“Involuzione digitale. Ecco i nuovi bambini ebrei, le impronte dell’odio e della paura. Della discriminazione. I bambini sono il futuro. E questo è un futuro schedato. Inchiostro per le mani e filo spinato per gli uomini. È solo il primo passo. Se fanno questo in tempo di pace, cosa farebbero in tempi di guerra? Dopo le impronte digitali i numeri tatuati sull’avambraccio… Ecco come è trattato, oggi, in Italia, chi meriterebbe il premio Nobel per la pace per non aver fatto la guerra a nessun altro popolo.
Lo proponiamo, ancora, con la massima serietà. Premio Nobel al popolo rom.
Moni Ovadia
Per adesione: segreteria@liberazione.it
Questo appello è stato fatto dall’attore teatrale e uomo di cultura ebraica a molti noto, Moni Ovadia.
Condividiamo il suo suggerimento che ha un senso concreto non tanto sul piano ideologico (ammesso che Ovadia l’abbia potuto supporre) quanto su quello pratico, perché si tratta di una proposta volta a restituire dignità di popolo ad una etnia che oggi, come ieri, è perseguitata o messa all’indice; e tutto questo a torto!
Quando non si ha una patria (con propri confini, con tradizioni socio-culturali ben definite e rispettate, con una progettualità culturale di cui ogni popolo si dota per perpetuare la propria identità nel tempo e nello spazio), pur possedendo una cultura profondamente antica ed eccezionalmente radicata nella propria riconosciuta identità eccezionale, si constata con amarezza infinita che si può non essere rispettati, dal momento che il nomadismo o la non sedentarietà in fondo spingono la gente comune a vedere il processo storico di questo popolo come pericoloso strumento di instabilità sociale.
Non pochi, infatti, si vedono messi in discussione da un altro tipo di cultura, ossia da un diverso atteggiamento verso la vita che oggi il mondo contemporaneo-occidentale ha praticamente messo da parte (il non lasciarsi assorbire dallo sfrenato individualismo, l’essere schiacciati dal desiderio del superfluo, dell’inutile, del “di più” che si devono assolutamente possedere e di cui si deve far mostra davanti a tutti).
I rom e i loro bambini, sottoposti illegittimamente al controllo delle impronte digitali, sono considerati come lo erano gli ebrei sotto il nazismo, ossia “criminali” da disprezzare o da bastonare.
Ora facciamo alcune considerazioni necessarie per capire più da vicino la sofferenza dei rom (e dei sinti, altresì) e così percepire i livelli bassi e abnormi, fuorvianti, razzistici di tale imposizione (le impronte digitali), che per la massima parte della dottrina giuridica è illegittima ed antidemocratica.
Nel mondo i rom sono all’incirca 10 milioni, sparsi un poco dappertutto e sono certamente il popolo che subisce più discriminazioni: solo nella ex Unione Sovietica e nella ex Jugoslavia, social-comunista, in nome di un principio universalistico sostanziale, a loro sono stati concessi la stessa libertà e lo stesso trattamento giuridico dato a tutte le altre etnie.
Dopo la caduta del muro di Berlino – 1989 – e dopo la sconfitta del cosiddetto “co- munismo reale”, nei paesi dell’ex area social-comuni- sta (Patto di Varsavia) e soprattutto nelle regioni, oggi nazioni, della ex Jugoslavia, i rom sono stati quasi immediatamente ghettizzati. Infatti, nel 1999, dopo la guerra della NATO contro la piccola Jugoslavia (Serbia e Montenegro), l’esercito di liberazione del Kosovo (UcK) ha espulso circa 100.000 rom con il pretesto che questi facessero parte dell’esercito serbo di Belgrado. In Kosovo prima del 1999 c’erano più di 100.000 rom, mentre oggi pare che ce ne siano soltanto 30.000.
Qual è la politica perpetrata ai danni del popolo rom? Quella del “bastone e della carota”, così come è successo nel corso del conflitto voluto dalla Nato contro la Serbia: di giorno venivano buttate tonnellate di bombe e di ordigni esplosivi sulle postazioni militari e soprattutto sugli obiettivi civili ed industriali della piccola Jugoslavia (Serbia e Montenegro) – con aerei che partivano anche dalle basi militari italiane -, mentre di sera le trasmissioni televisive, pubbliche e private, mandavano in onda programmi “leggeri”, “frivoli” o varietà che al pubblico chiedevano di essere generosi di aiuti umanitari nei confronti delle popolazioni martoriate dagli ordigni esplosivi durante il giorno.
