madonna della libera   di Gaetano Jacobucci
31 Gennaio 2012 Share

madonna della libera di Gaetano Jacobucci

 

culto della Madonna della Libera al ministero episcopale di Barbato, originario del villaggio Vandano del comune di Cerreto nel VII secolo. Dopo gli studi a Benevento, operò come sacerdote a Morcone. Divenne così popolare e ammirato per il suo zelo, che alla morte del Vescovo Ildebrando, clero e popolo lo elessero vescovo della città di Benevento. Nel VII secolo i Longobardi, governavano il Ducato.

Nella primavera del 663, l’impera- tore bizantino Costante II, odiato in patria per motivi religiosi e per aver ucciso il fratello, si mosse alla conquista dell’Italia, ritenendo che il regno longobardo stesse attraversando un periodo di crisi. Stabilita una tregua con gli arabi e fatta una breve sosta ad Atene, sbarcò a Taranto, conquistandola. Si diresse poi verso la Capitanata, attaccò e rase al suolo Lucera, distrusse Siponto, tentò di conquistare Acerenza e cinse di assedio Benevento. Al duca di Benevento, Romualdo, non rimase che chiedere aiuto al padre Grimoaldo, che da qualche anno e con un po’ di fortuna e qualche stratagemma, aveva conquistato la corona reale, e mandò da Pavia il suo cortigiano Gesualdo (secondo alcuni Sessualgo).

Appresa la notizia Grimoaldo affidò la sicurezza del palazzo reale a Lupo, duca di Forum Iulii, e partì per Benevento mandando innanzi Gesualdo. Purtroppo quest’ultimo fu fatto prigioniero nei pressi di Benevento e, pena la morte, fu invitato a riferire falsamente al Duca che gli aiuti non sarebbero mai arrivati. Gesualdo promise di compiere l’ambasciata ma, giunto al cospetto del suo signore, lo esortò a resistere nell’attesa dell’arrivo imminente dell’esercito reale.

Costante II condannò a morte Gesualdo per decapitazione e la testa fu catapultata all’interno delle mura. Un forte scompiglio si scatenò tra gli assediati cui fecero eco le prediche di Barbato che invitava tutti alla conversione. Romualdo, obbligato, venne a patti con l’imperatore e gli diede in ostaggio la sorella Gisa. Costante II tolse l’assedio, ben valutando che non conveniva affrontare le ingenti forze di Grimoaldo che stavano per sopraggiungere. Barbato, attribuendo la ritirata bizantina alla intercessione della Vergine, ottenne la conversione dei longobardi beneventani. Costante II nella ritirata fu battuto dal Conte Trasemundo di Capua sul Calore (cfr Arechi Principe Longobardo e duca dei Sanniti di M. P. Cavalluzzo & B. Fusco, Piesse Foglianise, 1999).

Il culto cattolico

Dio aveva salvato la città di Benevento per intercessione della Vergine. La Madonna apparve il 2 luglio 663, con la croce impressa sulle palme delle mani, simbologia fortemente legata alla lotta e alla liberazione, mostrandosi su candida nube: Barbato pronunciò memorabili parole: “Io l’ho pregata, Essa già viene in vostro aiuto, guardatela!” (bollettino diocesi di Benevento). Barbato pretese ed ottenne il luogo dell’antico tempio di Iside, vi costruì una Chiesa e con una solenne cerimonia la consacrò; da quel giorno essa divenne Cattedrale della città di Benevento. Se la conversione iniziale fu formale, da quel momento, per l’azione di Barbato anche i Vescovi campani furono tenuti in grande considerazione dai Longobardi, persuasi anche dalla duchessa Teodorata sposa di Romualdo.

 Il Vescovo Barbato si diede ad una poderosa opera di evangelizzazione, e tra i primi atti vi furono quelli della distruzione del feticcio delle zanne del cinghiale Caledonio e del taglio dell’albero sacro ad Odino, un noce secolare posto lungo le rive del Sabato, a poche miglia dalla città ed intorno al quale i Longobardi svolgevano feste e riti pagani.

La vipera d’oro

Ci fu quasi un complotto tra la duchessa Teodorata, donna profondamente devota e religiosa, e il vescovo Barbato. La duchessa introdusse il vescovo a palazzo nell’assenza del marito per una battuta di caccia. Fu questa l’occasione per mostrare a Barbato un antico feticcio, che il re teneva gelosamente nascosto, una vipera tutta d’oro (anfisbena – a due teste).

Il Vescovo prese la vipera, la fece fondere e ne fece fare un calice dal quale poi costrinse anche il Duca a bere durante il Sacrificio Eucaristico. Aspramente redarguito per la menzogna davanti a tutti i fedeli convenuti in cattedrale, fu costretto all’abiura pubblica. In seguito i Longobardi di Benevento, al tempo di Arechi II, furono quasi tutti convertiti al cristianesimo e si mostrarono animati da fervore religioso, come i cristiani delle prime generazioni: si tramanda la memoria di tre nobili beneventani Paldo, Taso e Tato, che mentre erano pellegrini sulla via Romea, furono “folgorati” dalla predicazione di un pio monaco, tanto da rinunziare alle ricchezze e a dedicarsi all’ eremitaggio. Stabilitisi presso le sorgenti del Volturno diedero vita ad una delle più prestigiose abbazie benedettine del sud: San Vincenzo al Volturno. ☺

jacobuccig@gmail.com

 

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