In questi giorni di inizio giugno ritornano a fare rumore le notizie di atti violenti contro i rom o altri immigrati, atti dettati dalla paura per una convivenza che non è mai stata costruita e, oggi, viene gestita solo nella pura repressione.
Ad esempio (da un articolo su “la repubblica” del 3 giugno) a Mestre la struttura, finanziata dal Comune con 2.800.000 euro è destinata a una comunità di Sinti, da anni residente nell'area Mestre; questa struttura è stata assediata da un gruppo di leghisti. Le motivazioni della protesta sono state espresse dal capogruppo in consiglio comunale della Lega nord, Alberto Mazzonetto che spiega così il blitz: “Il sindaco di Venezia, Cacciari, tradisce le aspettative dei veneziani. I finanziamenti per il campo nomadi dovevano andare ai cittadini per la realizzazione di case popolari”.
Da parte sua il sindaco ha spiegato che la protesta è solo strumentale dato che “la decisione di istituire il campo risale addirittura al 1997; è stata approvata da tutti i consigli comunali possibili, e la richiesta di sospensiva è stata rigettata dal Tar”. Il sindaco sottolinea peraltro che le persone che si insedieranno nel campo “sono cittadini veneziani a tutti gli effetti, di seconda e terza generazione, esattamente come parte di coloro che stanno manifestando. I loro figli vanno a scuola da anni, i genitori lavorano, regolarmente, nella raccolta del ferro. Ripeto, è una protesta totalmente strumentale”.
Alcuni titoli dei giornali, anche stranieri, pongono la questione se il nostro paese non stia diventando xenofobo dopo le violenze contro il campo nomadi a Napoli-Ponticelli e dopo le violenze con diversi cittadini italiani di origine extracomunitaria. Forse è vero che il non paese, come molti hanno dichiarato, non è un paese di razzisti, ma non bisogna sottovalutare, io credo, le forze e la cultura che, oggi, generano tanti episodi di violenza contro gli immigrati. Basti ricordare che nel famoso “pacchetto sicurezza” del ministero degli interni al primo posto non è stato messo il problema della violenza camorrista o mafiosa, ma quello degli immigrati clandestini. Il clandestino è un delinquente!
Da parte mia, quale pastore di comunità valdesi in Molise, posso solo presentare alcune riflessioni affinché sia possibile trovare fra tutti coloro che sono operatori di pace, un comune intento per costruire un’altra cultura: quella impostata sul diritto e sulla legalità.
Mi torna in mente un episodio evangelico nel quale si ricorda una certa manifestazione di intolleranza e di violenza da parte dei discepoli contro i samaritani. Deve essere ricordato che tra gli ebrei del tempo di Gesù e gli abitanti di Samaria non correva buon sangue, anzi vi era una continua lotta reciproca. Ebbene, nel vangelo di Luca (9,54) si racconta che Gesù, con i discepoli, stavano andando a Gerusalemme provenendo dal nord della Palestina. Nell’attraversare un villaggio di samaritani non trovarono ospitalità perché erano diretti a Gerusalemme. Allora cosa accade? Dice il testo: “Veduto ciò, i suoi discepoli Giacomo e Giovanni dissero:< Signore, vuoi che diciamo che un fuoco scenda dal cielo e li consumi?>”. I discepoli citano l’episodio del profeta Elia che fece scendere fuoco dal cielo per consumare ben due gruppi di ambasciatori, con 50 uomini ciascuno, quale segno di condanna di Dio su questi nemici. Contro la “razza” dei samaritani così inospitali, scenda dunque il fuoco della punizione di Dio! Ma Gesù fermò l’ira dei discepoli ricordando qualcosa che è al di sopra di ogni conflitti umano: “… Voi non sapete di quale spirito siete animati. Poiché il Figlio dell’uomo è venuto, non per perdere le anime degli uomini, ma per salvarle. …”
Per Gesù non si tratta di accettare la violenza altrui o di rispondere con un’altra violenza, ma di porre davanti al proprio cammino il compito della salvezza per i molti.