Allo stesso modo si è esplicata la politica ufficiale dei paesi aderenti al patto atlantico (NATO) nei confronti dei rom: ad una forma razzista di emarginazione e di persecuzione è stata fatta seguire un’altra fondata su un atteggiamento pietistico e caritatevole nei loro confronti.
I paesi membri della UE e quelli aderenti al programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo durante il conflitto nella ex Jugoslavia alle bombe hanno fatto seguire gli “aiuti umanitari” che, comunque, rappresentano il fallimento del programma di integrazione dei rom rispetto all’accesso all’educazione, al lavoro, alla casa, alla salute.
Possiamo, dunque, constatare che la politica d’integrazione dei rom oggi stia fallendo miseramente in tutti i paesi d’Europa, dove questo popolo appare completamente emarginato.
L’Italia in questo momento è il paese capofila per questo!!!
Il bisogno di sicurezza, sospinto dalla paura, stravolge il senso comune dei rapporti sociali o interpersonali e accelera il processo di disgregazione sociale (= tutti hanno paura di tutti!), nonché quello di aggressione agli istituti e alle norme giuridiche costituzionali che prevedono che la legge sia eguale per tutti.
Partiamo, inoltre, da ulteriori riflessioni tali da poterci condurre in un altro ambito, quello cioè della spiegazione di tali comportamenti abnormi della società odierna e quello di valutazione del tipo di cultura oggi esistente che accelera i processi di disgregazione sociale, di diffusione del concetto di inutilità delle norme costituzionali che sarebbero in grado, al contrario, di tutelare la collettività e l’individuo.
La sicumera con la quale le autorità di governo ed i rappresentanti parlamentari promuovono l’iter del disegno di legge della sicurezza (che tra l’altro prevede la modalità di individuazione, attraverso le impronte digitali dei fanciulli, del presunto delinquente-trasgressore) è pari alla loro paura, che si amplia grazie alla promulgazione di norme ingiuste ed illiberali.
È proprio vero, come suggerisce Bauman, che la paura dello zingaro o la fobia dell’islamico-terrorista sono accentuate dalla legislazione eccezionale (anticostituzionale, peraltro!) a cui si fa ricorso in questi ultimi periodi: profonda e fremente è l’angoscia del vago, dell’in- consistente, dell’indefinibile che sta impadronendosi non soltanto dei singoli individui ma altresì di tutte le nazioni del mondo occidentale (la guerra preventiva al terrorismo lo dimostra).
Il rom è un individuo indesiderato perché non ancora integrato nella cultura occidentale; il rom è ritenuto pericoloso, perché sopraggiunge all’improvviso, causando preoccupazione e tremore; egli è ritenuto infido ed insidioso perché sostanzialmente altro da noi nei modi comportamentali e nella cultura.
Quindi, l’altro è “diverso”, è “ingombrante”, è “indesiderato”, è “temi- bile”; ci si trincera dietro una normativa illegittima, pur se richiesta, parrebbe, da una parte cospicua dell’opinione pubblica con la quale dobbiamo fare i conti, che dobbiamo “conoscere” nelle sue richieste di sicurezza, con la quale dobbiamo confrontarci per cercare di ridurre i pericoli dell’illiberalità, dello strisciante ritorno all’autoritarismo indigesto e sconosciuto, così sembrerebbe, a quanti credono che gli unti del Signore possano risolvere immediatamente i problemi della gente e così assurgere alla santità “ora e subito”, come richiesta, con ironia o amarezza? a Napoli dai cartelloni di quei cittadini che si augurano che l’assenza della “munnezza” dalle strade santifichi immediatamente chi la “munnezza” la faccia sparire.
Di qui, la richiesta di sicurezza comporta la riduzione delle libertà e dei diritti individuali e collettivi.
Ma è preferibile essere liberi e meno sicuri o sicuri e meno liberi?
Cosa o quale circostanza fa scattare questa esigenza che sta diventando reale e molto diffusa?
