Violenza di genere
10 Gennaio 2023
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Violenza di genere

“La violenza contro le donne è forse la più vergognosa violazione dei diritti umani. E forse è la più diffusa. Non conosce confini geografici, culturali o di stato sociale. Finché continuerà, non potremo pretendere di realizzare un vero progresso verso l’eguaglianza, lo sviluppo e la pace” (Kofi Annan, 1999)

Il Molise non esiste.

Prendo in prestito il tormentone che ci riguarda e che ‘resiste’ anche quando si parla di attività da mettere in campo per abbattere gli stereotipi di genere che sono, ahinoi, la mano che troppo spesso armano gli uomini contro le donne, fino ad uccidere le “proprie” donne. Troppo spesso è nella famiglia che nascono comportamenti pericolosi, è nella famiglia che le donne diventano vittime di crimini violenti, una violenza che spesso si consuma nel silenzio e nell’indifferenza.

Divenire bersaglio della violenza da parte di un altro essere umano, specie quando ciò accade all’interno di una relazione di fiducia, porta con sé un forte potenziale traumatico che attacca e frammenta gli aspetti più profondi della vittima, con delle conseguenze spesso durature. Ed è proprio in questo ambito che possono essere inquadrate le azioni da porre in essere perché sia possibile un deciso e auspicabile cambio di scenario culturale.

Le azioni di sensibilizzazione – rilevanti per consentire l’emersione del fenomeno che è allarmante anche nella nostra regione – sono finalizzate ad accrescerne la consapevolezza, ma anche alla promozione di una corretta cultura della relazione uomo-donna in ogni età e al rafforzamento del messaggio che una società libera dalla violenza e dagli stereotipi  è una società migliore.

Il Molise non esiste, quindi, e a dire il vero, è inesistente anche nella mappa redatta dall’ISTAT e riferita alle campagne di comunicazione sostenute dal Dipartimento delle Pari Opportunità.

Partiamo dall’inizio. L’ISTAT, nell’ elenco delle regioni che si sono fatte promotrici di campagne di comunicazione e attività di sensibilizzazione contro la violenza, non considera il Molise. Con tali campagne comunicative, nelle altre realtà, si porta all’attenzione di tutti il fenomeno della violenza, si forniscono concrete indicazioni su come riconoscerla e prevenirla, si indicano i servizi di aiuto per uscirne. Le regioni più attive hanno realizzato più iniziative e in molti casi le campagne nascono da un lavoro congiunto tra realtà istituzionale e centri antiviolenza.

Prendo ad esempio le realtà geografiche più vicine. In Abruzzo, si realizzano spot a costo zero con la partecipazione delle dipendenti degli uffici pubblici, trasmessi gratuitamente dalle televisioni locali. Un modo semplice per evidenziare il ruolo delle donne nella comunità, negli ambiti professionali, sul piano economico dell’indipendenza. In Puglia, la campagna di comunicazione sociale è ricca di eventi e di momenti di formazione: veri e propri corsi, finanziati dai programmi Antiviolenza della Regione, con i Cav, le onlus, le coop sociali, che si snodano lungo l’intero mese di novembre e non solo nella giornata canonica – e a volte abusata – del 25, che si prefiggono di fornire gli adeguati strumenti d’intervento nelle situazioni di maltrattamento e violenza con un approccio integrato al fenomeno della violenza in relazione agli aspetti culturali, sociali, psicologici, giuridico-legali. I temi trattati fanno riferimento ad ambiti come la denuncia, le tipologie di pena e le forme di accoglienza delle donne che hanno subìto abusi, con un focus dedicato al periodo contingente, ovvero gli episodi di violenza domestica avvenuti durante il lockdown. Le campagne di sensibilizzazione e di informazione trovano spazio sui quotidiani locali, così da consentire una massiccia penetrazione nel tessuto sociale, così da arrivare a tutte con l’unico modo possibile e accessibile a chiunque, per ricordare i servizi offerti dai Centri Antiviolenza della Rete alle donne del territorio. In più ci sono corsi di formazione per sostenere l’impegno di chi opera sul campo e si impegna quotidianamente per arginare il fenomeno della violenza domestica.