I cristiani, dunque, sappiano oggi agire come il loro Signore, costruendo segni viventi di salvezza, di giustizia e di riconciliazione. ☺
g.anziani@libero.it
In questi giorni di inizio giugno ritornano a fare rumore le notizie di atti violenti contro i rom o altri immigrati, atti dettati dalla paura per una convivenza che non è mai stata costruita e, oggi, viene gestita solo nella pura repressione.
Ad esempio (da un articolo su “la repubblica” del 3 giugno) a Mestre la struttura, finanziata dal Comune con 2.800.000 euro è destinata a una comunità di Sinti, da anni residente nell'area Mestre; questa struttura è stata assediata da un gruppo di leghisti. Le motivazioni della protesta sono state espresse dal capogruppo in consiglio comunale della Lega nord, Alberto Mazzonetto che spiega così il blitz: “Il sindaco di Venezia, Cacciari, tradisce le aspettative dei veneziani. I finanziamenti per il campo nomadi dovevano andare ai cittadini per la realizzazione di case popolari”.
Da parte sua il sindaco ha spiegato che la protesta è solo strumentale dato che “la decisione di istituire il campo risale addirittura al 1997; è stata approvata da tutti i consigli comunali possibili, e la richiesta di sospensiva è stata rigettata dal Tar”. Il sindaco sottolinea peraltro che le persone che si insedieranno nel campo “sono cittadini veneziani a tutti gli effetti, di seconda e terza generazione, esattamente come parte di coloro che stanno manifestando. I loro figli vanno a scuola da anni, i genitori lavorano, regolarmente, nella raccolta del ferro. Ripeto, è una protesta totalmente strumentale”.
Alcuni titoli dei giornali, anche stranieri, pongono la questione se il nostro paese non stia diventando xenofobo dopo le violenze contro il campo nomadi a Napoli-Ponticelli e dopo le violenze con diversi cittadini italiani di origine extracomunitaria. Forse è vero che il non paese, come molti hanno dichiarato, non è un paese di razzisti, ma non bisogna sottovalutare, io credo, le forze e la cultura che, oggi, generano tanti episodi di violenza contro gli immigrati. Basti ricordare che nel famoso “pacchetto sicurezza” del ministero degli interni al primo posto non è stato messo il problema della violenza camorrista o mafiosa, ma quello degli immigrati clandestini. Il clandestino è un delinquente!
Da parte mia, quale pastore di comunità valdesi in Molise, posso solo presentare alcune riflessioni affinché sia possibile trovare fra tutti coloro che sono operatori di pace, un comune intento per costruire un’altra cultura: quella impostata sul diritto e sulla legalità.
Mi torna in mente un episodio evangelico nel quale si ricorda una certa manifestazione di intolleranza e di violenza da parte dei discepoli contro i samaritani. Deve essere ricordato che tra gli ebrei del tempo di Gesù e gli abitanti di Samaria non correva buon sangue, anzi vi era una continua lotta reciproca. Ebbene, nel vangelo di Luca (9,54) si racconta che Gesù, con i discepoli, stavano andando a Gerusalemme provenendo dal nord della Palestina. Nell’attraversare un villaggio di samaritani non trovarono ospitalità perché erano diretti a Gerusalemme. Allora cosa accade? Dice il testo: “Veduto ciò, i suoi discepoli Giacomo e Giovanni dissero:< Signore, vuoi che diciamo che un fuoco scenda dal cielo e li consumi?>”. I discepoli citano l’episodio del profeta Elia che fece scendere fuoco dal cielo per consumare ben due gruppi di ambasciatori, con 50 uomini ciascuno, quale segno di condanna di Dio su questi nemici. Contro la “razza” dei samaritani così inospitali, scenda dunque il fuoco della punizione di Dio! Ma Gesù fermò l’ira dei discepoli ricordando qualcosa che è al di sopra di ogni conflitti umano: “… Voi non sapete di quale spirito siete animati. Poiché il Figlio dell’uomo è venuto, non per perdere le anime degli uomini, ma per salvarle. …”
Per Gesù non si tratta di accettare la violenza altrui o di rispondere con un’altra violenza, ma di porre davanti al proprio cammino il compito della salvezza per i molti.