Noi, nonostante tale pressante esigenza di molti, solidarizziamo con i rom, gli stiamo al fianco, convinti che assegnare loro il premio Nobel per la pace sia una significativa formula a loro sostegno. ☺
bar.novelli@micso.net
“Involuzione digitale. Ecco i nuovi bambini ebrei, le impronte dell’odio e della paura. Della discriminazione. I bambini sono il futuro. E questo è un futuro schedato. Inchiostro per le mani e filo spinato per gli uomini. È solo il primo passo. Se fanno questo in tempo di pace, cosa farebbero in tempi di guerra? Dopo le impronte digitali i numeri tatuati sull’avambraccio… Ecco come è trattato, oggi, in Italia, chi meriterebbe il premio Nobel per la pace per non aver fatto la guerra a nessun altro popolo.
Lo proponiamo, ancora, con la massima serietà. Premio Nobel al popolo rom.
Moni Ovadia
Per adesione: segreteria@liberazione.it
Questo appello è stato fatto dall’attore teatrale e uomo di cultura ebraica a molti noto, Moni Ovadia.
Condividiamo il suo suggerimento che ha un senso concreto non tanto sul piano ideologico (ammesso che Ovadia l’abbia potuto supporre) quanto su quello pratico, perché si tratta di una proposta volta a restituire dignità di popolo ad una etnia che oggi, come ieri, è perseguitata o messa all’indice; e tutto questo a torto!
Quando non si ha una patria (con propri confini, con tradizioni socio-culturali ben definite e rispettate, con una progettualità culturale di cui ogni popolo si dota per perpetuare la propria identità nel tempo e nello spazio), pur possedendo una cultura profondamente antica ed eccezionalmente radicata nella propria riconosciuta identità eccezionale, si constata con amarezza infinita che si può non essere rispettati, dal momento che il nomadismo o la non sedentarietà in fondo spingono la gente comune a vedere il processo storico di questo popolo come pericoloso strumento di instabilità sociale.
Non pochi, infatti, si vedono messi in discussione da un altro tipo di cultura, ossia da un diverso atteggiamento verso la vita che oggi il mondo contemporaneo-occidentale ha praticamente messo da parte (il non lasciarsi assorbire dallo sfrenato individualismo, l’essere schiacciati dal desiderio del superfluo, dell’inutile, del “di più” che si devono assolutamente possedere e di cui si deve far mostra davanti a tutti).
I rom e i loro bambini, sottoposti illegittimamente al controllo delle impronte digitali, sono considerati come lo erano gli ebrei sotto il nazismo, ossia “criminali” da disprezzare o da bastonare.
Ora facciamo alcune considerazioni necessarie per capire più da vicino la sofferenza dei rom (e dei sinti, altresì) e così percepire i livelli bassi e abnormi, fuorvianti, razzistici di tale imposizione (le impronte digitali), che per la massima parte della dottrina giuridica è illegittima ed antidemocratica.
Nel mondo i rom sono all’incirca 10 milioni, sparsi un poco dappertutto e sono certamente il popolo che subisce più discriminazioni: solo nella ex Unione Sovietica e nella ex Jugoslavia, social-comunista, in nome di un principio universalistico sostanziale, a loro sono stati concessi la stessa libertà e lo stesso trattamento giuridico dato a tutte le altre etnie.
Dopo la caduta del muro di Berlino – 1989 – e dopo la sconfitta del cosiddetto “co- munismo reale”, nei paesi dell’ex area social-comuni- sta (Patto di Varsavia) e soprattutto nelle regioni, oggi nazioni, della ex Jugoslavia, i rom sono stati quasi immediatamente ghettizzati. Infatti, nel 1999, dopo la guerra della NATO contro la piccola Jugoslavia (Serbia e Montenegro), l’esercito di liberazione del Kosovo (UcK) ha espulso circa 100.000 rom con il pretesto che questi facessero parte dell’esercito serbo di Belgrado. In Kosovo prima del 1999 c’erano più di 100.000 rom, mentre oggi pare che ce ne siano soltanto 30.000.
Qual è la politica perpetrata ai danni del popolo rom? Quella del “bastone e della carota”, così come è successo nel corso del conflitto voluto dalla Nato contro la Serbia: di giorno venivano buttate tonnellate di bombe e di ordigni esplosivi sulle postazioni militari e soprattutto sugli obiettivi civili ed industriali della piccola Jugoslavia (Serbia e Montenegro) – con aerei che partivano anche dalle basi militari italiane -, mentre di sera le trasmissioni televisive, pubbliche e private, mandavano in onda programmi “leggeri”, “frivoli” o varietà che al pubblico chiedevano di essere generosi di aiuti umanitari nei confronti delle popolazioni martoriate dagli ordigni esplosivi durante il giorno.