Il Molise non esiste: a parte i meritevoli convegni, le panchine rosse e le mattonelle realizzate all’uncinetto per attenzionare in modo creativo e attraverso la condivisione il fenomeno, la Regione non è parte attiva di alcuna campagna comunicativa, di nessuna azione informativa che non sia confinata nel perimetro di un convegno e di un dibattito ma che attraverso tutti i canali possibili – partendo proprio dai giornali e dalle televisioni locali – arrivi a tutte le possibili vittime di violenza. Perché in ogni casa c’è un televisore, e magari non tutte le vittime hanno accesso invece alle piattaforme social, vuoi per questioni anagrafiche, vuoi per retaggi culturali.

Il Molise non esiste: non si analizzano con parametri scientifici i dati, le campagne comunicative sono solo quelle nazionali, tutto è lasciato alle sensibilità dei singoli o delle Reti antiviolenza, il tema che dovrebbe essere massicciamente invadente e pervasivo resta confinato a dibattiti per addetti ai lavori. Nel periodo del lockdown, in Molise sono aumentate le donne accolte a fronte di un numero dei centri antiviolenza rimasto inalterato o cresciuto di una unità rispetto al 2019. E le percentuali di richieste verso i centri antiviolenza sono superiori alla media nazionale: in Molise il 93,9%, la media italiana è del 90,1%. Il dato delle denunce in aumento nella sua drammaticità è parimenti significativo poiché manifesta una maggiore consapevolezza di quello che accade da parte delle vittime.  La percezione è ormai chiara al punto da chiedere aiuto prima che sia troppo tardi.

Nelle ultime ore due episodi che ci riguardano da vicino e che hanno avuto esiti diametralmente opposti: la condanna di un uomo di Bojano che si è introdotto nella casa della sua ex, ha provato a darle fuoco con l’intento di ucciderla. Un contesto sociale di disagio, nel quale gli episodi di violenza erano già esplosi ma che non erano stati opportunamente considerati. E quella donna, per salvarsi la vita, si è buttata giù da un balcone. Otto mesi fa moriva invece una giovane di Cerro al Volturno, uccisa dall’ex che – ed è un copione che si ripete – non accettava che lei potesse aver deciso di lasciarlo. Uno degli ultimi messaggi di quella donna ammazzata a coltellate era rivolto proprio al tema della violenza. A febbraio inizierà il processo per quel 40enne che non ha esitato ad uccidere dopo giorni di oppressione, umiliazioni, litigi e pressioni psicologiche. Due storie diverse, che testimoniano come ci sia bisogno di implementare massicciamente l’azione di informazione e di sostegno.

E veniamo al secondo step mai affrontato dalla politica regionale: superare gli stereotipi di genere, che sono la miccia che fa esplodere spesso la violenza, il conflitto.

Il Ministero dell’Istruzione ha avviato una serie di iniziative nel quadro della strategia di attuazione del comma 16 della legge 107 e della promozione delle pari opportunità volte a contrastare anche gli stereotipi di genere. Si chiama “Il mese delle Stem” ed è una delle iniziative avviate in collaborazione con il Dipartimento delle Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, con l’obiettivo di promuovere le discipline STEM (Science, Technology, Engineering, and Mathematics) nelle scuole di ogni ordine e grado.

Dentro il sistema formativo spesso si annidano gli stereotipi di genere che riguardano in questo caso la presunta scarsa attitudine delle studentesse verso le discipline STEM che conduce a un divario di genere in questi ambiti, sia interno al percorso di studi che nelle scelte di orientamento prima e professionali poi. Occorre incoraggiare in modo pari studentesse e studenti a sviluppare una lettura critica dei pregiudizi e degli stereotipi di genere riguardanti le materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, nonché incoraggiare le studentesse allo studio di tali materie.

Superare questo primo ostacolo, apre a scenari completamente diversi che contemplino la presenza di donne in ambiti professionali troppo spesso individuati come prettamente maschili. Occorre lavorare su entrambi i binari: aumentare la consapevolezza e promuovere la conoscenza, consentire alle donne di sapere come difendersi e quali azioni mettere in campo in caso di violenza o maltrattamenti e fornire gli strumenti per seguire i propri sogni, affrancarsi da visioni arcaiche che troppo spesso regolano ancora i rapporti familiari.

E così si arriverà al giorno in cui anche gli uomini potranno dedicarsi senza sentirsi ‘diversi’ all’uncinetto, per realizzare quelle mattonelle colorate e vive che simboleggiano la libertà e la pari dignità.☺

 

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