I cristiani, dunque, sappiano oggi agire come il loro Signore, costruendo segni viventi di salvezza, di giustizia e di riconciliazione. ☺
In questi giorni di inizio giugno ritornano a fare rumore le notizie di atti violenti contro i rom o altri immigrati, atti dettati dalla paura per una convivenza che non è mai stata costruita e, oggi, viene gestita solo nella pura repressione.
Ad esempio (da un articolo su “la repubblica” del 3 giugno) a Mestre la struttura, finanziata dal Comune con 2.800.000 euro è destinata a una comunità di Sinti, da anni residente nell'area Mestre; questa struttura è stata assediata da un gruppo di leghisti. Le motivazioni della protesta sono state espresse dal capogruppo in consiglio comunale della Lega nord, Alberto Mazzonetto che spiega così il blitz: “Il sindaco di Venezia, Cacciari, tradisce le aspettative dei veneziani. I finanziamenti per il campo nomadi dovevano andare ai cittadini per la realizzazione di case popolari”.
Da parte sua il sindaco ha spiegato che la protesta è solo strumentale dato che “la decisione di istituire il campo risale addirittura al 1997; è stata approvata da tutti i consigli comunali possibili, e la richiesta di sospensiva è stata rigettata dal Tar”. Il sindaco sottolinea peraltro che le persone che si insedieranno nel campo “sono cittadini veneziani a tutti gli effetti, di seconda e terza generazione, esattamente come parte di coloro che stanno manifestando. I loro figli vanno a scuola da anni, i genitori lavorano, regolarmente, nella raccolta del ferro. Ripeto, è una protesta totalmente strumentale”.
Alcuni titoli dei giornali, anche stranieri, pongono la questione se il nostro paese non stia diventando xenofobo dopo le violenze contro il campo nomadi a Napoli-Ponticelli e dopo le violenze con diversi cittadini italiani di origine extracomunitaria. Forse è vero che il non paese, come molti hanno dichiarato, non è un paese di razzisti, ma non bisogna sottovalutare, io credo, le forze e la cultura che, oggi, generano tanti episodi di violenza contro gli immigrati. Basti ricordare che nel famoso “pacchetto sicurezza” del ministero degli interni al primo posto non è stato messo il problema della violenza camorrista o mafiosa, ma quello degli immigrati clandestini. Il clandestino è un delinquente!
Da parte mia, quale pastore di comunità valdesi in Molise, posso solo presentare alcune riflessioni affinché sia possibile trovare fra tutti coloro che sono operatori di pace, un comune intento per costruire un’altra cultura: quella impostata sul diritto e sulla legalità.
Mi torna in mente un episodio evangelico nel quale si ricorda una certa manifestazione di intolleranza e di violenza da parte dei discepoli contro i samaritani. Deve essere ricordato che tra gli ebrei del tempo di Gesù e gli abitanti di Samaria non correva buon sangue, anzi vi era una continua lotta reciproca. Ebbene, nel vangelo di Luca (9,54) si racconta che Gesù, con i discepoli, stavano andando a Gerusalemme provenendo dal nord della Palestina. Nell’attraversare un villaggio di samaritani non trovarono ospitalità perché erano diretti a Gerusalemme. Allora cosa accade? Dice il testo: “Veduto ciò, i suoi discepoli Giacomo e Giovanni dissero:< Signore, vuoi che diciamo che un fuoco scenda dal cielo e li consumi?>”. I discepoli citano l’episodio del profeta Elia che fece scendere fuoco dal cielo per consumare ben due gruppi di ambasciatori, con 50 uomini ciascuno, quale segno di condanna di Dio su questi nemici. Contro la “razza” dei samaritani così inospitali, scenda dunque il fuoco della punizione di Dio! Ma Gesù fermò l’ira dei discepoli ricordando qualcosa che è al di sopra di ogni conflitti umano: “… Voi non sapete di quale spirito siete animati. Poiché il Figlio dell’uomo è venuto, non per perdere le anime degli uomini, ma per salvarle. …”
Per Gesù non si tratta di accettare la violenza altrui o di rispondere con un’altra violenza, ma di porre davanti al proprio cammino il compito della salvezza per i molti.
I cristiani, dunque, sappiano oggi agire come il loro Signore, costruendo segni viventi di salvezza, di giustizia e di riconciliazione. ☺
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