vicino – lontano
20 Febbraio 2010 Share

vicino – lontano

Così mi deprezzarono al / mercato della carne, ormai / ero un oggetto senza alcun valore, / la mia schiena non convinse / colui che stava per comprarmi, e mi lasciò / come uno straccio sotto il marciapiedi… (Michele Sacco, bracciante, da Addio terra mia).

Scoppia una rivolta: l’uomo nero insorge, fa paura, urla, si comporta come un incivile. Deve essere espulso dal contesto civile: questi i fatti di Rosarno per molti.

Quando scoppia una rivolta significa che in molti stanno subendo una insopportabile ingiustizia; quando scoppia una rivolta vuol dire che in pochi e con la violenza, esercitano atti di oppressione, sfruttamento ed ingiustizia; quando scoppia una rivolta non sono garantiti i più elementari diritti, non è assicurata nessuna forma di libertà.

Quando si determinano queste condizioni, la causa che fa scattare la violenza non è mai chiaramente definita, è vissuta solo come una ultima ed inaccettabile offesa alla propria dignità di essere umano.

La rivolta è il sistema con il quale i poveri comunicano con il potere.

Il caso di Rosarno ripropone il tema di sempre nel nostro Sud: il lavoro mal pagato nei campi, il reclutamento della manodopera attraverso “caporali” arroganti e prepotenti, l’uso di mafiosi per controllare le maestranze e per imporre il potere dei proprietari. Che nei giorni nostri i disperati braccianti, costretti a vivere in condizioni disumane, siano provenienti dall’Africa, che hanno il colore della pelle scura e che parlano lingue diverse dai dialetti calabresi della Piana, non è importante. Il fenomeno dello sfruttamento si ripete sempre uguale a se stesso. Molte immagini che sono passate nei telegiornali nei giorni scorsi , erano molto simili a quelle di 60 anni fa. Sembravano lontani i tempi della disperata lotta dei contadini di Avola, che nel Dicembre del 1968, attuarono una lotta per ottenere un aumento di 300 lire al giorno. Gli assassini dei braccianti di allora si chiamavano Salvatore Giuliano, autore della strage di Portella della Ginestra; Luciano Liggio che uccise il sindacalista socialista Salvatore Carnevale; oggi si chiamano Giuseppe Setola e sono responsabili della strage di braccianti poveri extracomunitari di Castelvolturno.

Gli elementi nuovi che devono essere messi in evidenza in questa vicenda sono: il ruolo della delinquenza organizzata nella agricoltura del Sud e l’utilizzo degli extracomunitari per il lavoro nelle campagne. I grandi capi delle famiglie mafiose, nelle regioni meridionali, hanno preso il posto dei vecchi latifondisti. I proventi delle attività criminose ed in particolare del traffico della droga, sono stati reinvestiti dalla ‘ndrangheta in Calabria nell’acquisto di grandi tenute agricole e nella speculazione edilizia nei paesi e nelle città della costa.

In Italia i territori in cui c’è la più alta concentrazione di lavoratori immigrati sono nell’ordine: Castelvolturno, Foggia e Rosarno. Sono tutti e tre località del Sud, al centro di una intensa attività agricola, dove la delinquenza organizzata è forte, radicata ed è rappresentata da cosche molto ricche e potenti. In questi territori, esistono colonie di lavoratori immigrati, occupati stabilmente in agricoltura; la maggioranza di loro hanno il permesso di soggiorno, ma non sono mai stati regolarizzati dai padroni. La presenza dei lavoratori immigrati, in questi territori risale alla metà degli anni 80. La stragrande maggioranza di loro però è ancora soggetta alla chiamata quotidiana dei “caporali”. A questi lavoratori stanziali, si aggiungono ogni anno tra i mille ed i duemila lavoratori stagionali. I 1200 che sono stati sgomberati a Rosarno, venivano dalla raccolta del pomodoro e cercavano lavoro nella raccolta degli agrumi. Questi lavoratori si spostano dal Casertano al Foggiano per la campagna del pomodoro, al termine della quale si spostano nella Piana di Gioia Tauro per la raccolta del bergamotto (usato prevalentemente per usi cosmetici).

La crisi economica ha colpito profondamente il settore della cosmetica e dei prodotti per il corpo che hanno registrato una diminuzione della domanda attorno al 40% a fronte della crescita esponenziale degli anni passati. L’effetto di questa crisi ha provocato il crollo del prezzo del bergamotto, quotato a 4 centesimi al chilo sulla pianta. Dopo le prime giornate di lavoro, gli agricoltori, conosciuta la valutazione del prodotto, hanno stimato inutile procedere nella raccolta. I lavoratori stagionali non servivano più, quelli che avevano lavorato non sono stati pagati. Alle proteste dei lavoratori immigrati si è risposto con gli spari, è scattata la violenza della rivolta, a cui la ‘ndrangheta ha risposto con la caccia all’uomo violenta e indiscriminata che ha provocato 70 feriti tra gli immigrati. La cittadina di Rosarno è stata sconvolta dalla rivolta e dalla protesta violenta che ha provocato molti danni. In questa occasione è scattato l’odio razzista, le violenze contro gli immigrati sono state sostenute e giustificate dalla popolazione impaurita che non avrebbe mai immaginato la rivolta dei poveri ed invisibili contadini “neri”. A questo punto, finalmente, è intervenuta la polizia che ha provveduto allo sgombero dei capannoni dove si riparavano per la notte gli immigrati, trasportando gran parte di loro nei campi di accoglienza di Crotone e di Bari, mentre molti altri, oltre trecento se ne ritornavano a Castelvolturno. Il Ministro Maroni, che si aspettava di dover provvedere ad una espulsione di massa di questi lavoratori, ha dovuto ammettere che solo 24 erano i clandestini e forse anche con la possibilità di richiedere il diritto di asilo.

Né la società civile, né la società culturale, nè quella politica e istituzionale si è voluta accorgere di quello che avveniva sotto gli occhi di tutti. La infame politica usata in questi anni è stata la “tolleranza zero” verso gli immigrati clandestini, che ha sortito l’unico effetto di far riempire i centri di accoglienza, utilizzati per le espulsioni, da extracomunitari mai sistemati dai loro sfruttatori. Il male non sono gli immigrati, ma i loro sfruttatori. Dobbiamo curare le cause e non gli effetti.

L’Italia è un paese razzista! È inutile cercare ulteriori giri di parole per non affermare una verità drammatica che non dobbiamo più nascondere La definizione di “clandestino” nasconde la reale considerazione che ha il nostro paese nei confronti degli immigrati: non sono graditi.

Negli anni ‘70 al nord ancora si poteva leggere in alcune pensioni: “Non si affitta a meridionali”.

Vicino-lontano… basta cambiare angolo di visuale.

Ci mancava l'aria, per respirare, per vivere, per pensare, per sognare. Apparteniamo a una generazione cui hanno portato via non solo i sogni, ma anche l'appartenenza, le utopie; ce le hanno impacchettate, etichettate; ci hanno messo su un codice a barre, e cercano di rivendercele. …»☺

 ninive@aliceposta.it

 

eoc

eoc