La creatività e il talento artistico di Giacomo Colombo (1663-1731) spaziano dal virtuosismo delle sculture lignee del primo periodo a quelle barocche e lavorate nel legno e nel marmo, fino a dedicarsi, con non meno inventiva e passione, alla scultura dei personaggi presepiali in diretta concorrenza con Nicola Fumo (1647 – 1725).
Il Monumento funebre a Niccolò Ludovisi nella chiesa di S. Diego dell’Ospedaletto, detta S. Giuseppe Maggiore, a Napoli, passa dalla sobrietà dell’impianto architettonico allo sfarzo dei marmi decorati; l’attività presepiale si riscontra nella “tavernara” che si trova nel presepio monumentale presso il monastero delle Brignoline a Genova. Tra le numerose opere di bottega del Colombo mi soffermo sulla statua di San Giovanni Battista che ho trovato ingiustamente messa in ombra dalle catalogazioni ufficiali.
Il San Giovanni di Casavatore
È questa un’opera del migliore barocco napoletano con la sua caratteristica torsione lungo l’asse verticale, la chioma fluente e sparsa dei capelli, il drappeggio voluminoso del mantello che scende morbidamente lungo i fianchi, con un effetto di chiaro-oscuro che ricorda i giochi di luce del Caravaggio, che si trasferì a Napoli nel 1606 ed ebbe grande influenza sugli artisti locali.
Il voluminoso mantello si sovrappone alla tunica ocra della pelle di cammello del Battista penitente che, isolato nel deserto, si prepara alla missione di ultimo dei Profeti. Si è allettati a soffermarsi sul drappo rosso che parzialmente ricopre la vigorosa muscolatura e il rilievo delle piccole e grandi vene, quasi a velare lo scorrere della linfa sanguigna velata d’azzurro, effetto straordinario che dà alla materia del legno un mirabile effetto di studio anatomico delle membra che definirei michelangiolesche. Il Battista con l’indice della mano destra indica in una forte torsione il cielo, messaggio eloquente della sua missione. Il bastone-pastorale a forma di croce con la scritta “Ecce agnus Dei”, richiama: “è giunto l’agnello del nostro riscatto”.
Archetipo iconografico
Osservando questo capolavoro del tardo ’600 napoletano colpisce la serenità del volto, la bellezza pura, oserei dire umanamente terrena che anticipa, in un certo senso il neomanierismo del ’700, corrente pittorica basata sull’esasperata imitazione dei modelli Michelangioleschi e Raffaelleschi. La creazione di quest’opera d’arte è lontana dai canoni severi della Controriforma.
La quiete serenità dell’ovale del Santo è contrapposta alla drammaticità che troviamo nelle opere più significative del Colombo, per esempio nell’“Ecce Homo” e nel busto del Cristo flagellato, nella Chiesa di S. Antonio di Ischia (legno scolpito e dipinto 80×62). L’artista in quest’ultima scultura riproduce la crudezza delle ferite al costato e alle braccia martoriate, che ricordano i temi cruenti e drammatici dei riti della Settimana santa. La statua di Casavatore mi sembra il frutto della nuova sensibilità artistica in tempi di una nuova maturazione del sentimento religioso. Facendo una ricerca delle opere del Colombo in terra molisana ci si imbatte in veri e propri capolavori scultorei: il San Giovanni di Colletorto, il gruppo del S. Nicola di San Giuliano del Sannio, il S. Silvestro Papa di Matrice, tutte in provincia di Campobasso, caratterizzate da una dirompente vitalità, riscontrabile nell’assetto della composizione, che ricalca suggestivamente l’impianto del Battista di Casavatore.
Inventiva e tecnica
A testimoniare un’autonomia inventiva e un’estrema padronanza dei mezzi tecnici che spaziano dal marmo al legno alla pittura, troviamo un rapporto con i pittori, che non si esaurisce per Colombo in passiva acquiescenza o semplicistica trasposizione in scultura del modello pittorico prestabilito, bensì in una vivace gara che lo induce, forse per ammirazione, a tradurre nelle straordinarie Immacolate di Foggia e Ostuni, nel moto increspato dei panneggi, nella trama senza posa di linee, lo stile febbrile della pittura in resa plastica, quasi figurazione tangibile del mistero. ☺
jacobuccig@gmail.com
La creatività e il talento artistico di Giacomo Colombo (1663-1731) spaziano dal virtuosismo delle sculture lignee del primo periodo a quelle barocche e lavorate nel legno e nel marmo, fino a dedicarsi, con non meno inventiva e passione, alla scultura dei personaggi presepiali in diretta concorrenza con Nicola Fumo (1647 – 1725).