Allo stesso modo si è esplicata la politica ufficiale dei paesi aderenti al patto atlantico (NATO) nei confronti dei rom: ad una forma razzista di emarginazione e di persecuzione è stata fatta seguire un’altra fondata su un atteggiamento pietistico e caritatevole nei loro confronti.
I paesi membri della UE e quelli aderenti al programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo durante il conflitto nella ex Jugoslavia alle bombe hanno fatto seguire gli “aiuti umanitari” che, comunque, rappresentano il fallimento del programma di integrazione dei rom rispetto all’accesso all’educazione, al lavoro, alla casa, alla salute.
Possiamo, dunque, constatare che la politica d’integrazione dei rom oggi stia fallendo miseramente in tutti i paesi d’Europa, dove questo popolo appare completamente emarginato.
L’Italia in questo momento è il paese capofila per questo!!!
Il bisogno di sicurezza, sospinto dalla paura, stravolge il senso comune dei rapporti sociali o interpersonali e accelera il processo di disgregazione sociale (= tutti hanno paura di tutti!), nonché quello di aggressione agli istituti e alle norme giuridiche costituzionali che prevedono che la legge sia eguale per tutti.
Partiamo, inoltre, da ulteriori riflessioni tali da poterci condurre in un altro ambito, quello cioè della spiegazione di tali comportamenti abnormi della società odierna e quello di valutazione del tipo di cultura oggi esistente che accelera i processi di disgregazione sociale, di diffusione del concetto di inutilità delle norme costituzionali che sarebbero in grado, al contrario, di tutelare la collettività e l’individuo.
La sicumera con la quale le autorità di governo ed i rappresentanti parlamentari promuovono l’iter del disegno di legge della sicurezza (che tra l’altro prevede la modalità di individuazione, attraverso le impronte digitali dei fanciulli, del presunto delinquente-trasgressore) è pari alla loro paura, che si amplia grazie alla promulgazione di norme ingiuste ed illiberali.
È proprio vero, come suggerisce Bauman, che la paura dello zingaro o la fobia dell’islamico-terrorista sono accentuate dalla legislazione eccezionale (anticostituzionale, peraltro!) a cui si fa ricorso in questi ultimi periodi: profonda e fremente è l’angoscia del vago, dell’in- consistente, dell’indefinibile che sta impadronendosi non soltanto dei singoli individui ma altresì di tutte le nazioni del mondo occidentale (la guerra preventiva al terrorismo lo dimostra).
Il rom è un individuo indesiderato perché non ancora integrato nella cultura occidentale; il rom è ritenuto pericoloso, perché sopraggiunge all’improvviso, causando preoccupazione e tremore; egli è ritenuto infido ed insidioso perché sostanzialmente altro da noi nei modi comportamentali e nella cultura.
Quindi, l’altro è “diverso”, è “ingombrante”, è “indesiderato”, è “temi- bile”; ci si trincera dietro una normativa illegittima, pur se richiesta, parrebbe, da una parte cospicua dell’opinione pubblica con la quale dobbiamo fare i conti, che dobbiamo “conoscere” nelle sue richieste di sicurezza, con la quale dobbiamo confrontarci per cercare di ridurre i pericoli dell’illiberalità, dello strisciante ritorno all’autoritarismo indigesto e sconosciuto, così sembrerebbe, a quanti credono che gli unti del Signore possano risolvere immediatamente i problemi della gente e così assurgere alla santità “ora e subito”, come richiesta, con ironia o amarezza? a Napoli dai cartelloni di quei cittadini che si augurano che l’assenza della “munnezza” dalle strade santifichi immediatamente chi la “munnezza” la faccia sparire.
Di qui, la richiesta di sicurezza comporta la riduzione delle libertà e dei diritti individuali e collettivi.
Ma è preferibile essere liberi e meno sicuri o sicuri e meno liberi?
Cosa o quale circostanza fa scattare questa esigenza che sta diventando reale e molto diffusa?
