Né dolcetto né scherzetto
13 Novembre 2020
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Né dolcetto né scherzetto

“Dolcetto o scherzetto?” È la domanda che i bambini ripetono di porta in porta nella notte più ‘paurosa’ dell’anno, in occasione della festa di Halloween. Negli ultimi decenni questa usanza si è affermata sempre di più per ragioni evidentemente economiche, o meglio consumistiche, ma in realtà le origini di questa festa sono antichissime.

Il nome Halloween deriva dalla forma contratta di All Hallows’ Eve, dove hallow è la parola arcaica inglese che significa “santo”: la vigilia, quindi, di Ognissanti (nei paesi anglofoni, del resto, diverse feste sono accompagnate dalla parola eve, “sera”, tra cui la stessa vigilia di Natale, Christmas Eve, o di Capodanno, New Year’s Eve). Le origini sono pagane e risalgono all’antica tradizione celtica. Per i Celti, infatti, l’inizio del nuovo anno non cadeva il 1° gennaio ma il 1° novembre, quando terminava la stagione calda e cominciava il periodo delle tenebre e del freddo, il tempo in cui ci si chiudeva in casa per molti mesi al riparo, costruendo utensili e trascorrendo le serate a raccontare storie. Questo passaggio dall’ estate all’inverno e dal vecchio al nuovo anno veniva celebrato con una lunga festa, detta anche Samhain, che in antico irlandese sta per Summer’s end.

In armonia con ciò che stava avvenendo in natura, il tema principale della festa era la morte. Di qui l’accostamento di Samhain al culto dei morti e la credenza che alla vigilia di ogni nuovo anno, cioè il 31 ottobre, Samhain chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti e che questi potessero unirsi al mondo dei viventi, per una sospensione momentanea delle leggi del tempo e dello spazio. La cosa non deve apparire strana, se si pensa che anche nella nostra cultura vi è la credenza che le anime dei morti ritornino fra noi il 31 ottobre, per rimanervi tutte le notti fino al 6 gennaio. A Bonefro, in particolare, vi è il detto Tutte ‘i feste iss’ne e m’niss’ne/ e Pasquerelle maje m’nisse, dove Pasquerelle sta per Pasquetta, ovvero l’Epifania. L’augurio è che il 6 gennaio, a differenza di tutte le altre feste, non arrivi mai: non tanto (e non solo) perché segna la fine di un lungo periodo di festa, ma soprattutto perché nella cultura popolare di una volta sanciva il momento del ritorno delle anime nell’aldilà. Andando più indietro nel tempo, anche i nostri antenati Romani celebravano gli spiriti dei morti durante due diverse festività chiamate Lemuria e Parentalia. E quando nel 609 papa Bonifacio IV istituì la festa di Ognissanti, scelse come data il 13 maggio, ovvero il giorno dei Lemuria. Uno dei suoi successori, papa Gregorio III, la spostò però al 1° novembre, in modo da riconsacrare una festa pagana alla religione cristiana, secondo un meccanismo ben consolidato nella Chiesa. Ecco perché il nostro giorno di Ognissanti ha finito per coincidere con Halloween. Ma con la Riforma luterana la festa cristiana voluta dal papa smise d’essere celebrata nei territori protestanti.

In Irlanda si era intanto diffusa l’usanza di accendere torce e fiaccole fuori dalle case e di lasciare latte e cibo per le anime dei defunti che avrebbero visitato i propri familiari, affinché potessero rifocillarsi e non facessero scherzi ai viventi. Gli irlandesi avevano inoltre un altro rito: svuotare una grande rapa e inciderla con il volto di un demone per poi illuminarla dall’ interno con una candela a protezione della propria casa. Jack o’lantern è il suo nome, da quello del povero fattore a cui fu donata una lanterna magica da una fata irlandese.

Verso la metà del 1800, l’Irlanda venne investita da una terribile carestia, nota come The Great Famine e provocata, fra le altre cose, dalla peronospora, una malattia della patata, che in quel paese costituiva la base dell’alimentazione. Un milione circa di persone persero la vita, un altro milione circa decisero di abbandonare l’isola e di cercare fortuna negli Stati Uniti, dove mantennero vive le tradizioni ed i costumi della loro patria, fra cui Halloween. Tuttavia non trovarono rape, ma solo zucche. È così che questa usanza, con l’immancabile zucca, è diventata per gli Americani una festa nazionale, contagiando poi anche quella parte dell’Europa che ne era rimasta estranea, con film e telefilm, libri e racconti. Dai due milioni e mezzo di dollari che ogni anno gli Americani spendono per Halloween risulta tuttavia evidente come il suo antico significato religioso e rituale sia andato perduto per fare posto a grotteschi costumi e divertimenti. Al momento di mandare in stampa questo articolo mi risulta che per quest’anno tutti gli allegri festeggiamenti siano stati fortemente sconsigliati dal CDC (Center for Disease Control), l’autorità sanitaria americana, a causa del Covid-19. Ma anche senza il tradizionale “dolcetto o scherzetto”, c’è un aspetto di questa festa che continuerà a far pensare e che si può ritrovare in un frammento di saggezza dello scrittore Stephen King: “Halloween è il giorno in cui ci si ricorda che viviamo in un piccolo angolo di luce circondati dall’oscurità di ciò che non conosciamo”.☺

 

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