Il Monumento funebre a Niccolò Ludovisi nella chiesa di S. Diego dell’Ospedaletto, detta S. Giuseppe Maggiore, a Napoli, passa dalla sobrietà dell’impianto architettonico allo sfarzo dei marmi decorati; l’attività presepiale si riscontra nella “tavernara” che si trova nel presepio monumentale presso il monastero delle Brignoline a Genova. Tra le numerose opere di bottega del Colombo mi soffermo sulla statua di San Giovanni Battista che ho trovato ingiustamente messa in ombra dalle catalogazioni ufficiali.
Il San Giovanni di Casavatore
È questa un’opera del migliore barocco napoletano con la sua caratteristica torsione lungo l’asse verticale, la chioma fluente e sparsa dei capelli, il drappeggio voluminoso del mantello che scende morbidamente lungo i fianchi, con un effetto di chiaro-oscuro che ricorda i giochi di luce del Caravaggio, che si trasferì a Napoli nel 1606 ed ebbe grande influenza sugli artisti locali.
Il voluminoso mantello si sovrappone alla tunica ocra della pelle di cammello del Battista penitente che, isolato nel deserto, si prepara alla missione di ultimo dei Profeti. Si è allettati a soffermarsi sul drappo rosso che parzialmente ricopre la vigorosa muscolatura e il rilievo delle piccole e grandi vene, quasi a velare lo scorrere della linfa sanguigna velata d’azzurro, effetto straordinario che dà alla materia del legno un mirabile effetto di studio anatomico delle membra che definirei michelangiolesche. Il Battista con l’indice della mano destra indica in una forte torsione il cielo, messaggio eloquente della sua missione. Il bastone-pastorale a forma di croce con la scritta “Ecce agnus Dei”, richiama: “è giunto l’agnello del nostro riscatto”.
Archetipo iconografico
Osservando questo capolavoro del tardo ’600 napoletano colpisce la serenità del volto, la bellezza pura, oserei dire umanamente terrena che anticipa, in un certo senso il neomanierismo del ’700, corrente pittorica basata sull’esasperata imitazione dei modelli Michelangioleschi e Raffaelleschi. La creazione di quest’opera d’arte è lontana dai canoni severi della Controriforma.
La quiete serenità dell’ovale del Santo è contrapposta alla drammaticità che troviamo nelle opere più significative del Colombo, per esempio nell’“Ecce Homo” e nel busto del Cristo flagellato, nella Chiesa di S. Antonio di Ischia (legno scolpito e dipinto 80×62). L’artista in quest’ultima scultura riproduce la crudezza delle ferite al costato e alle braccia martoriate, che ricordano i temi cruenti e drammatici dei riti della Settimana santa. La statua di Casavatore mi sembra il frutto della nuova sensibilità artistica in tempi di una nuova maturazione del sentimento religioso. Facendo una ricerca delle opere del Colombo in terra molisana ci si imbatte in veri e propri capolavori scultorei: il San Giovanni di Colletorto, il gruppo del S. Nicola di San Giuliano del Sannio, il S. Silvestro Papa di Matrice, tutte in provincia di Campobasso, caratterizzate da una dirompente vitalità, riscontrabile nell’assetto della composizione, che ricalca suggestivamente l’impianto del Battista di Casavatore.
Inventiva e tecnica
A testimoniare un’autonomia inventiva e un’estrema padronanza dei mezzi tecnici che spaziano dal marmo al legno alla pittura, troviamo un rapporto con i pittori, che non si esaurisce per Colombo in passiva acquiescenza o semplicistica trasposizione in scultura del modello pittorico prestabilito, bensì in una vivace gara che lo induce, forse per ammirazione, a tradurre nelle straordinarie Immacolate di Foggia e Ostuni, nel moto increspato dei panneggi, nella trama senza posa di linee, lo stile febbrile della pittura in resa plastica, quasi figurazione tangibile del mistero. ☺
La creatività e il talento artistico di Giacomo Colombo (1663-1731) spaziano dal virtuosismo delle sculture lignee del primo periodo a quelle barocche e lavorate nel legno e nel marmo, fino a dedicarsi, con non meno inventiva e passione, alla scultura dei personaggi presepiali in diretta concorrenza con Nicola Fumo (1647 – 1725).