Noi, nonostante tale pressante esigenza di molti, solidarizziamo con i rom, gli stiamo al fianco, convinti che assegnare loro il premio Nobel per la pace sia una significativa formula a loro sostegno. ☺
“Involuzione digitale. Ecco i nuovi bambini ebrei, le impronte dell’odio e della paura. Della discriminazione. I bambini sono il futuro. E questo è un futuro schedato. Inchiostro per le mani e filo spinato per gli uomini. È solo il primo passo. Se fanno questo in tempo di pace, cosa farebbero in tempi di guerra? Dopo le impronte digitali i numeri tatuati sull’avambraccio… Ecco come è trattato, oggi, in Italia, chi meriterebbe il premio Nobel per la pace per non aver fatto la guerra a nessun altro popolo.
Lo proponiamo, ancora, con la massima serietà. Premio Nobel al popolo rom.
Moni Ovadia
Per adesione: segreteria@liberazione.it
Questo appello è stato fatto dall’attore teatrale e uomo di cultura ebraica a molti noto, Moni Ovadia.
Condividiamo il suo suggerimento che ha un senso concreto non tanto sul piano ideologico (ammesso che Ovadia l’abbia potuto supporre) quanto su quello pratico, perché si tratta di una proposta volta a restituire dignità di popolo ad una etnia che oggi, come ieri, è perseguitata o messa all’indice; e tutto questo a torto!
Quando non si ha una patria (con propri confini, con tradizioni socio-culturali ben definite e rispettate, con una progettualità culturale di cui ogni popolo si dota per perpetuare la propria identità nel tempo e nello spazio), pur possedendo una cultura profondamente antica ed eccezionalmente radicata nella propria riconosciuta identità eccezionale, si constata con amarezza infinita che si può non essere rispettati, dal momento che il nomadismo o la non sedentarietà in fondo spingono la gente comune a vedere il processo storico di questo popolo come pericoloso strumento di instabilità sociale.
Non pochi, infatti, si vedono messi in discussione da un altro tipo di cultura, ossia da un diverso atteggiamento verso la vita che oggi il mondo contemporaneo-occidentale ha praticamente messo da parte (il non lasciarsi assorbire dallo sfrenato individualismo, l’essere schiacciati dal desiderio del superfluo, dell’inutile, del “di più” che si devono assolutamente possedere e di cui si deve far mostra davanti a tutti).
I rom e i loro bambini, sottoposti illegittimamente al controllo delle impronte digitali, sono considerati come lo erano gli ebrei sotto il nazismo, ossia “criminali” da disprezzare o da bastonare.
Ora facciamo alcune considerazioni necessarie per capire più da vicino la sofferenza dei rom (e dei sinti, altresì) e così percepire i livelli bassi e abnormi, fuorvianti, razzistici di tale imposizione (le impronte digitali), che per la massima parte della dottrina giuridica è illegittima ed antidemocratica.
Nel mondo i rom sono all’incirca 10 milioni, sparsi un poco dappertutto e sono certamente il popolo che subisce più discriminazioni: solo nella ex Unione Sovietica e nella ex Jugoslavia, social-comunista, in nome di un principio universalistico sostanziale, a loro sono stati concessi la stessa libertà e lo stesso trattamento giuridico dato a tutte le altre etnie.
Dopo la caduta del muro di Berlino – 1989 – e dopo la sconfitta del cosiddetto “co- munismo reale”, nei paesi dell’ex area social-comuni- sta (Patto di Varsavia) e soprattutto nelle regioni, oggi nazioni, della ex Jugoslavia, i rom sono stati quasi immediatamente ghettizzati. Infatti, nel 1999, dopo la guerra della NATO contro la piccola Jugoslavia (Serbia e Montenegro), l’esercito di liberazione del Kosovo (UcK) ha espulso circa 100.000 rom con il pretesto che questi facessero parte dell’esercito serbo di Belgrado. In Kosovo prima del 1999 c’erano più di 100.000 rom, mentre oggi pare che ce ne siano soltanto 30.000.
Qual è la politica perpetrata ai danni del popolo rom? Quella del “bastone e della carota”, così come è successo nel corso del conflitto voluto dalla Nato contro la Serbia: di giorno venivano buttate tonnellate di bombe e di ordigni esplosivi sulle postazioni militari e soprattutto sugli obiettivi civili ed industriali della piccola Jugoslavia (Serbia e Montenegro) – con aerei che partivano anche dalle basi militari italiane -, mentre di sera le trasmissioni televisive, pubbliche e private, mandavano in onda programmi “leggeri”, “frivoli” o varietà che al pubblico chiedevano di essere generosi di aiuti umanitari nei confronti delle popolazioni martoriate dagli ordigni esplosivi durante il giorno.
