A che punto è la questione della gestione dei Servizi Idrici Intergrati (SII) del Molise? Il 31 dicembre 2010 è prossimo. Le norme europee, recepite dal recente Decreto Ronchi, che ha imposto di mettere sul mercato i Servizi idrici di tutta Italia cancellando le forme di gestione pubblica (qualora fosse necessaria per le particolari caratteristiche di un territorio), deve avere l’approvazione dal “Garante della concorrenza”: l’unico da salvaguardare è solo e sempre il mercato con i suoi interessi. Entro il 31.12.2011, anche le 64 ATO (Autorità D’Ambito) virtuose che hanno scelto la gestione pubblica dovranno cedere il 40% delle società gestionali sul mercato. Quali i problemi?
Un problema culturale: il concetto di bene comune è di natura etico-sociale, non esiste attualmente nella legislazione un concetto giuridico di bene comune; esiste la distinzione tra beni privati (e relativo diritto privato) e beni pubblici (e relativo diritto pubblico) in quanto dello Stato, delle Province, dei Comuni. Un solo esempio per capirci: vi sono scuole private, statali, provinciali e comunali; sono, oggi, pubbliche quelle di proprietà delle istituzioni, private quelle in mano a soggetti sociali non istituzioni pubbliche. Ma il bene “scuola – cultura – formazione” è un bene pubblico, da garantire e tutelare per tutti, da istituzioni e da privati (infatti questi ultimi devono svolgere programmi didattici comuni, definiti dallo Stato) non necessariamente i luoghi dove esso viene fornito, né il personale che vi opera. Spesso si continua a confondere il contenitore col contenuto. Bene comune indica il perché di un servizio e il per chi di esso e a quali condizioni deve essere garantito tutelato; il come è la parte marginale e, in democrazia, sempre plurale; infatti da sempre vi concorrono istituzioni pubbliche e private, variamente regolate dalle leggi. Così le sorgenti d’acqua possono scaturire da un suolo di proprietà privata o da un suolo di proprietà pubblica (demanio) ma è l’acqua un bene pubblico da garantire a tutti perché senza petrolio l’umanità è vissuta per milioni di anni, ma senza acqua (si veda il dramma degli assetati di Haiti) nessun essere vivente può sopravvivere: la terra diventa deserto, le piante seccano, animali e uomini muoiono disidratati. Senza contare – fatto prevalente della modernità – il bisogno d’acqua sempre maggiore che richiede l’industria.
Un problema politico sociale: quali indirizzi e decisioni sta prendendo la Regione Molise? Nessuna! Siamo in assenza di governo.
La Regione, che sta rifacendo lo Statuto, dovrebbe inserire nello statuto la dicitura giuridica del linguaggio europeo che l’acqua è un bene pubblico (linguaggio etico italiano) di “interesse generale a non prevalente rilevanza economica” (linguaggio giuridico europeo). Solo così si espliciterebbe la volontà sicura del duplice obiettivo: togliere l’acqua dal mercato e togliere la logica del profitto (la remunerazione del capitale) nella gestione delle acque. In modo analogo dovrebbero deliberare anche tutti i Comuni: impedire – per statuto o delibera unanime del Consiglio Comunale – la logica del profitto sulle acque nel loro territorio di competenza.
La Molise Acque (ente sub-regionale) continua a dichiarare che l’acqua deve essere “pubblica”. È lodevole l’intento ma il guaio sta nel fatto che la Molise Acque non ha, ad ora, né la competenza, né l’autorità giuridica per stabilirlo, né le caratteristiche per decidere e per poter gestire, nel prossimo futuro, il servizio idrico del Molise; se non cambia natura è destinata a scomparire dal prossimo 31 dicembre o a rimanere senza alcuna funzione.
