figli e nipoti in difficoltà. Tale fenomeno si accentuerà nel corso degli anni quando, a partire dal 2014, la durata dell'indennità di mobilità comincerà a diminuire per lasciare spazio all'Aspi. Questa nuova assicurazione sociale per l'impiego, che farà la sua comparsa l'anno prossimo ed andrà a regime nel 2016, avrà una durata nettamente inferiore alla mobilità: 10 mesi fino a 50 anni; 12 mesi tra i 50 e i 54 anni; 18 mesi per coloro che hanno un'età superiore ai 55 anni. Meno lavoro, meno ammortizzatori sociali e meno assistenza rischiano di determinare un'implosione sociale dagli esiti incerti. La parte più vulnerabile, i giovani cresciuti nella società del benessere, fanno i conti con un mondo che non offre più alcuna certezza.
Uno stato di crisi che, nella sua durezza, può comunque rappresentare un'opportunità di rinascita: i giovani possono infatti dar vita, con il sostegno della parte adulta più impegnata e sana della società, ad una sorta di rinascimento della coscienza civile. Dinanzi a noi non vi è altra strada: l'unico percorso in grado di ricostruire le fondamenta di una comunità solidale e virtuosa. Lo stesso mondo cattolico, nel ricordare il Concilio Vaticano II, è chiamato ad assumere nuove responsabilità ed a vivere con più coraggio il messaggio evangelico. Troppi silenzi sulla qualità della vita che caratterizza l'esistenza di milioni di cittadini: uomini e donne che vanno tutelati e rispettati durante l'intera vita (dai confini della nascita ai confini della morte). Soprattutto in questo frangente storico, ognuno nel luogo ove si trova, deve chiedere a se stesso se il proprio tempo è speso bene e in funzione di quali interessi. Urge una pedagogia della responsabilità che rigetti, una volta per tutte, il modello di una società costruita sulla superficialità e l'arricchimento facile. Si pone insomma l'esigenza di far comprendere, che il sacrificio profuso per vivere in una comunità sana, non costituisce una perdita di tempo, ma l'unico modo per riconoscere la centralità e il valore dell'uomo.☺
a.miccoli@cgilmolise.it
Da alcuni mesi diverse categorie di lavoratori, anche nella nostra regione, prestano la propria opera senza percepire il salario. Il fenomeno sta coinvolgendo un gran numero di settori: dall'agroalimentare al metalmeccanico, dai trasporti alla cooperazione. I ritardi, in alcuni casi, raggiungono anche i cinque mesi: la cronaca, di solito, pone all'attenzione dell'opinione pubblica la sorte di chi presta servizio in aziende di grandi o di medie dimensioni. In realtà, società come la Solagrital o l'Atm, costituiscono solo la punta di un iceberg: dietro di esse si contano innumerevoli imprese che non pagano gli stipendi. Vale la pena ricordare le difficoltà delle Cooperative e di tutto il Terzo Settore: cittadini che, già nella normalità, percepiscono basse retribuzioni, in quanto l'affidamento dei servizi è spesso inferiore ai minimi tabellari stabiliti dal ministero del Lavoro. A tutto questo si è aggiunto il taglio alle risorse assegnate ai comuni: di conseguenza in quasi tutti gli ambiti territoriali si è avuta una nuova e più ampia riduzione delle ore di assistenza.
Un processo che, nella sua essenza, ha determinato una diminuzione delle cure rivolte agli anziani, ai disabili e ai minori. Solo in questo settore, entro il 2013, si rischia di perdere oltre 1000 posti di lavoro; nel contempo centinaia di operatori sono già senza salario, mentre i cittadini più bisognosi vivono una condizione di abbandono. Dietro questi numeri si coglie il fallimento di un sistema economico che prometteva più benessere e felicità; al contrario, come ogni sistema che assolutizza la propria ricetta, ha condotto migliaia di persone verso la disperazione. La stessa classe dirigente è rimasta sorda a chi, da anni, nell'interesse del bene comune, chiedeva interventi correttivi in grado di sostenere le classi sociali più deboli. Le stesse imprese che operano nella legalità e nel rispetto dei propri collaboratori, hanno subito un indebolimento dovuto, in molti casi, al ritardo dei pagamenti da parte dell'amministrazione pubblica.
Oggi si è giunti al paradosso che gli anziani, con pensioni talvolta al minimo, stanno svolgendo una funzione impropria, in quanto sono costretti a sostenere figli e nipoti in difficoltà. Tale fenomeno si accentuerà nel corso degli anni quando, a partire dal 2014, la durata dell'indennità di mobilità comincerà a diminuire per lasciare spazio all'Aspi. Questa nuova assicurazione sociale per l'impiego, che farà la sua comparsa l'anno prossimo ed andrà a regime nel 2016, avrà una durata nettamente inferiore alla mobilità: 10 mesi fino a 50 anni; 12 mesi tra i 50 e i 54 anni; 18 mesi per coloro che hanno un'età superiore ai 55 anni. Meno lavoro, meno ammortizzatori sociali e meno assistenza rischiano di determinare un'implosione sociale dagli esiti incerti. La parte più vulnerabile, i giovani cresciuti nella società del benessere, fanno i conti con un mondo che non offre più alcuna certezza.
