“Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza” (Karl Popper, filosofo); “Chi possiede tutti i mezzi stabilisce tutti i fini” (F. Von Hayek, Premio Nobel per l’economia); “Con la televisione termina l’esperienza del dialogo” (H. G. Gadamer, filosofo).
La scelta delle tre sintetiche ma icastiche affermazioni è il tentativo personale di risposta ad una teoria e una pratica oggi ormai consolidate: il rifiuto del confronto dialettico con le verità plurali esistenti, palpabile sia a livello individuale che sociale, la negazione dei diritti a favore di tutti, l’accusa violenta rivolta persino nei confronti dei magistrati che hanno come preciso compito istituzionale il dovere di custodire il Diritto.
Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza.
Viene da chiedersi se la libertà, intesa soprattutto come affermazione delle proprie opinioni, sia oggi, se non in pericolo, seriamente osteggiata da un sistema che solo di facciata conserva l’assetto democratico.
Come mai ciò è potuto accadere, soprattutto dopo l’esperienza di una storia che ci ha visti uscire da un processo di liberazione in cui chi ci ha preceduto ha dato prova di tenace attaccamento alla cosa pubblica, e a se stesso? Come mai ci stiamo abituando ad abdicare ad ogni diritto? Nuovamente ci lasciamo affascinare da qualche rimbombante e vuota parola?
Chi possiede tutti i mezzi stabilisce tutti i fini.
Il secolo appena trascorso ha insegnato come i sistemi totalitari abbiano suggestionato le masse grazie al controllo sistematico della cultura e dei mezzi di informazione. In un paese libero gli editori nascono per il piacere di fare il loro mestiere; purtroppo oggi i padroni dei giornali hanno interessi meramente commerciali. Il problema dell’informazione, quindi, è diventato vitale e può apparire “discorso logoro” quello che ripetiamo, ma è impensabile che un solo cittadino controlli la quasi totalità dell’informazione di un paese.
Con la televisione termina l’esperienza del dialogo.
Si fa politica oggi proponendo in prevalenza un unico modello di società, quello dato in pasto dai programmi televisivi nei reality show e nelle fiction, congegnati per trasmettere essenzialmente un solo messaggio: l’esaltazione dell’iperconsumi- smo orientato alla ricerca sfrenata di beni non commisurati ad effettivi bisogni.
Se queste considerazioni non hanno solleticato a sufficienza la nostra riflessione, aggiungo poche righe tratte da 1984 (Nineteen-eightyfour), “profetico” romanzo di un narratore inglese del secolo scorso, George Orwell. L’autore prefigurava la sorte degli uomini in uno stato totalitario del prossimo futuro, laddove 1984 non era che un anagramma dell’anno in cui il libro fu concepito, il 1948.
Risaltano, nella lettura del romanzo, lo squallore della vita quotidiana del protagonista, sottoposto come tutti gli altri al controllo e al dominio di uno schermo televisivo onnipresente, che non può mai essere spento e che trasmette in continuazione programmi di propaganda e di indottrinamento.
“Il Grande Fratello vi guarda!”: l’occhio del Sistema spia le persone fin nell’interno delle proprie case, esercitando un dominio sul pensiero e sui sentimenti, ristrutturando e prevenendo la creazione di idee “sovversive”. È ancora il “Sistema” ad alimentare, inoltre, il doppio pensiero, l’abilità di accettare simultaneamente fatti contraddittori e di abituare la mente a non registrarne la differenza.
Gli slogan ricorrenti? La pace è guerra; l’ignoranza è forza; la libertà è schiavitù.
Ma non finisce qui. Una burocrazia ligia al potere provvede alla “riscrittura di tutti i libri” per abolire la storia e il passato, considerati pericolosi strumenti attraverso cui i singoli individui possono ricostruire la propria identità e istituire confronti con le precedenti forme di governo. Non c’è valore che non venga sacrificato al raggiungimento del potere.
Esplicita metafora della cancellazione della memoria collettiva è il fantomatico Ministero della Verità: ad esso è riservato il compito di scrivere tutto ogni giorno, perché ogni cosa risulti sempre corrispondente, adeguata in ogni sillaba a ciò che viene detto nel momento stesso in cui si riscrive, in cui si “rettifica”. I documenti, i libri, le copie arretrate dei giornali, gli archivi saranno sempre impeccabili, sterilizzati.
“C’erano gli enormi magazzini per la stampa, coi loro redattori, i tipografi e gli studi provvisti dell’adeguato equipaggiamento per la falsificazione delle fotografie. … C’erano i vasti depositi dove venivano preservate le copie dei documenti corretti, e i forni celati dove venivano distrutti i documenti originali. E in qualche posto, del tutto sconosciuti, ci dovevano pur essere i cervelli che dirigevano tutta la baracca, che coordinavano il lavoro generale e decidevano la linea politica secondo la quale si rendeva necessario che il tal frammento del passato si conservasse, il tal altro si falsificasse, e il tal altro infine fosse cancellato dall’esistenza”. ☺
annama.mastropietro@tiscali.it
“Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza” (Karl Popper, filosofo); “Chi possiede tutti i mezzi stabilisce tutti i fini” (F. Von Hayek, Premio Nobel per l’economia); “Con la televisione termina l’esperienza del dialogo” (H. G. Gadamer, filosofo).
