Un nuovo modo di essere
23 Maggio 2020
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Un nuovo modo di essere

“Si presentarono alcuni a riferire il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,1-5). Sono parole difficili di Gesù che in questi giorni rischiano di essere tremendamente attuali, a causa di quanto accade per l’epidemia che sta colpendo tutti noi. Molta gente è morta e ancora di più sono i malati. I continui appelli ad avere nuovi stili di comportamento e, soprattutto, a mantenere le distanze, anche con le persone a noi più vicine quali parenti o amici, sono un’attualizzazione dell’invito di Gesù alla conversione: non c’è più tempo da perdere, il vero padrone del mondo è questo essere microscopico che è il coronavirus; non più i poteri forti, il capitale, l’economia e le multinazionali, né il denaro o l’oro.
Convertirsi oggi significa aprire gli occhi e prendere ogni accorgimento per evitare il contagio. Forse fino ad ora queste parole di Gesù sarebbero risultate fastidiose: come è possibile che Dio possa volere la distruzione di tutti per il fatto di non convertirsi? In realtà il ragionamento di Gesù parte da un aspetto dei due episodi che di per sé non sono dello stesso tipo: nel primo caso si tratta dell’ interveto di un sanguinario emissario di Roma, nel secondo l’evento fatale di un crollo. Cosa hanno in comune? La velocità degli eventi: Pilato non ha mandato il preavviso né forse la torre ha mostrato delle crepe preoccupanti. I malcapitati sono stati colti di sorpresa. Per capire a cosa Gesù si riferisce dobbiamo tenere presente ciò che dice sul giorno del giudizio e sul ritorno del Figlio dell’Uomo: verrà come ladro nella notte. La morte a cui fa riferimento Gesù non è tanto la morte fisica ma la morte seconda, per dirla con Francesco d’Assisi; significa mancare la salvezza eterna. È l’ evento improvviso che pone fine alla nostra esistenza (personale o collettiva, non importa) che non può essere sotto il nostro controllo. Per questo, come dice qualche autore spirituale, dobbiamo vivere ogni nostro giorno come se fosse l’ultimo, dando cioè un senso di compimento alle nostre scelte e alle nostre azioni perché il tempo di non poter più scegliere ci è molto più vicino di quanto pensiamo normalmente.
Fino a ieri ognuno di noi programmava il proprio futuro, organizzava la propria agenda, faceva previsioni, con la fiducia che tutto potesse realizzarsi. Solo chi viveva l’esperienza della malattia o della mancanza dei mezzi essenziali di sussistenza, come acqua o cibo (basti pensare ai luoghi di grandi carestie) aveva consapevolezza che la vita non è scontata, che può esserci sottratta da un momento all’altro. Da oggi facciamo l’ esperienza collettiva che la morte è dietro l’angolo e che per evitarla non basta tirare a campare ma bisogna avere sotto controllo ogni nostra azione, comprese quelle più banali e abituali.
Ritornando ai due episodi citati da Gesù: non si può andare allegramente al tempio a compiere sacrifici (l’importanza ad esempio di evitare devozionismi pericolosi, che diventano veicolo di infezione) ma essere certi che il tempio sia sicuro, cogliere i segni dei tempi, vedere come si muovono le truppe romane. E non si deve passare vicino a luoghi fatti di costruzioni fatiscenti ma camminare per strade larghe. Cioè la vita va vissuta con consapevolezza, con gli occhi aperti, non in modo istintivo. Una volta che il mondo si sarà risollevato da questa catastrofe (anche se ciascuno di noi può rientrare nel numero dei galilei uccisi da Pilato o delle vittime del crollo della torre) dovrà necessariamente convertirsi per sopravvivere: non ci potrà essere spazio al darwinismo sociale tipico delle società capitalistiche, per cui i ricchi e i potenti (sia come singoli che come stati) si chiudono nel loro mondo dorato fatto di egoismo e privilegio, condannando masse sterminate alla morte o alla vita fatta di stenti; sarà necessario invece imparare da questa epidemia la lezione che siamo tutti interconnessi non solo nel web ma fisicamente, perché un virus non fa distinzione di nazionalità o livello di ricchezza: siamo tutti sulla stessa barca che è l’appartenenza alla specie umana e la permanenza su questo pianeta.
Investire nello sviluppo economico, sociale e culturale di tutti non è sprecare soldi ma creare le condizioni perché in situazioni come questa, che prima o poi torneranno, perché la natura è così, non ci troviamo più nella condizione di muoverci alla cieca, ma siamo preparati a trovare soluzioni efficaci. È necessario convertirci a un nuovo modo di essere uomini, consapevoli che la natura e non la nostra volontà ci pone in relazioni interdipendenti, come dimostra questa pandemia; se non lo facciamo periremo tutti allo stesso modo. ☺

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