“Sonata 32”… ho letto la sua e ascoltato quella di Beethoven.
Ho amato il suono dei tasti del pianoforte e quello delle parole del libro. “Quindici piccole storie di baci”.
Il bacio… non basterebbe cercare sul dizionario per ricordarsene il significato. Può darsi che verrà abbandonato tristemente nel cassetto delle tradizioni. Forse resterà un’immagine sbiadita, una favola sospesa. Probabilmente, ci ritroveremo tra emozioni senza gesti e senza sentimenti.
Trovo sorprendenti alcuni accostamenti di parole dell’autore Sergio Marchetta, che combaciano alla perfezione: “sapienza ostetrica dell’anima”, “schianto dell’onda”, “macellaio dei sentimenti”, “spacciano parole”, “bordo del silenzio”, “osservo il tempo”, “schegge di zucchero”, “la partenza da un ritorno”, “chiudo lo sguardo”, “tiepido coma indotto dai pensieri”, “tessitrice di parole”, “fucina di idee”, “ai figli dei miei sogni”.
E i giochi di parole, le sfumature, gli accordi, gli incroci, “si cavano gli occhi per non vedere ciò che preferiscono annusare”, “i discorsi cominciarono a diventare sorrisi, le parole presero a farsi gesti”, “ti amo perché ti ho amato”, “saremo noi lontani da noi e saremo ciascuno senza di noi”, “le promesse rese e appese al chiodo dell’attesa”, “sono il bene che fa male e fanno male così bene”, “primo bacio che sa d’amore e non sa l’amore”, “primo bacio di attese finite e fini disattesi, di presenze senza pretese”, “smettere di darsi da fare e mettersi a fare per darsi”, “baciate ad occhi aperti”.
Mentre scrivo, dal computer ascolto la melodia. Penso al buio, nonostante dalla finestra i raggi del sole invadono la mia stanza. “Non so perché il buio spinga a correre, in fondo è sciocco accelerare il passo nell’oscurità perché si aumenta solo il rischio di impattare contro chissà che cosa”. Penso alle necessità dell’uomo e alle bellezze che non vede, a quelle di cui neanche sente il profumo. Penso alla corsa contro il tempo mentre il tempo ci viene incontro, quanto è breve questa vita! Penso alla paura e al coraggio, che lui nomina e di cui io lessi recentemente che “l’uomo vive la morte come le altre cose della vita: con rassegnazione e con paura. Tu butta la rassegnazione e tieniti la paura. Così al momento giusto la trasformerai in coraggio” (“L’ultima riga delle favole”, Massimo Gramellini). Praticamente non Paura figlia di Coraggio, ma Paura generatrice di Coraggio, dichiarazione paradossalmente e decisamente sorprendente…
Penso all’uomo, figlio di Contraddizione e Determinazione.
Alle fatiche, alle scritte
su un muro, per nessuno.
Ai sogni, al vento,
al disegno del firmamento.
Alla vita, all’avventura,
ai binari della fortuna.
Lo ringrazio, mentre il pubblico applaude.☺
“Sonata 32”… ho letto la sua e ascoltato quella di Beethoven.
Ho amato il suono dei tasti del pianoforte e quello delle parole del libro. “Quindici piccole storie di baci”.
Il bacio… non basterebbe cercare sul dizionario per ricordarsene il significato. Può darsi che verrà abbandonato tristemente nel cassetto delle tradizioni. Forse resterà un’immagine sbiadita, una favola sospesa. Probabilmente, ci ritroveremo tra emozioni senza gesti e senza sentimenti.
Trovo sorprendenti alcuni accostamenti di parole dell’autore Sergio Marchetta, che combaciano alla perfezione: “sapienza ostetrica dell’anima”, “schianto dell’onda”, “macellaio dei sentimenti”, “spacciano parole”, “bordo del silenzio”, “osservo il tempo”, “schegge di zucchero”, “la partenza da un ritorno”, “chiudo lo sguardo”, “tiepido coma indotto dai pensieri”, “tessitrice di parole”, “fucina di idee”, “ai figli dei miei sogni”.