I Comuni, sono proprietari dei vecchi e fatiscenti acquedotti cittadini, dove avvengono le maggiori perdite del cui peso si vogliono sbarazzare ma sono l’autorità finale responsabile dei territori e di quanto contengono (sorgenti, laghi, fiumi, depuratori ecc…). Per legge erano convocati in Assemblea deliberante (sindaci e rappresentanti delle province) per costituire “l’istituzione pubblica amministrativa” prevista (ATO) gestore del sistema idrico integrato, ma non si sono mai presentati alle assemblee di loro esclusiva competenza; di conseguenza nessuna scelta è stata fatta per il secondo aspetto di loro esclusiva competenza: “affidare” la gestione del servizio idrico o ad una società /impresa totalmente pubblica creata ex novo dai soli comuni (in house) o a una mista (società private e comuni, dette multiutility) o affidare a società private concorrenti in asta pubblica.
Occorre urgentemente ricostituire e completare, entro pochi mesi (non oltre giugno in quanto l’asta pubblica deve essere conclusa e definita entro il 31 dicembre) tutto questo processo che dal 1994 (Legge Galli che recepiva le direttive europee) ad oggi non ha trovato soluzione per ignavia collettiva di Regione e Comuni: un vero delitto morale di omissione di atti dovuti ed esclusivi a sicuro danno dell’intera popolazione. L’unica soluzione possibile, ad oggi, perché imposta da leggi superiori alle regioni, é immettere sul mercato, in mano ai privati, tutto il Servizio Idrico Integrato: ovvero, sorgenti, laghi, fiumi, reti di acquedotti, reti fognarie, depuratori.
La società civile molisana è chiamata a difendersi dalla inerzia inspiegabile dei nostri amministratori: non si ha neppure la possibilità di discutere bontà o limiti delle soluzioni, semplicemente perché non ve ne è alcuna. Promesse, parole, ma nessun atto amministrativo decisivo.☺
A che punto è la questione della gestione dei Servizi Idrici Intergrati (SII) del Molise? Il 31 dicembre 2010 è prossimo. Le norme europee, recepite dal recente Decreto Ronchi, che ha imposto di mettere sul mercato i Servizi idrici di tutta Italia cancellando le forme di gestione pubblica (qualora fosse necessaria per le particolari caratteristiche di un territorio), deve avere l’approvazione dal “Garante della concorrenza”: l’unico da salvaguardare è solo e sempre il mercato con i suoi interessi. Entro il 31.12.2011, anche le 64 ATO (Autorità D’Ambito) virtuose che hanno scelto la gestione pubblica dovranno cedere il 40% delle società gestionali sul mercato. Quali i problemi?
Un problema culturale: il concetto di bene comune è di natura etico-sociale, non esiste attualmente nella legislazione un concetto giuridico di bene comune; esiste la distinzione tra beni privati (e relativo diritto privato) e beni pubblici (e relativo diritto pubblico) in quanto dello Stato, delle Province, dei Comuni. Un solo esempio per capirci: vi sono scuole private, statali, provinciali e comunali; sono, oggi, pubbliche quelle di proprietà delle istituzioni, private quelle in mano a soggetti sociali non istituzioni pubbliche. Ma il bene “scuola – cultura – formazione” è un bene pubblico, da garantire e tutelare per tutti, da istituzioni e da privati (infatti questi ultimi devono svolgere programmi didattici comuni, definiti dallo Stato) non necessariamente i luoghi dove esso viene fornito, né il personale che vi opera. Spesso si continua a confondere il contenitore col contenuto. Bene comune indica il perché di un servizio e il per chi di esso e a quali condizioni deve essere garantito tutelato; il come è la parte marginale e, in democrazia, sempre plurale; infatti da sempre vi concorrono istituzioni pubbliche e private, variamente regolate dalle leggi. Così le sorgenti d’acqua possono scaturire da un suolo di proprietà privata o da un suolo di proprietà pubblica (demanio) ma è l’acqua un bene pubblico da garantire a tutti perché senza petrolio l’umanità è vissuta per milioni di anni, ma senza acqua (si veda il dramma degli assetati di Haiti) nessun essere vivente può sopravvivere: la terra diventa deserto, le piante seccano, animali e uomini muoiono disidratati. Senza contare – fatto prevalente della modernità – il bisogno d’acqua sempre maggiore che richiede l’industria.
Un problema politico sociale: quali indirizzi e decisioni sta prendendo la Regione Molise? Nessuna! Siamo in assenza di governo.