Allo stesso modo si è esplicata la politica ufficiale dei paesi aderenti al patto atlantico (NATO) nei confronti dei rom: ad una forma razzista di emarginazione e di persecuzione è stata fatta seguire un’altra fondata su un atteggiamento pietistico e caritatevole nei loro confronti.
I paesi membri della UE e quelli aderenti al programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo durante il conflitto nella ex Jugoslavia alle bombe hanno fatto seguire gli “aiuti umanitari” che, comunque, rappresentano il fallimento del programma di integrazione dei rom rispetto all’accesso all’educazione, al lavoro, alla casa, alla salute.
Possiamo, dunque, constatare che la politica d’integrazione dei rom oggi stia fallendo miseramente in tutti i paesi d’Europa, dove questo popolo appare completamente emarginato.
L’Italia in questo momento è il paese capofila per questo!!!
Il bisogno di sicurezza, sospinto dalla paura, stravolge il senso comune dei rapporti sociali o interpersonali e accelera il processo di disgregazione sociale (= tutti hanno paura di tutti!), nonché quello di aggressione agli istituti e alle norme giuridiche costituzionali che prevedono che la legge sia eguale per tutti.
Partiamo, inoltre, da ulteriori riflessioni tali da poterci condurre in un altro ambito, quello cioè della spiegazione di tali comportamenti abnormi della società odierna e quello di valutazione del tipo di cultura oggi esistente che accelera i processi di disgregazione sociale, di diffusione del concetto di inutilità delle norme costituzionali che sarebbero in grado, al contrario, di tutelare la collettività e l’individuo.
La sicumera con la quale le autorità di governo ed i rappresentanti parlamentari promuovono l’iter del disegno di legge della sicurezza (che tra l’altro prevede la modalità di individuazione, attraverso le impronte digitali dei fanciulli, del presunto delinquente-trasgressore) è pari alla loro paura, che si amplia grazie alla promulgazione di norme ingiuste ed illiberali.
È proprio vero, come suggerisce Bauman, che la paura dello zingaro o la fobia dell’islamico-terrorista sono accentuate dalla legislazione eccezionale (anticostituzionale, peraltro!) a cui si fa ricorso in questi ultimi periodi: profonda e fremente è l’angoscia del vago, dell’in- consistente, dell’indefinibile che sta impadronendosi non soltanto dei singoli individui ma altresì di tutte le nazioni del mondo occidentale (la guerra preventiva al terrorismo lo dimostra).
Il rom è un individuo indesiderato perché non ancora integrato nella cultura occidentale; il rom è ritenuto pericoloso, perché sopraggiunge all’improvviso, causando preoccupazione e tremore; egli è ritenuto infido ed insidioso perché sostanzialmente altro da noi nei modi comportamentali e nella cultura.
Quindi, l’altro è “diverso”, è “ingombrante”, è “indesiderato”, è “temi- bile”; ci si trincera dietro una normativa illegittima, pur se richiesta, parrebbe, da una parte cospicua dell’opinione pubblica con la quale dobbiamo fare i conti, che dobbiamo “conoscere” nelle sue richieste di sicurezza, con la quale dobbiamo confrontarci per cercare di ridurre i pericoli dell’illiberalità, dello strisciante ritorno all’autoritarismo indigesto e sconosciuto, così sembrerebbe, a quanti credono che gli unti del Signore possano risolvere immediatamente i problemi della gente e così assurgere alla santità “ora e subito”, come richiesta, con ironia o amarezza? a Napoli dai cartelloni di quei cittadini che si augurano che l’assenza della “munnezza” dalle strade santifichi immediatamente chi la “munnezza” la faccia sparire.
Di qui, la richiesta di sicurezza comporta la riduzione delle libertà e dei diritti individuali e collettivi.
Ma è preferibile essere liberi e meno sicuri o sicuri e meno liberi?
Cosa o quale circostanza fa scattare questa esigenza che sta diventando reale e molto diffusa?
Noi, nonostante tale pressante esigenza di molti, solidarizziamo con i rom, gli stiamo al fianco, convinti che assegnare loro il premio Nobel per la pace sia una significativa formula a loro sostegno. ☺
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