vòre  (o delle bocche chiuse)
10 Marzo 2022
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vòre (o delle bocche chiuse)

Vòra nascosta da foglie e rami e i rami
che si sfiorano e abbracciano l’aria.
Aria sulfurea risucchiata nel limbo. Qui
le piogge riempiono la pancia profonda
e fiori bianchi nascono tra le carotidi
sui lembi fangosi e fiori gialli, coprendo stracci.
Un contadino da queste parti – mio padre –
nascondeva grano nella vecchia torbiera
sacchi di contrabbando per mercato nero.
Ed era lì Dragan quando uno ad uno
allacciati dalla stessa corda ai polsi
scaraventati al chiaro delle lune dormienti
li ha visti inermi ed erano venti, cento e quanti-
frammenti d’uomo e il tonfo della carne.
Erano vivi gli ultimi della catena- sacchi vuoti.
L’inganno delle cicale copriva il rantolo
e il giro di tamburo sulla canna da fuoco.
Eppure qualcuno risalì dall’averno.
Gli anni coprono ogni nenia ogni canto diverso
la vecchia canzone dei villani di Basovìzza.
– La congiura del silenzio –
Volano ancora falene sulla bocca incisa
e sfiorano labbra di radici che graffiano la gola.
Altri li ho visti correre tra i campi.
Lungo strade ferrate, tra i boschi.
Tra sentieri di confine. Nascondigli di betulle.
Quale nuovo confine? Dispersi o altrove.
Vòre in cammino al nuovo sole.
È ancora lì Dragan, seduto sul ciglio a capire.

 

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