Guardare per costruire
28 Giugno 2017
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Guardare per costruire

Con l’estate alle porte i nostri borghi sembrano riprendere vitalità: il loro aspetto cambia, appaiono tavolini, sedie, aiuole vere o finte e gli immancabili gazebo. Il caldo, il sole, le gradevoli temperature estive invogliano a trascorrere momenti all’aria aperta e una buona dose di ombra certamente non guasta. Le amministrazioni comunali favoriscono l’occupazione di suolo pubblico, anche nei centri storici, con installazione di manufatti chiusi o aperti – come si legge nella delibera di un noto comune della Toscana – anche fino a 40 metri quadri di superficie utile lorda.

Una struttura mobile, indipendente oppure collegata ad un altro edificio: nasce per fornire riparo dal sole o dalla pioggia e permettere lo svolgimento di attività. Il termine è inglese, forse uno dei più inflazionati nell’uso quotidiano tanto da apparire nostrano. Il verbo inglese gaze [pronuncia: gheiz] significa guardare mentre il suffisso -bo rimanda alla nostra lingua madre, il latino, essendo la desinenza del futuro semplice. Se volessimo tradurre letteralmente il termine dovremmo perciò usare la parola “guarderò”! Fateci caso: anche “lavabo” (recipiente fisso o mobile, contenente acqua per lavarsi le mani, come riporta il dizionario Treccani) rispetta lo stesso conio linguistico ed equivarrebbe a “laverò”!

Da elemento architettonico sofisticato ed impreziosito, presente nei parchi e nei giardini delle residenze nobiliari in Gran Bretagna o negli Stati Uniti dal 1700 in avanti, il gazebo ha cambiato il suo aspetto ed anche il suo uso: non più riparo dalla pioggia o palco per esibizioni orchestrali, oggi sempre più spesso accompagna le attività di ristoro e, nella sua forma essenziale, quelle iniziative sociali, culturali o politiche, di solito della durata di un giorno, che animano la nostra vita cittadina. Il gazebo sembra ormai corrispondere all’esercizio della volontà popolare: ne vengono installati nella piazze ogni qual volta si richiede ai cittadini di esprimere il proprio parere su un tema, sottoscrivere una petizione, individuare candidati a cariche politiche. Apparentemente una democrazia dal basso, certamente un segnale positivo per restituire voglia di partecipazione alle persone.

Mi piace però tornare al significato etimologico del vocabolo: le azioni del guardare, osservare, scrutare, fissare sono quelle che più si addicono a chi si ripara all’ombra di un gazebo. E mi vedo lì seduto mentre davanti a me sfila una “varia umanità”: una donna avanza lentamente, carica di buste della spesa, un uomo frettoloso ansiosamente guarda il suo cellulare, ragazzi tornano da scuola, un giovane mendica qualche spicciolo, un anziano si trascina sul suo bastone e in mano ha l’ultima ricetta della farmacia. Posso osservare i loro volti, studiare i loro gesti. Riesco ad avvertire, nonostante le apparenze, un sentimento cupo che sovrasta ognuno di loro, un sorta di infelicità che li avvolge e li opprime. Non sono maschere: dietro queste esistenze ci sono i problemi irrisolti di un paese che le classifiche europee collocano sempre agli ultimi posti in quasi tutti i settori, un paese che guarda poco alla reale condizione dei suoi cittadini.

Gazebo, metafora di sguardo assente, indifferente. Perché invece di rimanere immobili, demotivati e pigri ad assistere al naufragio del mondo circostante, non scrutiamo tra le rovine per costruire?☺

 

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