Volti e maschere
11 Novembre 2022
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Volti e maschere

Ogni volto è una storia, la storia breve e rosea di un bimbo, quella luminosa di un ventenne dalle belle speranze, quella superba e già fitta di ferite di un quarantenne, quella di un anziano, che nel sottofondo opaco brilla di saggezza, di saggezza e di rughe; ogni volto è una miniatura inimitabile di emozioni e sentimenti, di propensioni e desideri soddisfatti o frustrati, ad ogni età: lo dice pure una accreditata etimologia del termine “volto”, derivato dal latino vultus, a sua volta -parrebbe – collegato al verbo volo, che significa “volere”, “desiderare”, appunto.

Ogni volto, insomma, svela una verità a chi lo guardi non per trovarvi la rispondenza a criteri standard di bellezza, ma per imparare e saperne di più, scoprendo cosa indichino i suoi segni, da una ruga che si staglia in vista sulla fronte – un pensiero ricorrente inciso sul viso -, ad una pupilla acuminata, alle borse sotto gli occhi, ai solchi in forma di parentesi tonda ai lati della bocca, frutto dell’abitudine ad un sorriso di grazia, nonostante tutto; perciò il volto è il contrario della maschera, di quella “fulig- gine”- questo l’etimo della parola – artefatta appositamente per nascondere le reali fattezze di un volto, per confondere le idee.

Dovremmo portarcelo orgogliosamente sulle spalle il nostro volto, che è la nostra identità, dovremmo voler mostrare agli altri chi siamo, il bene che ci è accaduto e che abbiamo saputo regalare, il male che ci ha imbrigliati e travolti, ma non annientati: altro che nasino all’insù e contorno occhi levigato e zigomi alti e mascelle tetragone e profilo greco.

Accade invece sempre più di frequente che, complice una chirurgia estetica che del restyling ignora completamente il fronte etico, molti, uomini e donne specialmente, si consegnino ad una sorta di damnatio memoriae della loro individualità e, a furia di lifting e botulino e silicone, dimentichino in prima persona e facciano dimenticare agli altri chi siano e chi siano stati, tramutando i loro volti in maschere inquietanti, stranamente simili tra loro e similmente incapaci di esprimere il vero, improbabili nei tratti, rigide, le labbra rimpolpate, le guance gonfie, le palpebre stiracchiate: divinità minori, grottesche, che vantano una pretesa di onnipotenza, ma poi non possono sfuggire al dominio del tempo, e tutti lo sanno. Mi capita di vederne tante di queste maschere, in tv e sui giornali, ma anche per strada, tra i miei coetanei che furono conoscenti e che ora non saprei più dire, perché, interrompendo loro il binario sul quale si viaggiava insieme dal prima al poi, mi provocano straniamento e disagio nella comunicazione reciproca.

Non so in che modo avrei reagito da piccola o da ragazza, se i volti degli adulti di fronte a me fossero stati così fuligginosi: sicuramente non ne avrei sorriso, avrei provato imbarazzo, non sarei riuscita ad ascoltarli occhi negli occhi, non avrei creduto loro come a persone vere, magari mi avrebbero spaventato, come creature fantastiche delle quali si sospetti l’esistenza, ma poi chissà.

Ho molto amato mia nonna e la sono stata a sentire viso nel viso fin in punto di morte, quando io avevo trent’ anni, lei ottantasette: il suo volto era una trama di rughe, nel bel mezzo un naso un po’ lungo, evidenti i segni della sofferenza per la dialisi che affrontava ormai da anni, eppure mai più m’è parso che una bellezza fosse tanto compiutamente naturale e interessante e viva.  Se vado ancor più indietro nel tempo, ricordo come fosse ora il viso della mia professoressa di latino e greco del ginnasio, insegnante puntualissima e appassionata, allora cinquantenne: quando ci spiegò la tragedia di Antigone, proprio lei, la prof., coi suoi occhiali a fondo di bottiglia, col volto smagrito da un dolore domestico che sopportava con gran dignità, divenne per tutti noi Antigone in persona (e già sapevamo bene dell’uso del teatro greco che gli attori recitassero in maschera!): se la mia professoressa fosse stata stirata dal lifting o qua e là gonfiata dal botulino, se i suoi occhi fossero stati sempre sgranati ed immobili e le sue labbra sempre atteggiate ad uno sbuffo, lei non sarebbe stata la mia Antigone, forse non l’avrei guardata con intensità e nulla avrei ascoltato, forse mai avrei conosciuto lo scontro tra diritto naturale e diritto positivo né mai avrei capito così giovane cosa può l’amore per un fratello, infine mai avrei sentito tanto ardore per lo studio della letteratura greca.

C’è che solo un volto vero, un volto che è storia, per imperfetto e consunto che sia, parla alla mente e al cuore, suggerisce storie, esso stesso fa la Storia.

A presto.☺

 

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