crisi e sperperi
30 Giugno 2010 Share

crisi e sperperi

 

I principali organi di stampa nazionale hanno preso di mira il Molise. Non passa giorno senza che la cronaca nazionale ci riservi un posto d’onore per metterci alla berlina a proposito di viaggi istituzionali, sedi, personale, spese di rappresentanza, debito sanitario o altre tristi verità. Nei dibattiti televisivi, così come nei comizi della Lega Nord, quando si vuol fare un esempio di sperpero di danaro pubblico si cita il Molise. Il Governo regionale fa spallucce e non può buttarla in politica visto che tra gli organi di informazione più aggressivi si distingue Il Giornale della famiglia Berlusconi, difficilmente catalogabile tra i bollettini rivoluzionari. In realtà il centrodestra annaspa nella palude di un sistema di potere melmoso, buono per tenersi a galla, ma del tutto inutile a tracciare una prospettiva positiva per il futuro.

La distribuzione dei pani e dei pesci a trecentosessanta gradi serve a tenere il piede in più staffe e controllare tutto e tutti, salvo rare eccezioni, ma di fronte a una crisi strutturale, che manda a  gambe all’aria il Molise, non si ha uno straccio di proposta credibile. Col Decreto Tremonti si è assestato un ulteriore colpo alle esangui casse regionali e per un territorio che vive di trasferimenti pubblici è duro individuare un’alternativa che regga. Ospedali, scuole, trasporti, opere pubbliche, servizi sociali e investimenti alle imprese, risentono di tagli drammatici con conseguenze tragiche sulla qualità della vita delle persone e sull’occupazione diretta o indotta. Il bilancio regionale si riduce progressivamente e da Roma si bloccano i finanziamenti per grandi e piccole opere con rinvii sistematici che fermano tutto ciò che ruota intorno all’edilizia, principale motore dell’economia molisana. I dati diffusi dal rapporto 2009 della Banca d’Italia confermano la gravità della situazione e l’incapacità di razionalizzare la spesa pubblica – come mostra un’inchiesta de Il Sole 24 Ore del 18 giugno scorso – incrementando le uscite correnti a danno degli investimenti produttivi e dei servizi ai cittadini.

In un simile scenario, da tempo ho avanzato una serie di proposte per ridurre le indennità dei consiglieri regionali, abrogare le otto commissioni speciali, superare gli assessori esterni, limitare l’uso della carta di credito, tagliare le consulenze, le collaborazioni, gli straordinari e il numero dei dirigenti, ridurre le auto blu, razionalizzare l’uso delle sedi risparmiando sui fitti e sulle manutenzioni, evitare altre spese di non stretta necessità e assumere un comportamento virtuoso. Queste proposte vengono sistematicamente aggirate, tenute nei cassetti, rinviate all’infinito e mentre si offrono quarantamila euro a un ex-Presidente di Regione per una consulenza sul federalismo, si pagano venticinquemila euro di fitto per un auto blu per un anno, si erogano centomila euro a un privato per riprendere i collegamenti marittimi estivi con le isole croate, si spendono decine di migliaia di euro per abbellire la sede del Consiglio Regionale che è in affitto ed invece resta chiusa l’ex-Presidenza della Giunta che è di nostra proprietà. Questi sono piccoli esempi di una pratica  decennale dura a morire che poteva essere sopportata in epoca di spesa allegra della finanza pubblica. Coi tempi che corrono e con le persone costrette a prendere farmaci generici in sostituzione di quelli prescritti dal medico di base, con liste d’attesa per visite specialistiche di mesi e mesi, con pullman soppressi, scuole tagliate e ospedali chiusi, è arrivata l’ora di dire basta!

La domanda da porsi è: “C’è una classe dirigente adeguata, pronta ad assumersi la responsabilità di una politica di rigore che salvi il Molise dal fallimento e gli restituisca una speranza di futuro?”

 All’orizzonte si intravedono decine di partitini personali, listarelle civiche, movimenti paesani e associazioni campanilistiche che bruciando le schede elettorali mostrano qualche indiretta simpatia per sistemi poco democratici. All’affanno del  Centro-Destra corrisponde una frammentazione del Centro-Sinistra. Il punto è che la crisi incombe e non aspetta i tempi lunghi del metabolismo politico. Il rischio è che precipiteremo progressivamente in un caos ingovernabile con un persistente clima di rissosità funzionale a chi dall’esterno ritiene del tutto inutile una regione di 320.000 abitanti.

Se devono essere altri a “chiudere” la “nostra Regione” per manifesta inadeguatezza dimostrata da tabelle, cifre e statistiche che edotti ragionieri leghisti illustrano urbi et orbi all’Italia intera, non è meglio che siamo noi a scegliere di che morte morire?

Tra le recenti leggende metropolitane non potrebbe essere la riunificazione con l’Abruzzo, seguendo il dettato dell’art. 132 della Costituzione, la soluzione più naturale? In questo modo eviteremmo di essere travolti dagli eventi e mostreremmo di avere in testa un’idea possibile per uscire dalla crisi.☺

petraroia.michele@virgilio.it

 

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