Uno stato di crisi che, nella sua durezza, può comunque rappresentare un'opportunità di rinascita: i giovani possono infatti dar vita, con il sostegno della parte adulta più impegnata e sana della società, ad una sorta di rinascimento della coscienza civile. Dinanzi a noi non vi è altra strada: l'unico percorso in grado di ricostruire le fondamenta di una comunità solidale e virtuosa. Lo stesso mondo cattolico, nel ricordare il Concilio Vaticano II, è chiamato ad assumere nuove responsabilità ed a vivere con più coraggio il messaggio evangelico. Troppi silenzi sulla qualità della vita che caratterizza l'esistenza di milioni di cittadini: uomini e donne che vanno tutelati e rispettati durante l'intera vita (dai confini della nascita ai confini della morte). Soprattutto in questo frangente storico, ognuno nel luogo ove si trova, deve chiedere a se stesso se il proprio tempo è speso bene e in funzione di quali interessi. Urge una pedagogia della responsabilità che rigetti, una volta per tutte, il modello di una società costruita sulla superficialità e l'arricchimento facile. Si pone insomma l'esigenza di far comprendere, che il sacrificio profuso per vivere in una comunità sana, non costituisce una perdita di tempo, ma l'unico modo per riconoscere la centralità e il valore dell'uomo.☺
Da alcuni mesi diverse categorie di lavoratori, anche nella nostra regione, prestano la propria opera senza percepire il salario. Il fenomeno sta coinvolgendo un gran numero di settori: dall'agroalimentare al metalmeccanico, dai trasporti alla cooperazione. I ritardi, in alcuni casi, raggiungono anche i cinque mesi: la cronaca, di solito, pone all'attenzione dell'opinione pubblica la sorte di chi presta servizio in aziende di grandi o di medie dimensioni. In realtà, società come la Solagrital o l'Atm, costituiscono solo la punta di un iceberg: dietro di esse si contano innumerevoli imprese che non pagano gli stipendi. Vale la pena ricordare le difficoltà delle Cooperative e di tutto il Terzo Settore: cittadini che, già nella normalità, percepiscono basse retribuzioni, in quanto l'affidamento dei servizi è spesso inferiore ai minimi tabellari stabiliti dal ministero del Lavoro. A tutto questo si è aggiunto il taglio alle risorse assegnate ai comuni: di conseguenza in quasi tutti gli ambiti territoriali si è avuta una nuova e più ampia riduzione delle ore di assistenza.
Un processo che, nella sua essenza, ha determinato una diminuzione delle cure rivolte agli anziani, ai disabili e ai minori. Solo in questo settore, entro il 2013, si rischia di perdere oltre 1000 posti di lavoro; nel contempo centinaia di operatori sono già senza salario, mentre i cittadini più bisognosi vivono una condizione di abbandono. Dietro questi numeri si coglie il fallimento di un sistema economico che prometteva più benessere e felicità; al contrario, come ogni sistema che assolutizza la propria ricetta, ha condotto migliaia di persone verso la disperazione. La stessa classe dirigente è rimasta sorda a chi, da anni, nell'interesse del bene comune, chiedeva interventi correttivi in grado di sostenere le classi sociali più deboli. Le stesse imprese che operano nella legalità e nel rispetto dei propri collaboratori, hanno subito un indebolimento dovuto, in molti casi, al ritardo dei pagamenti da parte dell'amministrazione pubblica.
Oggi si è giunti al paradosso che gli anziani, con pensioni talvolta al minimo, stanno svolgendo una funzione impropria, in quanto sono costretti a sostenere figli e nipoti in difficoltà. Tale fenomeno si accentuerà nel corso degli anni quando, a partire dal 2014, la durata dell'indennità di mobilità comincerà a diminuire per lasciare spazio all'Aspi. Questa nuova assicurazione sociale per l'impiego, che farà la sua comparsa l'anno prossimo ed andrà a regime nel 2016, avrà una durata nettamente inferiore alla mobilità: 10 mesi fino a 50 anni; 12 mesi tra i 50 e i 54 anni; 18 mesi per coloro che hanno un'età superiore ai 55 anni. Meno lavoro, meno ammortizzatori sociali e meno assistenza rischiano di determinare un'implosione sociale dagli esiti incerti. La parte più vulnerabile, i giovani cresciuti nella società del benessere, fanno i conti con un mondo che non offre più alcuna certezza.
Uno stato di crisi che, nella sua durezza, può comunque rappresentare un'opportunità di rinascita: i giovani possono infatti dar vita, con il sostegno della parte adulta più impegnata e sana della società, ad una sorta di rinascimento della coscienza civile. Dinanzi a noi non vi è altra strada: l'unico percorso in grado di ricostruire le fondamenta di una comunità solidale e virtuosa. Lo stesso mondo cattolico, nel ricordare il Concilio Vaticano II, è chiamato ad assumere nuove responsabilità ed a vivere con più coraggio il messaggio evangelico. Troppi silenzi sulla qualità della vita che caratterizza l'esistenza di milioni di cittadini: uomini e donne che vanno tutelati e rispettati durante l'intera vita (dai confini della nascita ai confini della morte). Soprattutto in questo frangente storico, ognuno nel luogo ove si trova, deve chiedere a se stesso se il proprio tempo è speso bene e in funzione di quali interessi. Urge una pedagogia della responsabilità che rigetti, una volta per tutte, il modello di una società costruita sulla superficialità e l'arricchimento facile. Si pone insomma l'esigenza di far comprendere, che il sacrificio profuso per vivere in una comunità sana, non costituisce una perdita di tempo, ma l'unico modo per riconoscere la centralità e il valore dell'uomo.☺
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