paura – fastidio     di Antonio De Lellis
29 Settembre 2012 Share

paura – fastidio di Antonio De Lellis

 

Le retate a danno dei migranti si consumano a Termoli, come altrove, e si inseriscono in una strategia di semplificazione della realtà: una strategia di spostamento del locus e del focus del problema che si è verificata anche a Termoli. Mentre i giovani parlavano di ambiente, accoglienza, ecomafia, lavoro e futuro, da un’altra parte venivano espulsi soggetti, prevalentemente rumeni,  perché poveri e disturbatori del decoro urbano. L’ennesima ambivalenza.

Ma noi chi siamo per poter cancellare la norma etica, prima ancora che cristiana, dell’ospitalità e dell’accoglienza? Se non c’è passione per la vita, allora prevale il “recinto”, il fastidio, il desiderio di sicurezza. Ma la prima sicurezza non dovrebbe essere il lavoro per tutti? Non dovrebbe essere l’onestà e la giustizia? Chi siamo noi per dire che questo territorio è nostro e quindi gli stranieri devono essere cacciati? Nessuno è straniero, ma parte di unica famiglia umana, di un'unica terra. “Accoglilo a casa tua” è stato autorevolmente affermato! Bene, già fatto! Nessuna accoglienza lascia più poveri, ma arricchisce immensamente. E se sono ubriachi molesti? Bene, vi sono luoghi e spazi di accoglienza anche per queste persone dove essere rieducati al rispetto di stessi e degli altri. È sotto gli occhi di tutti anche la principale conseguenza dello slittamento semantico paura-fastidio: succede che si è passati dal provare paura per ciò che non si conosce al provare fastidio per ciò che si considera inferiore. All’asse NON CONOSCENZA-PAURA si è sostituito da tempo l’asse SUPERIORITA’-FASTIDIO. È su questo terreno che nelle città, nelle periferie come in pieno centro, fiorisce in quantità industriali quella domanda di sicurezza che il ventre molle del Paese da sempre riferisce alla difesa dei propri interessi e non alla costruzione della convivenza civile. E invece, lo abbiamo detto e ridetto per anni ogni volta che ci è stata data la possibilità di farlo, è sicura la città che si-cura! La sicurezza di una città dipende dalla sua capacità di prendersi cura di se stessa, della sua gente, dalla sua capacità di provvedere alla sua salute. 

Il termine Shalom, nel suo senso originario, indica la totalità (insieme, completo, unito, non frammentato), e poi anche il bene, l’integrità: la Bibbia tratta di tutta la persona, di tutto il popolo, di tutto il mondo, di tutta la terra. Che si sappia: non c’è sicurezza se questa non è per tutti. La domanda di sicurezza si fonda invece sulla separazione, sull’apposizione di un confine tra chi deve essere protetto e chi – in virtù di menzogna, stereotipo, o ipocrisia – deve essere tenuto sotto controllo. “Il potere è una forza che, dall’interno, crea la forma della realtà: il potere non ri-produce la realtà, ma la produce” ci ricorda Foucault. Ciò facendo, il potere stabilisce la verità. Più precisamente: esso fissa i rituali di verità, il che significa: la questione che ci riguarda (che dovrebbe riguardarci) non è quale o dove sia la verità, ma “in base a quali giochi essa si forma”.

Oggi più che mai ciò è vero e la questione è urgente. La verità non è sostanza ma solo comunicazione ed è per questo che l’appello ai termolesi, voluto dai giovani studenti, ha una straordinaria valenza perché comunica che c’è una città che fa cultura, che sa, in ultima istanza, prendersi cura dell’umanità.☺

adelellis@virgilio.it

 

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