La lunga e paziente campagna di informazione sulla ripubblicizzazione dell’acqua, sul nucleare e sul principio che la legge sia eguale per tutti, è sfociata nella vittoria referendaria, schiacciante ed indiscussa, ed essa ha messo in evidenza la partecipazione massiccia delle giovani generazioni a questa battaglia di civiltà.
Ma perché tanta inimmaginabile (almeno in partenza!) presenza giovanile in tutto il territorio nazionale sulla questione dell’acqua, che deve essere sempre considerata (come lo è stato in questo lungo segmento di storia nazionale e regionale) un bene patrimoniale di tutti e che tutta la società dovrebbe poter e saper gestire sulla base di una disciplinata gestione che dalla captazione alla sorgente vada al ciclo delle acque reflue?
I giovani si sentono spossessati della gioia di vita o delle prospettive di lavoro castrate dalle politiche ufficiali (nazionale e regionale), tese alla pubblicizzazione di una esistenza solo virtualmente godibile. La televisione pubblica e le emittenti private svolgono la loro funzione d’informazione dimenticando che esse abbiano un ruolo civile di crescita della sensibilità solidaristica, della visione di un mondo nel quale tutti possano avere le stesse identiche chance di successo e di affermazione. Esse proiettano nella realtà quotidiana immagini virtuali di vita felice che in concreto non solo non esistono ma che non possono essere conseguite normalmente a meno che ciascuno di noi non faccia parte del gotha dei ricchi e dei privilegiati, oppure appartenga a quell’orizzonte costituito dalle politiche corruttrici del nepotismo e del clientelismo, sinonimi di prostituzione morale e di asservimento a presuntuosi prepotenti. La esclusione delle giovani generazioni dalla possibilità di sognare un futuro godibile e autonomo rispetto a quello dei padri porta i giovani non solo a rinchiudersi, e quindi a vivere momenti di pericolosa esclusione dalla quotidianità, ma anche a percepire che nulla ormai è modificabile e questa sensazione terribilmente presente sulla loro pelle li porta ad un comportamento solo interessato alle loro vicende personali, indicando così nel proprio mondo personale il centro motore della Storia.
Ma c’è stata una tmesi in questa fase che ha portato alla sottoscrizione del milione e quattrocento mila firme, che hanno richiesto il referendum sulla ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, e alla vittoria referendaria ottenuta con il 57% degli aventi diritto al voto e con una quota percentuale di “si” pari al 97%. Tale frattura è indubbiamente un messaggio chiaro alla politica ufficiale ed istituzionale: una parte cospicua di popolo – e con esso una frazione ampia costituita dai giovani – non condivide le politiche privatistiche e neoliberistiche del governo e del Parlamento che le appoggia e a questa politica di selvaggia privatizzazione di tutti i servizi contrappone una visione globalmente differente e contrapposta: i cittadini si riappropriano dei beni comuni e li considerano non mercificabili né sottoposti a qualsiasi politica del libero mercato.
Due mondi e due visioni nettamente antitetiche. Ora bisogna partire da questa costatazione e impegnarsi con costante passione e civile partecipazione.
Ma in agguato c’è sempre qualcosa da cui guardarsi; cosa? Io ricordo con fastidio le trasmissioni televisive appena dopo la chiusura dei seggi referendari; alle prime notizie dello spoglio e subito dopo alla conclamazione della vittoria dei “SI” i partiti e il gotha istituzionale si sono impadroniti della vittoria referendaria, glissando letteralmente sul ruolo e sulla paziente e certosina partecipazione dei giovani alla vittoria referendaria. Solita “solfa”: c’è chi porta i pesi e si fa a quattro e chi si attribuisce i meriti di tutto. Ciò mi ha generato un senso di ripugnanza e mi ha spinto a interrompere la visione dei programmi, perché disgustato.
Ma da questa fastidiosa nausea sono uscito con un convincimento ancora più netto ed intenso: la partecipazione civile alle battaglie di ogni genere per la democrazia, per la legalità, per una linea distinta che marchi il cammino di uno sviluppo sostenibile e a misura d’uomo non ha segni di stanchezza né di riduzione delle idealità civilmente prospettiche. Noi, infatti, abbiamo un compito sicuramente arduo e duro, quello di continuare a credere che il mondo possa essere più giusto, più democratico, più vivibile per tutti; alle ragazze e ai ragazzi partecipi dell’agone referendario noi diciamo di partecipare attivamente alla vita del paese, alle dinamiche anche insignificanti, che possono cambiare in meglio la qualità della nostra vita quotidiana al fianco di quanti conoscono la sofferenza dell’emarginazione, della ingiustizia, dell’abbassamento ingiustificato dei propri livelli di vita, al fianco di quanti immigrati premono per avere un posto al sole, qui da noi (e come noi !), in Italia e in Molise.☺
bar.novelli@micso.net
La lunga e paziente campagna di informazione sulla ripubblicizzazione dell’acqua, sul nucleare e sul principio che la legge sia eguale per tutti, è sfociata nella vittoria referendaria, schiacciante ed indiscussa, ed essa ha messo in evidenza la partecipazione massiccia delle giovani generazioni a questa battaglia di civiltà.
