testati a dovere
18 Aprile 2010 Share

testati a dovere

 

Al termine di ogni anno scolastico il percorso di insegnamento-apprendimento che ha posto in relazione docenti e alunni si conclude con la somministrazione di test finali.

Perché il test? Per valutare.

E’ una fase questa, proprio perché conclusiva di un processo, che richiede, da un lato, attenzione e serenità, dall’altro il conforto di attività, possibilmente oggettive, che forniscano l’accertamento delle competenze e della preparazione degli allievi.

La lingua inglese – sarebbe meglio dire la cultura anglosassone – ci viene in aiuto con il termine test; varcato ormai il confine della lingua straniera, esso è entrato prepotentemente nel nostro idioma cosicché accanto al sostantivo test molti utilizzano in italiano il  verbo “testare”!

Test è un termine che indica l’insieme delle domande effettuate per rilevare quanto una persona conosca relativamente ad un certo argomento. Equivale alla parola “esame” ma contiene un’accezione più informale perché, essendo prevalentemente scritto, richiede risposte immediate o sintetiche, di solito abbinate ad un punteggio, che conduce in seguito alla definizione di un giudizio finale di valutazione.

Il test la fa da padrone in quasi tutte le discipline scolastiche, da quelle logico-linguistiche a quelle pratico-sportive. I significati del termine sono molteplici: può riferirsi ad un esame di una parte del corpo (test ematico per indicare un’analisi del sangue), al collaudo di una apparecchiatura o di una costruzione, alla situazione in cui si evidenziano le qualità di un individuo. Può indicare infine la capacità di resistenza di una persona o di un oggetto: spesso diciamo “superare il test del tempo” per riferirci a qualcosa o qualcuno che nel corso degli anni continua a dar prova della sua funzione o vitalità.

Per tornare alla scuola, se da una parte c’è il docente detentore del test, dall’altra c’è il discente obbligato ad una performance [pronuncia: performans].L’utilizzo di questo vocabolo riguarda spesso la prestazione di un atleta, di una squadra sportiva, di una persona di spettacolo. “E’ stata una performance deludente”; “Apprezzabile la performance dei nostri!”, sono frasi ricorrenti nel  parlato comune.

Ma in ambito scolastico il termine performance, che l’inglese ha preso in prestito dalla lingua francese, sta ad indicare appunto ciò che un alunno deve dimostrare di conoscere e di saper fare una volta sottoposto ad un test.

La parola può riferirsi infatti al livello che lo studente deve raggiungere in un particolare compito; dalla pratica didattica anglosassone ci viene però suggerito che la performance corrisponde in realtà al procedimento messo in atto per eseguire il compito assegnato. E in tale accezione risponde pienamente alla finalità educativa primaria: costruire coscienze consapevoli e responsabili.

In una società dominata dall’inseguimento smodato dei risultati, – il fine che giustifica i mezzi di machiavellica memoria! – prestare attenzione alla performance significa affidare alla scuola il compito di prendersi cura degli alunni in quanto persone, cittadini, uomini e donne che abiteranno il mondo dopo di noi. Non è nel risultato momentaneo, tradotto in giudizio o voto, che la scuola esaurisce la sua funzione: è invece nell’accompagnare tutti e ciascuno a diventare parte della società civile, a prescindere dal numero di nozioni apprese, a prescindere dall’esito brillante di un test!

Il cittadino, che la scuola è chiamata a formare, sarà colui che non abbandonerà i comportamenti di cui si è appropriato nel suo percorso di studi; sarà colui che per tutta la sua esistenza continuerà a mettere in atto il processo di apprendimento, a rincorrere ciò che gli esterofili chiamano lifelong learning [pronuncia: laif-long lerning] – vale a dire “apprendimento (learning) per tutta la durata della vita (lifelong)” –   e che in Italia è l’educazione permanente. ☺

 

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