Giorni orsono ascoltavo la notizia al telegiornale serale di un’aggressione a un giovane cinese a Roma. Non è la prima e purtroppo non sarà l’ultima aggressione. Un commentatore ha detto che questi fatti non sono segni di razzismo. L’Italia è sana culturalmente e non vi può nascere la pianta del razzismo. Intanto continuano a picchiare il diverso sia omosessuale o africano o cinese o altro. Intanto vi è l’ultima moda delle suonerie per i cellulari in Alto Adige ove si sente la voce di un predicatore islamico interrotta da due spari e la polka tirolese trionfante.
È stato così anche in altri tempi, quelli che hanno preceduto il delitto di Giacomo Matteotti, le leggi razziali del 1938, i campi di sterminio e la shoa. Si picchiavano i socialisti e si bruciavano le sinagoghe, ma tutti dicevano che erano atti violenti mentre presto sarebbe tornata la pace. Intanto era uccisa la giustizia, la libertà e la democrazia. Intanto si rompevano gli accordi di pace e si preparava la più grande macchina da guerra pensabile.
Oggi non è possibile tacere.
La nostra voce deve essere alta e forte. Non vi è solo violenza nelle nostre città, ma vi è la cultura del disprezzo, dell’arroganza e serpeggia il razzismo mascherato da bullismo o teppismo.
La nostra voce deve essere chiara e capace di formare una nuova cultura. Non solo denuncia, ma anche inizio di un nuovo cammino sul quale far crescere la giustizia, la verità, la libertà e la fraternità.
La nostra voce deve essere gioiosa e ricca di amore. Non solo manifestazioni, ma costruzione di una società ove la diversità diviene forza di civiltà per un futuro di pace; ove il diverso, nella complessità dell’incontro con noi, trovi le ragioni della cittadinanza per far trionfare la giustizia.
Chi oggi vuole parlare?
Troppo tempo è già passato. Molti hanno lasciato, nello spazio vuoto della vita nelle nostre città, libertà ai molti che costruiscono ogni giorno l’ideologia della paura verso il diverso; che educano i loro figli all’esaltazione delle proprie identità; che fanno crescere nel cuore e nella mente di molti l’urgenza di una nuova opera di liberazione dallo “straniero”.
Chi oggi è disposto a non più tacere?
Saranno in grado i cristiani di accettare questa sfida perché sono stati chiamati a libertà dal loro Signore, che è Principe della pace?
Saranno disposte le chiese a perdere i loro privilegi per essere povere nel dare tutto quanto è frutto del loro egoismo?
Saremo disposti noi a lasciarci coinvolgere dalla piaga del razzismo e della violenza, dell’intolleranza e dell’esclusione per costruire giustizia e libertà?
Le risposte non devono arrivare a questo foglio, ma avranno la loro forza nelle scelte che ognuno di noi saprà fare, con umiltà e con perseveranza ricordando che Cristo ci ha fatti liberi non per divorarci gli uni gli altri, ma per amarci donando noi stessi agli altri come Cristo ha amato noi. ☺
g.anziani@libero.it
Giorni orsono ascoltavo la notizia al telegiornale serale di un’aggressione a un giovane cinese a Roma. Non è la prima e purtroppo non sarà l’ultima aggressione. Un commentatore ha detto che questi fatti non sono segni di razzismo. L’Italia è sana culturalmente e non vi può nascere la pianta del razzismo. Intanto continuano a picchiare il diverso sia omosessuale o africano o cinese o altro. Intanto vi è l’ultima moda delle suonerie per i cellulari in Alto Adige ove si sente la voce di un predicatore islamico interrotta da due spari e la polka tirolese trionfante.
È stato così anche in altri tempi, quelli che hanno preceduto il delitto di Giacomo Matteotti, le leggi razziali del 1938, i campi di sterminio e la shoa. Si picchiavano i socialisti e si bruciavano le sinagoghe, ma tutti dicevano che erano atti violenti mentre presto sarebbe tornata la pace. Intanto era uccisa la giustizia, la libertà e la democrazia. Intanto si rompevano gli accordi di pace e si preparava la più grande macchina da guerra pensabile.
Oggi non è possibile tacere.
La nostra voce deve essere alta e forte. Non vi è solo violenza nelle nostre città, ma vi è la cultura del disprezzo, dell’arroganza e serpeggia il razzismo mascherato da bullismo o teppismo.
La nostra voce deve essere chiara e capace di formare una nuova cultura. Non solo denuncia, ma anche inizio di un nuovo cammino sul quale far crescere la giustizia, la verità, la libertà e la fraternità.
