Ha nove anni, non ha mai conosciuto il padre, e la madre ha una grave forma diabetica che le ha procurato la cecità. I guai non sono però finiti perché all'alba del 9/9/2011 è stato condannato a morte. Sì, avete capito bene, A MORTE. Il reato? Aver abbaiato ad una persona che reputavo amico da almeno 30 anni. Sui libri di prima elementare era solito trovare le scritte: ''Il sole splende, il cane abbaia''. L'abbaiare, per un cane, non è segno di aggressività, a differenza del ringhiare. Il cane nella maggior parte dei casi abbaia perché ha paura, ha paura perché il modo di agire di chi esso incontra viene reputato strano, come ad esempio i movimenti involontari dell'uomo che ha paura del cane. ''U cane mocc(e)che u scarciato'': lo fa per una motivazione classista? No, lo fa perché vede qualcosa di diverso, avvertito come pericoloso. Non so come avverrà l'esecuzione, ma immagino che, data la paura che questo falso ex amico ha dei cani, avverrà con l'avvelenamento o attraverso il suo furgone. Sicuramente in modo vile. Ora, negli ordinamenti giuridici di tutto il mondo, vige un principio semplice e giusto: nessuno può essere punito se non ha compiuto l'atto con coscienza e volontà. Possiamo noi affermare senza ombra di dubbio che il condannato era cosciente di quello che faceva? Se la risposta è affermativa, la pena dovrebbe essere comminata. Il problema è che, almeno nel nostro ordinamento, la responsabilità è del proprietario, quindi se il reato c'è (ed in verità l'abbaio c'è stato) la pena, la condanna a morte la dovrebbe subire il proprietario.
Nella mia vita, sinceramente, ho avuto sempre poca fiducia nelle persone con grandi passioni ideologiche. Ma quando un cristiano, un cattolico dichiara di essere pronto ad uccidere, con quale faccia, con quale coraggio si presenta in chiesa davanti all'Eterno, quando già premedita di violare un Suo comandamento?
Lo vedo, nella penombra della sua casa, lontano dagli sguardi dei suoi familiari ai quali vuole continuare a dare l'immagine del buon padre di famiglia, preparare il boccone mortale che offrirà a quel cane che, avendolo visto parlare tante volte con il suo padrone, fidandosi lo accetterà. Solo poco dopo, il fedele amico dell'uomo capirà che questo, decisamente, non è un paese per cani.
Ulisse
Ha nove anni, non ha mai conosciuto il padre, e la madre ha una grave forma diabetica che le ha procurato la cecità. I guai non sono però finiti perché all'alba del 9/9/2011 è stato condannato a morte. Sì, avete capito bene, A MORTE. Il reato? Aver abbaiato ad una persona che reputavo amico da almeno 30 anni. Sui libri di prima elementare era solito trovare le scritte: ''Il sole splende, il cane abbaia''. L'abbaiare, per un cane, non è segno di aggressività, a differenza del ringhiare. Il cane nella maggior parte dei casi abbaia perché ha paura, ha paura perché il modo di agire di chi esso incontra viene reputato strano, come ad esempio i movimenti involontari dell'uomo che ha paura del cane. ''U cane mocc(e)che u scarciato'': lo fa per una motivazione classista? No, lo fa perché vede qualcosa di diverso, avvertito come pericoloso. Non so come avverrà l'esecuzione, ma immagino che, data la paura che questo falso ex amico ha dei cani, avverrà con l'avvelenamento o attraverso il suo furgone. Sicuramente in modo vile. Ora, negli ordinamenti giuridici di tutto il mondo, vige un principio semplice e giusto: nessuno può essere punito se non ha compiuto l'atto con coscienza e volontà. Possiamo noi affermare senza ombra di dubbio che il condannato era cosciente di quello che faceva? Se la risposta è affermativa, la pena dovrebbe essere comminata. Il problema è che, almeno nel nostro ordinamento, la responsabilità è del proprietario, quindi se il reato c'è (ed in verità l'abbaio c'è stato) la pena, la condanna a morte la dovrebbe subire il proprietario.
Nella mia vita, sinceramente, ho avuto sempre poca fiducia nelle persone con grandi passioni ideologiche. Ma quando un cristiano, un cattolico dichiara di essere pronto ad uccidere, con quale faccia, con quale coraggio si presenta in chiesa davanti all'Eterno, quando già premedita di violare un Suo comandamento?
Lo vedo, nella penombra della sua casa, lontano dagli sguardi dei suoi familiari ai quali vuole continuare a dare l'immagine del buon padre di famiglia, preparare il boccone mortale che offrirà a quel cane che, avendolo visto parlare tante volte con il suo padrone, fidandosi lo accetterà. Solo poco dopo, il fedele amico dell'uomo capirà che questo, decisamente, non è un paese per cani.
Ha nove anni, non ha mai conosciuto il padre, e la madre ha una grave forma diabetica che le ha procurato la cecità. I guai non sono però finiti perché all'alba del 9/9/2011 è stato condannato a morte. Sì, avete capito bene, A MORTE. Il reato? Aver abbaiato ad una persona che reputavo amico da almeno 30 anni. Sui libri di prima elementare era solito trovare le scritte: ''Il sole splende, il cane abbaia''. L'abbaiare, per un cane, non è segno di aggressività, a differenza del ringhiare. Il cane nella maggior parte dei casi abbaia perché ha paura, ha paura perché il modo di agire di chi esso incontra viene reputato strano, come ad esempio i movimenti involontari dell'uomo che ha paura del cane. ''U cane mocc(e)che u scarciato'': lo fa per una motivazione classista? No, lo fa perché vede qualcosa di diverso, avvertito come pericoloso. Non so come avverrà l'esecuzione, ma immagino che, data la paura che questo falso ex amico ha dei cani, avverrà con l'avvelenamento o attraverso il suo furgone. Sicuramente in modo vile. Ora, negli ordinamenti giuridici di tutto il mondo, vige un principio semplice e giusto: nessuno può essere punito se non ha compiuto l'atto con coscienza e volontà. Possiamo noi affermare senza ombra di dubbio che il condannato era cosciente di quello che faceva? Se la risposta è affermativa, la pena dovrebbe essere comminata. Il problema è che, almeno nel nostro ordinamento, la responsabilità è del proprietario, quindi se il reato c'è (ed in verità l'abbaio c'è stato) la pena, la condanna a morte la dovrebbe subire il proprietario.
Nella mia vita, sinceramente, ho avuto sempre poca fiducia nelle persone con grandi passioni ideologiche. Ma quando un cristiano, un cattolico dichiara di essere pronto ad uccidere, con quale faccia, con quale coraggio si presenta in chiesa davanti all'Eterno, quando già premedita di violare un Suo comandamento?
Lo vedo, nella penombra della sua casa, lontano dagli sguardi dei suoi familiari ai quali vuole continuare a dare l'immagine del buon padre di famiglia, preparare il boccone mortale che offrirà a quel cane che, avendolo visto parlare tante volte con il suo padrone, fidandosi lo accetterà. Solo poco dopo, il fedele amico dell'uomo capirà che questo, decisamente, non è un paese per cani.
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