Valore degli apocrifi
20 Febbraio 2019
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Valore degli apocrifi

Mentre nel nostro tempo prevale l’interesse per la ricerca storica su Gesù, nei primi secoli si era piuttosto interessati alle storie su Gesù e la sua famiglia. La creazione dei vangeli canonici non bastò infatti a soddisfare la curiosità soprattutto dei cristiani più semplici e, se i grandi teologi commentavano i vangeli che tutti conosciamo, il cristiano medio (come lo definiamo oggi) era più attratto anche dalle vicende della vita della madre di Gesù, venerata già nel secondo secolo al pari del figlio, in quanto riempiva il vuoto, per i cristiani di origine pagana, lasciato dalle divinità femminili. Allo stesso tempo, a causa delle poche cose che dicevano i vangeli di Matteo e Luca su Maria e il concepimento di origine soprannaturale di Gesù, si diffondevano dicerie su un’origine illegittima di Gesù stesso che, secondo un certo Celso (contro cui scriverà un libro Origene) sarebbe stata frutto della violenza subita da Maria da un soldataccio romano di nome Pantera (termine che ha assonanza con la parola greca per indicare una vergine, cioè parthènos).

Per andare incontro quindi alle richieste dei cristiani più semplici e per rispondere a queste cattive voci, un autore che conosceva molto bene i metodi interpretativi della Scrittura tipici del giudaismo di quel tempo, scrisse un’opera che divenne in breve un best seller e, sebbene non è mai entrata nel canone biblico, fu considerata, almeno dal popolo cristiano, alla pari dei vangeli canonici, anzi anche più conosciuta di essi, ad esclusione forse del vangelo di Matteo. Stiamo parlando di quel libro apocrifo denominato in epoca moderna Protovangelo di Giacomo, in quanto fittiziamente attribuito a Giacomo, fratello (fratellastro) di Gesù. In questo libro, scritto alla fine del II secolo d. C., si parla in realtà soprattutto di Maria, nata da genitori anziani (come Abramo e Sara), di nome Anna e Gioacchino, che riescono ad avere, dopo l’annuncio di un angelo, una figlia; essa, come fece già un’altra Anna con il figlio Samuele, viene offerta a Dio per cui va ad abitare nel Tempio di Gerusalemme, dal quale verrà allontanata solo quando arriva la pubertà e quindi ha le mestruazioni. Tuttavia viene affidata a uno degli uomini giusti di Israele, scelto allo stesso modo in cui lo fu Aronne quale custode del Luogo più santo: il bastone di Giuseppe, lasciato una notte nel Tempio insieme con quello di altri uomini candidati, si distingue per un segno che viene da Dio.

Giuseppe, ormai vecchio, vedovo con figli (tra cui Giacomo), deve solo custodire Maria, in quanto lei deve restare vergine. Poi arriva l’angelo che annuncia la nascita di Gesù e si narrano i dubbi di Giuseppe. I due, inoltre, vengono accusati di avere avuto una unione carnale e vengono sottoposti al rito (ordalia) delle acque amare, da cui risultano innocenti. Poi si racconta del viaggio a Betlemme per il censimento e la necessità, per l’avvicinarsi del parto, di fermarsi in una grotta vicino al paese (la prima volta che si parla di grotta per la nascita di Gesù!). Mentre Giuseppe cerca una levatrice assiste a un evento straordinario: tutto il mondo si ferma; si racconta di un contadino che rimane con la zappa a mezz’aria e degli uccelli che si bloccano in volo restando sospesi. È il momento in cui Gesù viene al mondo: si tratta di uno dei testi più belli mai scritti sulla nascita di Gesù! Una donna di nome Salomè non crede che Maria sia vergine e lo vuole provare di persona (come Tommaso riguardo alla risurrezione di Gesù): la sua mano resta paralizzata e solo pregando ottiene la guarigione. Poi arrivano i magi, Erode cerca di uccidere Gesù e il racconto si conclude con l’uccisione di Zaccaria, padre di Giovanni Battista. Il seguito (ci direbbe l’autore) lo si può trovare nei vangeli canonici.

Un’opera del genere, che ha anche ispirato i mosaici del V secolo nella basilica di S. Maria Maggiore, ha avuto tanto successo perché conferma quei dati di fede che già si stavano consolidando sulla scia dei vangeli canonici, in quanto legge le vicende di Gesù e della sua famiglia sullo sfondo dell’Antico Testamento: viene attuata, infatti, l’interpretazione dei testi biblici attraverso il midrash: la Scrittura (a cui si ispirano gli episodi del libro) è vista realizzata negli eventi della nascita di Gesù. In epoca moderna, con l’insistenza sul primato della Scrittura canonica, questo testo, almeno in Occidente, ha perso la sua popolarità, per la diffidenza crescente verso gli apocrifi; essi invece, a dispetto di quanto si pensi oggi, erano stimati e venerati; anzi, ci permettono di conoscere non solo quello che pensavano i grandi teologi come Origene o Ireneo, ma anche ciò che pensava il popolo, quando si accostava nella fede a Gesù. Non sarebbe male recuperare questa dimensione popolare della fede cristiana, riconoscendo che quei testi hanno aiutato molti cristiani semplici e poco ferrati nella teologia a scavare nella Scrittura, per trovare i segni di un Dio che non smette mai di agire, soprattutto tramite gli ultimi della storia.☺

 

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