La scelta delle tre sintetiche ma icastiche affermazioni è il tentativo personale di risposta ad una teoria e una pratica oggi ormai consolidate: il rifiuto del confronto dialettico con le verità plurali esistenti, palpabile sia a livello individuale che sociale, la negazione dei diritti a favore di tutti, l’accusa violenta rivolta persino nei confronti dei magistrati che hanno come preciso compito istituzionale il dovere di custodire il Diritto.
Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza.
Viene da chiedersi se la libertà, intesa soprattutto come affermazione delle proprie opinioni, sia oggi, se non in pericolo, seriamente osteggiata da un sistema che solo di facciata conserva l’assetto democratico.
Come mai ciò è potuto accadere, soprattutto dopo l’esperienza di una storia che ci ha visti uscire da un processo di liberazione in cui chi ci ha preceduto ha dato prova di tenace attaccamento alla cosa pubblica, e a se stesso? Come mai ci stiamo abituando ad abdicare ad ogni diritto? Nuovamente ci lasciamo affascinare da qualche rimbombante e vuota parola?
Chi possiede tutti i mezzi stabilisce tutti i fini.
Il secolo appena trascorso ha insegnato come i sistemi totalitari abbiano suggestionato le masse grazie al controllo sistematico della cultura e dei mezzi di informazione. In un paese libero gli editori nascono per il piacere di fare il loro mestiere; purtroppo oggi i padroni dei giornali hanno interessi meramente commerciali. Il problema dell’informazione, quindi, è diventato vitale e può apparire “discorso logoro” quello che ripetiamo, ma è impensabile che un solo cittadino controlli la quasi totalità dell’informazione di un paese.
Con la televisione termina l’esperienza del dialogo.
Si fa politica oggi proponendo in prevalenza un unico modello di società, quello dato in pasto dai programmi televisivi nei reality show e nelle fiction, congegnati per trasmettere essenzialmente un solo messaggio: l’esaltazione dell’iperconsumi- smo orientato alla ricerca sfrenata di beni non commisurati ad effettivi bisogni.
Se queste considerazioni non hanno solleticato a sufficienza la nostra riflessione, aggiungo poche righe tratte da 1984 (Nineteen-eightyfour), “profetico” romanzo di un narratore inglese del secolo scorso, George Orwell. L’autore prefigurava la sorte degli uomini in uno stato totalitario del prossimo futuro, laddove 1984 non era che un anagramma dell’anno in cui il libro fu concepito, il 1948.
Risaltano, nella lettura del romanzo, lo squallore della vita quotidiana del protagonista, sottoposto come tutti gli altri al controllo e al dominio di uno schermo televisivo onnipresente, che non può mai essere spento e che trasmette in continuazione programmi di propaganda e di indottrinamento.
“Il Grande Fratello vi guarda!”: l’occhio del Sistema spia le persone fin nell’interno delle proprie case, esercitando un dominio sul pensiero e sui sentimenti, ristrutturando e prevenendo la creazione di idee “sovversive”. È ancora il “Sistema” ad alimentare, inoltre, il doppio pensiero, l’abilità di accettare simultaneamente fatti contraddittori e di abituare la mente a non registrarne la differenza.
Gli slogan ricorrenti? La pace è guerra; l’ignoranza è forza; la libertà è schiavitù.
Ma non finisce qui. Una burocrazia ligia al potere provvede alla “riscrittura di tutti i libri” per abolire la storia e il passato, considerati pericolosi strumenti attraverso cui i singoli individui possono ricostruire la propria identità e istituire confronti con le precedenti forme di governo. Non c’è valore che non venga sacrificato al raggiungimento del potere.
Esplicita metafora della cancellazione della memoria collettiva è il fantomatico Ministero della Verità: ad esso è riservato il compito di scrivere tutto ogni giorno, perché ogni cosa risulti sempre corrispondente, adeguata in ogni sillaba a ciò che viene detto nel momento stesso in cui si riscrive, in cui si “rettifica”. I documenti, i libri, le copie arretrate dei giornali, gli archivi saranno sempre impeccabili, sterilizzati.
“C’erano gli enormi magazzini per la stampa, coi loro redattori, i tipografi e gli studi provvisti dell’adeguato equipaggiamento per la falsificazione delle fotografie. … C’erano i vasti depositi dove venivano preservate le copie dei documenti corretti, e i forni celati dove venivano distrutti i documenti originali. E in qualche posto, del tutto sconosciuti, ci dovevano pur essere i cervelli che dirigevano tutta la baracca, che coordinavano il lavoro generale e decidevano la linea politica secondo la quale si rendeva necessario che il tal frammento del passato si conservasse, il tal altro si falsificasse, e il tal altro infine fosse cancellato dall’esistenza”. ☺
“Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza” (Karl Popper, filosofo); “Chi possiede tutti i mezzi stabilisce tutti i fini” (F. Von Hayek, Premio Nobel per l’economia); “Con la televisione termina l’esperienza del dialogo” (H. G. Gadamer, filosofo).
