i petali della margherita
18 Aprile 2010 Share

i petali della margherita

 

Avete mai provato a contare i petali di una margherita? Magari per giocare al classico “m’ama o non m’ama”? Con la matematica è possibile raggiungere lo stesso scopo salvaguardando l’integrità del fiore. Come? Sfruttando la cosiddetta “successione di Fibonacci”. Infatti, per motivi biologici legati allo sviluppo dei fiori, il numero di petali di molti di essi è un numero di Fibonacci.

La successione di Fibonacci  è una sequenza di numeri interi naturali nella quale ogni termine è pari alla somma dei due termini precedenti (assumendo il numero 1 per i primi due elementi). I termini della successione sono detti numeri di Fibonacci. Il nome deriva dal matematico Leonardo Pisano detto Fibonacci, vissuto tra il 1170 e il 1245 e considerato uno dei più importanti conoscitori di algebra e di geometria d’Europa. La prima parte del suo libro più famoso, il Liber Abaci pubblicato nel 1202, è dedicata ad una completa trattazione della numerazione decimale indo-araba, che nel giro di un secolo avrebbe soppiantato la numerazione romana adoperata comunemente in Europa in quell’epoca. Leonardo chiamava i segni arabi “figure” e il termine è rimasto anche nell’inglese moderno per il quale il termine “figure” significa appunto “cifra”. Dalla cultura matematica indo-araba, trasse anche un segno nuovo che in arabo veniva detto “sifr”, cioè “vuoto”, e poi in latino “zefiro”, cioè “soffio di vento”: lo zero. Nella seconda parte del libro vengono esposti, invece, numerosi temi matematici di natura teorica e tecnica. Il Liber Abaci contiene il seguente problema, conosciuto come “problema dei conigli”, che introduce i numeri a cui il nome di Fibonacci è ormai irrevocabilmente legato: “Un uomo mette una coppia di conigli in un luogo recintato. Quante coppie di conigli saranno generate in un anno, se si suppone che ogni mese ciascuna coppia generi una nuova coppia che richiede due mesi per generare a sua volta?”. Se supponiamo che nessun coniglio muoia e che anche la prima coppia abbia bisogno di due mesi per procreare, durante il primo mese avremo una sola coppia, e altrettanto durante il secondo. Dopodichè la prima coppia procrea e nel terzo mese avremo due coppie. Nel quarto mese la coppia più anziana, già fertile, produrrà ancora una coppia (3 coppie totali), mentre quella nata nel terzo mese non sarà ancora in grado di partorire. Giunti al quinto mese anche questa produrrà la sua prima coppia, che andrà a sommarsi a quella prodotta dai primi conigli (e siamo a 5).  Al sesto mese abbiamo le 5 coppie, ma solo 3 possono procreare perché le ultime nate sono troppo giovani e quindi in tutto avremo 8 coppie. Proseguendo il ragionamento, noteremo che la soluzione al problema si trova proprio nella successione di cui trattasi: il dodicesimo termine della successione è pari al numero di conigli presenti nel recinto dopo dodici 

mesi. Ogni nuovo numero rappresenta la somma dei due che lo precedono. I primi 20 numeri di Fibonacci sono quindi: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, 377, 610, 987, 1597, 2584, 4181, 6765; e la successione può ovviamente continuare.

Tornando ai fiori da cui siamo partiti, possiamo accorgerci, per esempio, che il giglio ha 3 petali, i ranuncoli ne hanno 5, il fiore di cicoria 21, la margherita 21 o 34. La testa dei girasoli è costituita da semi disposti su due serie ben visibili di spirali, una in senso orario e l’altra in senso antiorario; quante spirali ci sono in ogni serie? Di solito due numeri di Fibonacci consecutivi: 34 e 55 oppure 55 e 89. Possiamo notare che anche gli stami al centro di una margherita sono disposti su due famiglie di 21 e 34 spirali. Lo stesso avviene anche per le brattee delle pigne (5 o 8 spirali in un senso e 13 o 21 nell’altro) e per la corteccia dell’ananas (8 e 13).