E i giochi di parole, le sfumature, gli accordi, gli incroci, “si cavano gli occhi per non vedere ciò che preferiscono annusare”, “i discorsi cominciarono a diventare sorrisi, le parole presero a farsi gesti”, “ti amo perché ti ho amato”, “saremo noi lontani da noi e saremo ciascuno senza di noi”, “le promesse rese e appese al chiodo dell’attesa”, “sono il bene che fa male e fanno male così bene”, “primo bacio che sa d’amore e non sa l’amore”, “primo bacio di attese finite e fini disattesi, di presenze senza pretese”, “smettere di darsi da fare e mettersi a fare per darsi”, “baciate ad occhi aperti”.
Mentre scrivo, dal computer ascolto la melodia. Penso al buio, nonostante dalla finestra i raggi del sole invadono la mia stanza. “Non so perché il buio spinga a correre, in fondo è sciocco accelerare il passo nell’oscurità perché si aumenta solo il rischio di impattare contro chissà che cosa”. Penso alle necessità dell’uomo e alle bellezze che non vede, a quelle di cui neanche sente il profumo. Penso alla corsa contro il tempo mentre il tempo ci viene incontro, quanto è breve questa vita! Penso alla paura e al coraggio, che lui nomina e di cui io lessi recentemente che “l’uomo vive la morte come le altre cose della vita: con rassegnazione e con paura. Tu butta la rassegnazione e tieniti la paura. Così al momento giusto la trasformerai in coraggio” (“L’ultima riga delle favole”, Massimo Gramellini). Praticamente non Paura figlia di Coraggio, ma Paura generatrice di Coraggio, dichiarazione paradossalmente e decisamente sorprendente…
Penso all’uomo, figlio di Contraddizione e Determinazione.
“Sonata 32”… ho letto la sua e ascoltato quella di Beethoven.
Ho amato il suono dei tasti del pianoforte e quello delle parole del libro. “Quindici piccole storie di baci”.
Il bacio… non basterebbe cercare sul dizionario per ricordarsene il significato. Può darsi che verrà abbandonato tristemente nel cassetto delle tradizioni. Forse resterà un’immagine sbiadita, una favola sospesa. Probabilmente, ci ritroveremo tra emozioni senza gesti e senza sentimenti.
Trovo sorprendenti alcuni accostamenti di parole dell’autore Sergio Marchetta, che combaciano alla perfezione: “sapienza ostetrica dell’anima”, “schianto dell’onda”, “macellaio dei sentimenti”, “spacciano parole”, “bordo del silenzio”, “osservo il tempo”, “schegge di zucchero”, “la partenza da un ritorno”, “chiudo lo sguardo”, “tiepido coma indotto dai pensieri”, “tessitrice di parole”, “fucina di idee”, “ai figli dei miei sogni”.
E i giochi di parole, le sfumature, gli accordi, gli incroci, “si cavano gli occhi per non vedere ciò che preferiscono annusare”, “i discorsi cominciarono a diventare sorrisi, le parole presero a farsi gesti”, “ti amo perché ti ho amato”, “saremo noi lontani da noi e saremo ciascuno senza di noi”, “le promesse rese e appese al chiodo dell’attesa”, “sono il bene che fa male e fanno male così bene”, “primo bacio che sa d’amore e non sa l’amore”, “primo bacio di attese finite e fini disattesi, di presenze senza pretese”, “smettere di darsi da fare e mettersi a fare per darsi”, “baciate ad occhi aperti”.
Mentre scrivo, dal computer ascolto la melodia. Penso al buio, nonostante dalla finestra i raggi del sole invadono la mia stanza. “Non so perché il buio spinga a correre, in fondo è sciocco accelerare il passo nell’oscurità perché si aumenta solo il rischio di impattare contro chissà che cosa”. Penso alle necessità dell’uomo e alle bellezze che non vede, a quelle di cui neanche sente il profumo. Penso alla corsa contro il tempo mentre il tempo ci viene incontro, quanto è breve questa vita! Penso alla paura e al coraggio, che lui nomina e di cui io lessi recentemente che “l’uomo vive la morte come le altre cose della vita: con rassegnazione e con paura. Tu butta la rassegnazione e tieniti la paura. Così al momento giusto la trasformerai in coraggio” (“L’ultima riga delle favole”, Massimo Gramellini). Praticamente non Paura figlia di Coraggio, ma Paura generatrice di Coraggio, dichiarazione paradossalmente e decisamente sorprendente…
Penso all’uomo, figlio di Contraddizione e Determinazione.
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