La nostra voce deve essere gioiosa e ricca di amore. Non solo manifestazioni, ma costruzione di una società ove la diversità diviene forza di civiltà per un futuro di pace; ove il diverso, nella complessità dell’incontro con noi, trovi le ragioni della cittadinanza per far trionfare la giustizia.
Chi oggi vuole parlare?
Troppo tempo è già passato. Molti hanno lasciato, nello spazio vuoto della vita nelle nostre città, libertà ai molti che costruiscono ogni giorno l’ideologia della paura verso il diverso; che educano i loro figli all’esaltazione delle proprie identità; che fanno crescere nel cuore e nella mente di molti l’urgenza di una nuova opera di liberazione dallo “straniero”.
Chi oggi è disposto a non più tacere?
Saranno in grado i cristiani di accettare questa sfida perché sono stati chiamati a libertà dal loro Signore, che è Principe della pace?
Saranno disposte le chiese a perdere i loro privilegi per essere povere nel dare tutto quanto è frutto del loro egoismo?
Saremo disposti noi a lasciarci coinvolgere dalla piaga del razzismo e della violenza, dell’intolleranza e dell’esclusione per costruire giustizia e libertà?
Le risposte non devono arrivare a questo foglio, ma avranno la loro forza nelle scelte che ognuno di noi saprà fare, con umiltà e con perseveranza ricordando che Cristo ci ha fatti liberi non per divorarci gli uni gli altri, ma per amarci donando noi stessi agli altri come Cristo ha amato noi. ☺
Giorni orsono ascoltavo la notizia al telegiornale serale di un’aggressione a un giovane cinese a Roma. Non è la prima e purtroppo non sarà l’ultima aggressione. Un commentatore ha detto che questi fatti non sono segni di razzismo. L’Italia è sana culturalmente e non vi può nascere la pianta del razzismo. Intanto continuano a picchiare il diverso sia omosessuale o africano o cinese o altro. Intanto vi è l’ultima moda delle suonerie per i cellulari in Alto Adige ove si sente la voce di un predicatore islamico interrotta da due spari e la polka tirolese trionfante.
È stato così anche in altri tempi, quelli che hanno preceduto il delitto di Giacomo Matteotti, le leggi razziali del 1938, i campi di sterminio e la shoa. Si picchiavano i socialisti e si bruciavano le sinagoghe, ma tutti dicevano che erano atti violenti mentre presto sarebbe tornata la pace. Intanto era uccisa la giustizia, la libertà e la democrazia. Intanto si rompevano gli accordi di pace e si preparava la più grande macchina da guerra pensabile.
Oggi non è possibile tacere.
La nostra voce deve essere alta e forte. Non vi è solo violenza nelle nostre città, ma vi è la cultura del disprezzo, dell’arroganza e serpeggia il razzismo mascherato da bullismo o teppismo.
La nostra voce deve essere chiara e capace di formare una nuova cultura. Non solo denuncia, ma anche inizio di un nuovo cammino sul quale far crescere la giustizia, la verità, la libertà e la fraternità.
La nostra voce deve essere gioiosa e ricca di amore. Non solo manifestazioni, ma costruzione di una società ove la diversità diviene forza di civiltà per un futuro di pace; ove il diverso, nella complessità dell’incontro con noi, trovi le ragioni della cittadinanza per far trionfare la giustizia.
Chi oggi vuole parlare?
Troppo tempo è già passato. Molti hanno lasciato, nello spazio vuoto della vita nelle nostre città, libertà ai molti che costruiscono ogni giorno l’ideologia della paura verso il diverso; che educano i loro figli all’esaltazione delle proprie identità; che fanno crescere nel cuore e nella mente di molti l’urgenza di una nuova opera di liberazione dallo “straniero”.
Chi oggi è disposto a non più tacere?
Saranno in grado i cristiani di accettare questa sfida perché sono stati chiamati a libertà dal loro Signore, che è Principe della pace?
Saranno disposte le chiese a perdere i loro privilegi per essere povere nel dare tutto quanto è frutto del loro egoismo?
Saremo disposti noi a lasciarci coinvolgere dalla piaga del razzismo e della violenza, dell’intolleranza e dell’esclusione per costruire giustizia e libertà?
Le risposte non devono arrivare a questo foglio, ma avranno la loro forza nelle scelte che ognuno di noi saprà fare, con umiltà e con perseveranza ricordando che Cristo ci ha fatti liberi non per divorarci gli uni gli altri, ma per amarci donando noi stessi agli altri come Cristo ha amato noi. ☺
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