Un altro fenomeno che ha a che fare con i numeri di Fibonacci  è quello della disposizione delle foglie lungo i rami degli alberi. Le foglie tendono ad occupare posizioni che rendono massima l’esposizione al sole e quindi un ramo produce foglie secondo degli schemi regolari: le foglie sono come “avvolte” intorno al ramo e disegnano una sorta di elica immaginaria. Nei boschi di tigli, ad esempio, le foglie si collocano da due parti opposte, corrispondenti a un mezzo giro intorno al ramo, secondo uno schema definito a “quoziente di disposizione 1/2”. Nel nocciolo, nel rovo e nel faggio, il passaggio da una foglia all’altra comporta un terzo di giro (quoziente 1/3). Il melo e l’albicocco hanno foglie ogni 2/5 di giro; il pero ed il salice ogni 3/8 di giro (occorrono 8 foglie per fare tre giri completi intorno al ramo e tornare in corrispondenza). Tutte le frazioni appena citate sono rapporti di termini alternati della successione di Fibonacci.

Il numero d’oro

Ma c’è un’altra cosa molto interessante. I rapporti tra due numeri consecutivi della successione di Fibonacci danno come risultato un numero che si avvicina sempre più al cosiddetto “numero d’oro” man mano che i numeri diventano grandi. Il numero d’oro, detto anche sezione aurea o numero di Fidia, è un numero irrazionale pari a 1,6180339887…, non esprimibile come frazione, cioè come rapporto tra due numeri razionali interi. Per essere più precisi, è il numero più irrazionale possibile, cioè il numero irrazionale peggio approssimabile dai razionali. Tale numero può essere ricavato in geometria prendendo un segmento e dividendolo in due parti, una più grande e una più piccola. Quando il rapporto tra l’intero segmento e la parte maggiore è uguale al rapporto tra la parte maggiore e la parte minore, si può dire che il segmento è stato diviso secondo il suo rapporto aureo. Tale rapporto è costante per ogni segmento che si scelga e vale il numero irrazionale appena indicato. La migliore approssimazione razionale di questo numero irrazionale sono proprio i rapporti successivi dei numeri di Fibonacci.

Questo collegamento fra successione di Fibonacci e rapporto aureo trova concretizzazione anche nelle forme a spirale, che sono abbastanza diffuse in natura. La spiegazione matematica della preferenza biologica per queste strutture spiroidali, con angoli irrazionali basati sul rapporto aureo, discende dal fatto che esse consentono di utilizzare lo spazio a disposizione nel modo più efficiente possibile (ed è proprio quello che succede ai piccoli germogli del nostro girasole).

Il legame matematico appena visto trova riscontro oltre che in molte forme naturali anche nell’arte, avendo rappresentato soprattutto nel Rinascimento un canone di bellezza cui ispirarsi per ogni composizione artistica, dall’architettura alla scultura alla pittura. Basti citare alcuni esempi: la torre di Palazzo Vecchio a Firenze non è al centro della facciata ma proprio nel punto che la divide secondo la sezione aurea; le finestre dei palazzi sul Canal Grande a Venezia sono costruite secondo rettangoli aurei, nei quali il rapporto tra i due lati è uguale proprio al rapporto aureo; l’Uomo Vitruviano di Leonardo e la Venere di Botticelli sono rappresentati con dimensioni tali da rispettare la sezione aurea, in particolare il rapporto tra altezza della figura e altezza dell’ombelico è uguale al rapporto aureo.

Lasciando alla curiosità del lettore la ricerca di altre situazioni come quelle citate, come anche di proporzioni e forme diverse anch’esse ben presenti in natura e nell’arte, ci preme richiamare l’attenzione su un aspetto molto importante. Nelle circostanze citate in questo articolo non vi è niente di misterioso o di esoterico: si tratta, “semplicemente” e “naturalmente”, dell’universo che esprime la sua bellezza attraverso il linguaggio della matematica. ☺

domenico.dicienzo@tin.it

 

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