Il Monumento funebre a Niccolò Ludovisi nella chiesa di S. Diego dell’Ospedaletto, detta S. Giuseppe Maggiore, a Napoli, passa dalla sobrietà dell’impianto architettonico allo sfarzo dei marmi decorati; l’attività presepiale si riscontra nella “tavernara” che si trova nel presepio monumentale presso il monastero delle Brignoline a Genova. Tra le numerose opere di bottega del Colombo mi soffermo sulla statua di San Giovanni Battista che ho trovato ingiustamente messa in ombra dalle catalogazioni ufficiali.
Il San Giovanni di Casavatore
È questa un’opera del migliore barocco napoletano con la sua caratteristica torsione lungo l’asse verticale, la chioma fluente e sparsa dei capelli, il drappeggio voluminoso del mantello che scende morbidamente lungo i fianchi, con un effetto di chiaro-oscuro che ricorda i giochi di luce del Caravaggio, che si trasferì a Napoli nel 1606 ed ebbe grande influenza sugli artisti locali.
Il voluminoso mantello si sovrappone alla tunica ocra della pelle di cammello del Battista penitente che, isolato nel deserto, si prepara alla missione di ultimo dei Profeti. Si è allettati a soffermarsi sul drappo rosso che parzialmente ricopre la vigorosa muscolatura e il rilievo delle piccole e grandi vene, quasi a velare lo scorrere della linfa sanguigna velata d’azzurro, effetto straordinario che dà alla materia del legno un mirabile effetto di studio anatomico delle membra che definirei michelangiolesche. Il Battista con l’indice della mano destra indica in una forte torsione il cielo, messaggio eloquente della sua missione. Il bastone-pastorale a forma di croce con la scritta “Ecce agnus Dei”, richiama: “è giunto l’agnello del nostro riscatto”.
Archetipo iconografico
Osservando questo capolavoro del tardo ’600 napoletano colpisce la serenità del volto, la bellezza pura, oserei dire umanamente terrena che anticipa, in un certo senso il neomanierismo del ’700, corrente pittorica basata sull’esasperata imitazione dei modelli Michelangioleschi e Raffaelleschi. La creazione di quest’opera d’arte è lontana dai canoni severi della Controriforma.
La quiete serenità dell’ovale del Santo è contrapposta alla drammaticità che troviamo nelle opere più significative del Colombo, per esempio nell’“Ecce Homo” e nel busto del Cristo flagellato, nella Chiesa di S. Antonio di Ischia (legno scolpito e dipinto 80×62). L’artista in quest’ultima scultura riproduce la crudezza delle ferite al costato e alle braccia martoriate, che ricordano i temi cruenti e drammatici dei riti della Settimana santa. La statua di Casavatore mi sembra il frutto della nuova sensibilità artistica in tempi di una nuova maturazione del sentimento religioso. Facendo una ricerca delle opere del Colombo in terra molisana ci si imbatte in veri e propri capolavori scultorei: il San Giovanni di Colletorto, il gruppo del S. Nicola di San Giuliano del Sannio, il S. Silvestro Papa di Matrice, tutte in provincia di Campobasso, caratterizzate da una dirompente vitalità, riscontrabile nell’assetto della composizione, che ricalca suggestivamente l’impianto del Battista di Casavatore.
Inventiva e tecnica
A testimoniare un’autonomia inventiva e un’estrema padronanza dei mezzi tecnici che spaziano dal marmo al legno alla pittura, troviamo un rapporto con i pittori, che non si esaurisce per Colombo in passiva acquiescenza o semplicistica trasposizione in scultura del modello pittorico prestabilito, bensì in una vivace gara che lo induce, forse per ammirazione, a tradurre nelle straordinarie Immacolate di Foggia e Ostuni, nel moto increspato dei panneggi, nella trama senza posa di linee, lo stile febbrile della pittura in resa plastica, quasi figurazione tangibile del mistero. ☺
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