Inizio polifonico
1 Maggio 2017
La Fonte (351 articles)
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Inizio polifonico

Cosa mette in collegamento gli uomini e le donne del terzo millennio con Gesù di Nazaret? Si potrebbe rispondere la fede o la chiesa, ma questo vale solo per i credenti. L’unico ponte accessibile a tutti è ciò che i credenti chiamano Parola di Dio, la bibbia che, oltre ad essere testo sacro di due religioni, è patrimonio culturale dell’umanità. Ma la bibbia non è stata scritta tutta di getto: parte di essa (il Nuovo Testamento) è stata scritta dopo la vita di Gesù, divenendo lo strumento privilegiato per entrare in contatto con lui. Eppure, leggendolo, ci si rende conto che non è una testimonianza unitaria, ma è piuttosto una raccolta di voci e testimonianze diverse, anche in conflitto tra loro e ciascuna di esse aveva la pretesa di essere l’unica o la più importante. Ci sono quattro vangeli simili e diversi tra loro, ci sono le lettere di Paolo dove si dicono cose diverse da ciò che dice ad esempio la lettera di Giacomo, tanto che, chi, come Lutero, ha privilegiato l’insegnamento di Paolo, ha avuto qualche difficoltà ad apprezzare Giacomo.
Il Nuovo Testamento è il lascito autorevole dei primi cristiani alle generazioni successive ma è un lascito variegato, che tradisce le molte voci che si sono sentite a partire dalla risurrezione di Gesù, evento unico ma non univoco, in quanto ha suscitato una miriade di risposte, alcune delle quali sono registrate nel Nuovo Testamento, molte altre invece (pensiamo, ad esempio, ai movimenti gnostici del secondo secolo) sono state lasciate fuori perché considerate fuorvianti. Ma se dovessimo intervistare oggi gli autori dei vangeli, probabilmente esprimerebbero il disagio di trovarsi uno accanto all’altro in un unico libro e se chiedessimo a Paolo cosa pensa della sua biografia raccontata negli Atti, risponderebbe probabilmente che non vi si riconosce affatto, perché le vicende si sono svolte in modo diverso e tutta quella bonarietà espressa dal capo della comunità di Gerusalemme (Giacomo) è una ricostruzione fantasiosa.
All’inizio del cristianesimo non c’era una visione unica della fede ma tante interpretazioni: i primi discepoli erano ebrei che non pensavano affatto di assistere alla nascita di una nuova religione ma ritenevano che Gesù era venuto a predicare solo al popolo d’Israele (lo stesso Gesù lo dice chiaramente nel vangelo di Matteo!) per prepararlo a vivere la fine dei tempi. Dopo l’esperienza della risurrezione i discepoli ritenevano che stavano vivendo l’inizio della fine e Gesù, tornando, avrebbe premiato coloro che gli erano rimasti fedeli nonostante la morte in croce e avrebbe reso manifesto il giudizio di Dio verso i peccatori. Per molti Gesù era solo un messia umano, altri invece vedevano in lui un essere divino. C’era chi vedeva in lui il liberatore d’Israele dai romani e chi (come Paolo) credeva che Dio attraverso la sua morte avesse perdonato i peccati di tutta l’umanità.
In principio non fu l’unità ma la diversità e per un certo tempo la diversità fu causa di conflitti anche aspri: Paolo ci testimonia che persino nelle comunità fondate da lui si erano formati gruppi contrapposti, e ciascuno si riconosceva in un leader. Con il tempo, tuttavia, quando i protagonisti della prima predicazione scomparvero, anche a causa di pressioni esterne, come l’esclusione dal giudaismo maggioritario e le insofferenze del potere romano che a volte sfociavano in forme di persecuzione che divennero sempre più cruente, le divergenze furono appianate con l’accoglienza reciproca, i testi a cui ciascuna comunità faceva riferimento furono raccolti insieme e divennero la base per la ricerca di unità e i molti libri divennero sempre di più un unico libro, insieme con le Scritture d’Israele.
La chiesa che ci ha trasmesso la bibbia è l’erede delle diverse voci del primo cristianesimo, delle comunità di Matteo, di Marco, Luca e Giovanni, di Paolo, di Giacomo, voci diverse che, unite insieme, hanno creato un’armonia. Certo, la storia successiva alla nascita della bibbia come la conosciamo è stata attraversata da altre divisioni, dovute alle diverse interpretazioni, ma spesso anche agli eventi politici e sociali che hanno continuato a condizionare lo sviluppo del cristianesimo fino ad oggi e lo faranno anche in futuro. Tuttavia l’aver riscoperto che l’unità della bibbia nasce dalla diversità dei tanti modi di testimoniare Gesù, ci dovrebbe rendere meno arroccati nella difesa della propria tradizione contro le altre tradizioni e i grandi gesti ecumenici a cui oggi assistiamo, non solo sul piano dottrinale, ma anche e forse soprattutto sul piano sociale e politico (come ad esempio la visita a Lesbo del papa di Roma e del patriarca di Costantinopoli) trovano pieno fondamento nella consapevolezza che il cristianesimo ha un’origine polifonica, non è la monolitica espressione di rigidi dogmatismi. Cercheremo di tracciare, quindi, una mappa dell’unidiversità cristiana, che può essere un modello per non cedere alla tentazione dei particolarismi che oggi risorgono nelle nostre società frammentate.

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