La scelta delle tre sintetiche ma icastiche affermazioni è il tentativo personale di risposta ad una teoria e una pratica oggi ormai consolidate: il rifiuto del confronto dialettico con le verità plurali esistenti, palpabile sia a livello individuale che sociale, la negazione dei diritti a favore di tutti, l’accusa violenta rivolta persino nei confronti dei magistrati che hanno come preciso compito istituzionale il dovere di custodire il Diritto.
Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza.
Viene da chiedersi se la libertà, intesa soprattutto come affermazione delle proprie opinioni, sia oggi, se non in pericolo, seriamente osteggiata da un sistema che solo di facciata conserva l’assetto democratico.
Come mai ciò è potuto accadere, soprattutto dopo l’esperienza di una storia che ci ha visti uscire da un processo di liberazione in cui chi ci ha preceduto ha dato prova di tenace attaccamento alla cosa pubblica, e a se stesso? Come mai ci stiamo abituando ad abdicare ad ogni diritto? Nuovamente ci lasciamo affascinare da qualche rimbombante e vuota parola?
Chi possiede tutti i mezzi stabilisce tutti i fini.
Il secolo appena trascorso ha insegnato come i sistemi totalitari abbiano suggestionato le masse grazie al controllo sistematico della cultura e dei mezzi di informazione. In un paese libero gli editori nascono per il piacere di fare il loro mestiere; purtroppo oggi i padroni dei giornali hanno interessi meramente commerciali. Il problema dell’informazione, quindi, è diventato vitale e può apparire “discorso logoro” quello che ripetiamo, ma è impensabile che un solo cittadino controlli la quasi totalità dell’informazione di un paese.
Con la televisione termina l’esperienza del dialogo.
Si fa politica oggi proponendo in prevalenza un unico modello di società, quello dato in pasto dai programmi televisivi nei reality show e nelle fiction, congegnati per trasmettere essenzialmente un solo messaggio: l’esaltazione dell’iperconsumi- smo orientato alla ricerca sfrenata di beni non commisurati ad effettivi bisogni.
Se queste considerazioni non hanno solleticato a sufficienza la nostra riflessione, aggiungo poche righe tratte da 1984 (Nineteen-eightyfour), “profetico” romanzo di un narratore inglese del secolo scorso, George Orwell. L’autore prefigurava la sorte degli uomini in uno stato totalitario del prossimo futuro, laddove 1984 non era che un anagramma dell’anno in cui il libro fu concepito, il 1948.
Risaltano, nella lettura del romanzo, lo squallore della vita quotidiana del protagonista, sottoposto come tutti gli altri al controllo e al dominio di uno schermo televisivo onnipresente, che non può mai essere spento e che trasmette in continuazione programmi di propaganda e di indottrinamento.
“Il Grande Fratello vi guarda!”: l’occhio del Sistema spia le persone fin nell’interno delle proprie case, esercitando un dominio sul pensiero e sui sentimenti, ristrutturando e prevenendo la creazione di idee “sovversive”. È ancora il “Sistema” ad alimentare, inoltre, il doppio pensiero, l’abilità di accettare simultaneamente fatti contraddittori e di abituare la mente a non registrarne la differenza.
Gli slogan ricorrenti? La pace è guerra; l’ignoranza è forza; la libertà è schiavitù.
Ma non finisce qui. Una burocrazia ligia al potere provvede alla “riscrittura di tutti i libri” per abolire la storia e il passato, considerati pericolosi strumenti attraverso cui i singoli individui possono ricostruire la propria identità e istituire confronti con le precedenti forme di governo. Non c’è valore che non venga sacrificato al raggiungimento del potere.
Esplicita metafora della cancellazione della memoria collettiva è il fantomatico Ministero della Verità: ad esso è riservato il compito di scrivere tutto ogni giorno, perché ogni cosa risulti sempre corrispondente, adeguata in ogni sillaba a ciò che viene detto nel momento stesso in cui si riscrive, in cui si “rettifica”. I documenti, i libri, le copie arretrate dei giornali, gli archivi saranno sempre impeccabili, sterilizzati.
“C’erano gli enormi magazzini per la stampa, coi loro redattori, i tipografi e gli studi provvisti dell’adeguato equipaggiamento per la falsificazione delle fotografie. … C’erano i vasti depositi dove venivano preservate le copie dei documenti corretti, e i forni celati dove venivano distrutti i documenti originali. E in qualche posto, del tutto sconosciuti, ci dovevano pur essere i cervelli che dirigevano tutta la baracca, che coordinavano il lavoro generale e decidevano la linea politica secondo la quale si rendeva necessario che il tal frammento del passato si conservasse, il tal altro si falsificasse, e il tal altro infine fosse cancellato dall’esistenza”. ☺
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.