Custodire il creato
28 Febbraio 2016
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Custodire il creato

Già prima della Laudato si’ papa Francesco ha trattato in varie circostanze il tema della custodia del creato. Ha denunciato le storture del sistema con le conseguenze provocate. Ha parlato in modo dirompente di povertà e ingiustizie, degrado e scarto, nella globalizzazione dell’indifferenza, insensibile ai gemiti degli uomini e della terra. Nell’enciclica la sua requisitoria e il suo appello alle responsabilità individuali e collettive nell’usare razionalmente le risorse naturali, che sono di tutti e che vanno quindi distribuite e utilizzate a vantaggio di tutti, sono diventati un vero e proprio compendio di dottrina sociale cristiana, che stabilisce i punti fermi di una conversione ecologica e di una ecologia integrale autentica: l’unità contro la frammentazione, l’approccio sistemico contro ogni visione parziale o separata o esclusivamente scientifico-tecnologica, dialogo e collaborazione tra Stati e governi contro ogni forma di contrapposizione ideologica o tentazione di decisioni unilaterali, la tensione costante a riallacciare legami tra individui e popoli contro ogni chiusura nel proprio particulare.

L’approccio di Francesco papa al tema della custodia del creato è sempre biblicamente ispirato: a partire dalla Scrittura e con lo stile di Gesù che non cercava di “addottorare” ma al contrario voleva arrivare al cuore dell’uomo, al suo ingegno, alla sua vita, affinché questa dia frutto.

Nella parabola del seminatore (Lc 8, 4-15) è plastico il modo di insegnare del Signore: ci parla di coltivare, indica i tipi di terreno, i tipi di semina, i tipi di frutto e la relazione che tra essi si crea. Già prima, nella Genesi, Dio sussurra all’uomo questo invito: coltivare e custodire (2,15). Non gli dà solamente la vita, gli dà la terra, il creato. Non gli dà semplicemente una compagna e infinite possibilità. Gli fa anche un invito e gli affida una missione. Lo invita a far parte della sua opera creatrice e gli dice: coltiva!  Ti do le sementi, ti do la terra, l’acqua, il sole, ti do le tue mani e quelle dei tuoi fratelli. Ecco, è anche tuo. È un regalo, è un dono, è un’offerta. Non è qualcosa di acquistato, non è qualcosa che si compra. Ci precede e ci succederà. Il creato è un dono che deve essere condiviso. È lo spazio che Dio ci dà per costruire con noi, per costruire un noi. Il mondo, la storia, il tempo è il luogo in cui andiamo a costruire il noi con Dio, il noi con gli altri, il noi con la terra. La nostra vita nasconde sempre questo invito, più o meno consapevole, che permane sempre.

Nel racconto della Genesi, insieme alla parola coltivare immediatamente ne dice un’altra: custodire, avere cura. L’una si comprende a partire dall’altra. Non coltiva chi non ha cura e non ha cura chi non coltiva. Non solo siamo invitati ad essere parte dell’opera creatrice coltivandola, facendola crescere, sviluppandola, ma siamo invitati ad averne cura, a proteggerla, a custodirla.

Oggi questo invito, nei confronti della terra, si impone a noi con forza. Non come una semplice raccomandazione ma come un’esigenza che nasce “per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo anche nell’acqua, nell’aria e negli esseri umani. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra” (Laudato si’ n. 2).

Cosa vuol dire coltivare e custodire il creato? Questo compito richiede di cogliere il ritmo e la logica della creazione. Noi invece siamo spesso guidati dalla superbia del dominare, del manipolare, dello sfruttare. Stiamo perdendo l’atteggiamento dello stupore, della contemplazione, dell’ascolto della creazione. Così anche i credenti non riescono più a leggere “il ritmo della storia di Dio con l’uomo” come affermava papa Benedetto XVI. Ma coltivare e custodire non riguarda solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo e il creato, riguarda anche i rapporti umani. I due Papi predecessori di Francesco hanno parlato di ecologia umana legata all’ecologia ambientale. La chiamata a custodire non riguarda solo noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È l’avere rispetto per tutto il creato e per ogni creatura come ha mostrato il cantico di Francesco d’Assisi. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore.

“Adamo dove sei?”: è la prima domanda che Dio rivolge all’uomo dopo il peccato. E Adamo è un uomo disorientato che ha perso il suo posto nella creazione perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia si rompe anche nella relazione con l’altro che non è più un fratello da amare ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere. Dio pone la seconda domanda: “Caino dov’è tuo fratello?”. Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi senza Dio, porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, porta a versare sangue del fratello.

Queste due domande risuonano anche oggi con tutta la loro forza. Siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri. Quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia ci sono purtroppo degli Erode che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna. ☺

 

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