Ma perché tanta inimmaginabile (almeno in partenza!) presenza giovanile in tutto il territorio nazionale sulla questione dell’acqua, che deve essere sempre considerata (come lo è stato in questo lungo segmento di storia nazionale e regionale) un bene patrimoniale di tutti e che tutta la società dovrebbe poter e saper gestire sulla base di una disciplinata gestione che dalla captazione alla sorgente vada al ciclo delle acque reflue?
I giovani si sentono spossessati della gioia di vita o delle prospettive di lavoro castrate dalle politiche ufficiali (nazionale e regionale), tese alla pubblicizzazione di una esistenza solo virtualmente godibile. La televisione pubblica e le emittenti private svolgono la loro funzione d’informazione dimenticando che esse abbiano un ruolo civile di crescita della sensibilità solidaristica, della visione di un mondo nel quale tutti possano avere le stesse identiche chance di successo e di affermazione. Esse proiettano nella realtà quotidiana immagini virtuali di vita felice che in concreto non solo non esistono ma che non possono essere conseguite normalmente a meno che ciascuno di noi non faccia parte del gotha dei ricchi e dei privilegiati, oppure appartenga a quell’orizzonte costituito dalle politiche corruttrici del nepotismo e del clientelismo, sinonimi di prostituzione morale e di asservimento a presuntuosi prepotenti. La esclusione delle giovani generazioni dalla possibilità di sognare un futuro godibile e autonomo rispetto a quello dei padri porta i giovani non solo a rinchiudersi, e quindi a vivere momenti di pericolosa esclusione dalla quotidianità, ma anche a percepire che nulla ormai è modificabile e questa sensazione terribilmente presente sulla loro pelle li porta ad un comportamento solo interessato alle loro vicende personali, indicando così nel proprio mondo personale il centro motore della Storia.
Ma c’è stata una tmesi in questa fase che ha portato alla sottoscrizione del milione e quattrocento mila firme, che hanno richiesto il referendum sulla ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, e alla vittoria referendaria ottenuta con il 57% degli aventi diritto al voto e con una quota percentuale di “si” pari al 97%. Tale frattura è indubbiamente un messaggio chiaro alla politica ufficiale ed istituzionale: una parte cospicua di popolo – e con esso una frazione ampia costituita dai giovani – non condivide le politiche privatistiche e neoliberistiche del governo e del Parlamento che le appoggia e a questa politica di selvaggia privatizzazione di tutti i servizi contrappone una visione globalmente differente e contrapposta: i cittadini si riappropriano dei beni comuni e li considerano non mercificabili né sottoposti a qualsiasi politica del libero mercato.
Due mondi e due visioni nettamente antitetiche. Ora bisogna partire da questa costatazione e impegnarsi con costante passione e civile partecipazione.
Ma in agguato c’è sempre qualcosa da cui guardarsi; cosa? Io ricordo con fastidio le trasmissioni televisive appena dopo la chiusura dei seggi referendari; alle prime notizie dello spoglio e subito dopo alla conclamazione della vittoria dei “SI” i partiti e il gotha istituzionale si sono impadroniti della vittoria referendaria, glissando letteralmente sul ruolo e sulla paziente e certosina partecipazione dei giovani alla vittoria referendaria. Solita “solfa”: c’è chi porta i pesi e si fa a quattro e chi si attribuisce i meriti di tutto. Ciò mi ha generato un senso di ripugnanza e mi ha spinto a interrompere la visione dei programmi, perché disgustato.
Ma da questa fastidiosa nausea sono uscito con un convincimento ancora più netto ed intenso: la partecipazione civile alle battaglie di ogni genere per la democrazia, per la legalità, per una linea distinta che marchi il cammino di uno sviluppo sostenibile e a misura d’uomo non ha segni di stanchezza né di riduzione delle idealità civilmente prospettiche. Noi, infatti, abbiamo un compito sicuramente arduo e duro, quello di continuare a credere che il mondo possa essere più giusto, più democratico, più vivibile per tutti; alle ragazze e ai ragazzi partecipi dell’agone referendario noi diciamo di partecipare attivamente alla vita del paese, alle dinamiche anche insignificanti, che possono cambiare in meglio la qualità della nostra vita quotidiana al fianco di quanti conoscono la sofferenza dell’emarginazione, della ingiustizia, dell’abbassamento ingiustificato dei propri livelli di vita, al fianco di quanti immigrati premono per avere un posto al sole, qui da noi (e come noi !), in Italia e in Molise.☺
La lunga e paziente campagna di informazione sulla ripubblicizzazione dell’acqua, sul nucleare e sul principio che la legge sia eguale per tutti, è sfociata nella vittoria referendaria, schiacciante ed indiscussa, ed essa ha messo in evidenza la partecipazione massiccia delle giovani generazioni a questa battaglia di civiltà.
