Vita indipendente
L’art. 19 della Convenzione ONU prevede il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società con la stessa libertà di scelta delle altre persone. In particolare, secondo la normativa citata, le persone con disabilità devono avere la possibilità di scegliere, in condizione di uguaglianza rispetto agli altri individui, il proprio luogo di residenza e devono poter godere del diritto all’assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi, per impedire che siano isolate o vittime di segregazione.
L’attuazione del diritto alla vita indipendente, realizzata in concreto attraverso l’assistenza personale, rappresenta il presupposto necessario affinché la persona con disabilità possa fruire di ogni altra libertà costituzionale garantita dall’ordinamento giuridico.
A riguardo, è bene ricordare che per una volta tanto la regione Molise poteva vantare un primato, ossia quello di aver adottato, prima di ogni altra regione italiana, la legge regionale attuativa dell’art. 19 della convenzione ONU, ossia la legge n. 18/2010 intitolata “Interventi regionali per la vita indipendente”, la cui approvazione è stata frutto del grande lavoro portato avanti dall’associazione MO.VI. (Movimento per la vita indipendente) onlus per il Molise e dal suo presidente Domenico Costantino.
Tale legge regionale consente al beneficiario di finanziare un progetto di vita prevedendo tre diversi livelli di intensità assistenziale, a seconda delle necessità dell’individuo, fino alla copertura massima di € 18.000. In sostanza, consentirebbe alla persona con disabilità di vivere a pieno la propria libertà individuale, rimuovendo gli ostacoli che di fatto ne impediscono l’esercizio.
In realtà, dopo la sua entrata in vigore la legge è stata finanziata soltanto nel 2020, perché i governi regionali succedutisi non hanno trovato (o non hanno voluto trovare) le coperture finanziarie necessarie.
Anche in questo ambito il PNRR potrebbe segnare un punto di svolta, in quanto prevede il rafforzamento e l’implementazione degli interventi relativi ai progetti di vita della persona con disabilità, ma è opportuno che il problema venga affrontato alla radice una volta per tutte.
Il punto che non deve sfuggire infatti riguarda il pieno riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dell’individuo, che è un’idea alla quale siamo poco abituati perché ci è più familiare lo stereotipo della persona con disabilità non autosufficiente e non in grado di prendere da sola delle decisioni.
Il problema si sposta quindi sul piano culturale e sulla necessità dell’abbandono del modello assistenziale della disabilità a favore di un modello costituzionalmente orientato che metta finalmente al centro l’individuo, eliminando gli ostacoli (e le barriere) che ne limitano la libertà personale ed impediscono la pienezza di godimento dei diritti. Ad esempio: cosa fareste se impedissero il vostro diritto a muovervi liberamente, a scegliere come trascorrere le vacanze, ad entrare in un cinema o in museo? Nei due anni di pandemia abbiamo avuto tutti un assaggio di cosa significa non poter esercitare pienamente i propri diritti, ma adesso sembra quasi tutto cancellato con un colpo di spugna. Eppure l’espressione della libertà, che per noi è scontata ed abituale, per le persone con disabilità non è così ovvia ed è continuamente compressa, nell’indifferenza e/o tolleranza pressoché generale.
Fino a quando la questione dei diritti delle persone con disabilità rimarrà un tema “di nicchia”, riservato a chi lo vive a livello personale o familiare e/o a chi ha una sensibilità più o meno spiccata, nessun reale cambiamento potrà prodursi nella società, con il rischio ulteriore di “abbassare l’asticella” su quello che è il nostro grado di civiltà, ritenendo socialmente accettabile che diritti assoluti vengano continuamente compressi nei confronti di chi si trova in qualsiasi condizione di fragilità.☺