Ma perché tanta inimmaginabile (almeno in partenza!) presenza giovanile in tutto il territorio nazionale sulla questione dell’acqua, che deve essere sempre considerata (come lo è stato in questo lungo segmento di storia nazionale e regionale) un bene patrimoniale di tutti e che tutta la società dovrebbe poter e saper gestire sulla base di una disciplinata gestione che dalla captazione alla sorgente vada al ciclo delle acque reflue?
I giovani si sentono spossessati della gioia di vita o delle prospettive di lavoro castrate dalle politiche ufficiali (nazionale e regionale), tese alla pubblicizzazione di una esistenza solo virtualmente godibile. La televisione pubblica e le emittenti private svolgono la loro funzione d’informazione dimenticando che esse abbiano un ruolo civile di crescita della sensibilità solidaristica, della visione di un mondo nel quale tutti possano avere le stesse identiche chance di successo e di affermazione. Esse proiettano nella realtà quotidiana immagini virtuali di vita felice che in concreto non solo non esistono ma che non possono essere conseguite normalmente a meno che ciascuno di noi non faccia parte del gotha dei ricchi e dei privilegiati, oppure appartenga a quell’orizzonte costituito dalle politiche corruttrici del nepotismo e del clientelismo, sinonimi di prostituzione morale e di asservimento a presuntuosi prepotenti. La esclusione delle giovani generazioni dalla possibilità di sognare un futuro godibile e autonomo rispetto a quello dei padri porta i giovani non solo a rinchiudersi, e quindi a vivere momenti di pericolosa esclusione dalla quotidianità, ma anche a percepire che nulla ormai è modificabile e questa sensazione terribilmente presente sulla loro pelle li porta ad un comportamento solo interessato alle loro vicende personali, indicando così nel proprio mondo personale il centro motore della Storia.
Ma c’è stata una tmesi in questa fase che ha portato alla sottoscrizione del milione e quattrocento mila firme, che hanno richiesto il referendum sulla ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, e alla vittoria referendaria ottenuta con il 57% degli aventi diritto al voto e con una quota percentuale di “si” pari al 97%. Tale frattura è indubbiamente un messaggio chiaro alla politica ufficiale ed istituzionale: una parte cospicua di popolo – e con esso una frazione ampia costituita dai giovani – non condivide le politiche privatistiche e neoliberistiche del governo e del Parlamento che le appoggia e a questa politica di selvaggia privatizzazione di tutti i servizi contrappone una visione globalmente differente e contrapposta: i cittadini si riappropriano dei beni comuni e li considerano non mercificabili né sottoposti a qualsiasi politica del libero mercato.
Due mondi e due visioni nettamente antitetiche. Ora bisogna partire da questa costatazione e impegnarsi con costante passione e civile partecipazione.
Ma in agguato c’è sempre qualcosa da cui guardarsi; cosa? Io ricordo con fastidio le trasmissioni televisive appena dopo la chiusura dei seggi referendari; alle prime notizie dello spoglio e subito dopo alla conclamazione della vittoria dei “SI” i partiti e il gotha istituzionale si sono impadroniti della vittoria referendaria, glissando letteralmente sul ruolo e sulla paziente e certosina partecipazione dei giovani alla vittoria referendaria. Solita “solfa”: c’è chi porta i pesi e si fa a quattro e chi si attribuisce i meriti di tutto. Ciò mi ha generato un senso di ripugnanza e mi ha spinto a interrompere la visione dei programmi, perché disgustato.
Ma da questa fastidiosa nausea sono uscito con un convincimento ancora più netto ed intenso: la partecipazione civile alle battaglie di ogni genere per la democrazia, per la legalità, per una linea distinta che marchi il cammino di uno sviluppo sostenibile e a misura d’uomo non ha segni di stanchezza né di riduzione delle idealità civilmente prospettiche. Noi, infatti, abbiamo un compito sicuramente arduo e duro, quello di continuare a credere che il mondo possa essere più giusto, più democratico, più vivibile per tutti; alle ragazze e ai ragazzi partecipi dell’agone referendario noi diciamo di partecipare attivamente alla vita del paese, alle dinamiche anche insignificanti, che possono cambiare in meglio la qualità della nostra vita quotidiana al fianco di quanti conoscono la sofferenza dell’emarginazione, della ingiustizia, dell’abbassamento ingiustificato dei propri livelli di vita, al fianco di quanti immigrati premono per avere un posto al sole, qui da noi (e come noi !), in Italia e in Molise.☺
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