La Regione, che sta rifacendo lo Statuto, dovrebbe inserire nello statuto la dicitura giuridica del linguaggio europeo che l’acqua è un bene pubblico (linguaggio etico italiano) di “interesse generale a non prevalente rilevanza economica” (linguaggio giuridico europeo). Solo così si espliciterebbe la volontà sicura del duplice obiettivo: togliere l’acqua dal mercato e togliere la logica del profitto (la remunerazione del capitale) nella gestione delle acque. In modo analogo dovrebbero deliberare anche tutti i Comuni: impedire – per statuto o delibera unanime del Consiglio Comunale – la logica del profitto sulle acque nel loro territorio di competenza.
La Molise Acque (ente sub-regionale) continua a dichiarare che l’acqua deve essere “pubblica”. È lodevole l’intento ma il guaio sta nel fatto che la Molise Acque non ha, ad ora, né la competenza, né l’autorità giuridica per stabilirlo, né le caratteristiche per decidere e per poter gestire, nel prossimo futuro, il servizio idrico del Molise; se non cambia natura è destinata a scomparire dal prossimo 31 dicembre o a rimanere senza alcuna funzione.
I Comuni, sono proprietari dei vecchi e fatiscenti acquedotti cittadini, dove avvengono le maggiori perdite del cui peso si vogliono sbarazzare ma sono l’autorità finale responsabile dei territori e di quanto contengono (sorgenti, laghi, fiumi, depuratori ecc…). Per legge erano convocati in Assemblea deliberante (sindaci e rappresentanti delle province) per costituire “l’istituzione pubblica amministrativa” prevista (ATO) gestore del sistema idrico integrato, ma non si sono mai presentati alle assemblee di loro esclusiva competenza; di conseguenza nessuna scelta è stata fatta per il secondo aspetto di loro esclusiva competenza: “affidare” la gestione del servizio idrico o ad una società /impresa totalmente pubblica creata ex novo dai soli comuni (in house) o a una mista (società private e comuni, dette multiutility) o affidare a società private concorrenti in asta pubblica.
Occorre urgentemente ricostituire e completare, entro pochi mesi (non oltre giugno in quanto l’asta pubblica deve essere conclusa e definita entro il 31 dicembre) tutto questo processo che dal 1994 (Legge Galli che recepiva le direttive europee) ad oggi non ha trovato soluzione per ignavia collettiva di Regione e Comuni: un vero delitto morale di omissione di atti dovuti ed esclusivi a sicuro danno dell’intera popolazione. L’unica soluzione possibile, ad oggi, perché imposta da leggi superiori alle regioni, é immettere sul mercato, in mano ai privati, tutto il Servizio Idrico Integrato: ovvero, sorgenti, laghi, fiumi, reti di acquedotti, reti fognarie, depuratori.
La società civile molisana è chiamata a difendersi dalla inerzia inspiegabile dei nostri amministratori: non si ha neppure la possibilità di discutere bontà o limiti delle soluzioni, semplicemente perché non ve ne è alcuna. Promesse, parole, ma nessun atto amministrativo decisivo.☺
A che punto è la questione della gestione dei Servizi Idrici Intergrati (SII) del Molise? Il 31 dicembre 2010 è prossimo. Le norme europee, recepite dal recente Decreto Ronchi, che ha imposto di mettere sul mercato i Servizi idrici di tutta Italia cancellando le forme di gestione pubblica (qualora fosse necessaria per le particolari caratteristiche di un territorio), deve avere l’approvazione dal “Garante della concorrenza”: l’unico da salvaguardare è solo e sempre il mercato con i suoi interessi. Entro il 31.12.2011, anche le 64 ATO (Autorità D’Ambito) virtuose che hanno scelto la gestione pubblica dovranno cedere il 40% delle società gestionali sul mercato. Quali i problemi?
Un problema culturale: il concetto di bene comune è di natura etico-sociale, non esiste attualmente nella legislazione un concetto giuridico di bene comune; esiste la distinzione tra beni privati (e relativo diritto privato) e beni pubblici (e relativo diritto pubblico) in quanto dello Stato, delle Province, dei Comuni. Un solo esempio per capirci: vi sono scuole private, statali, provinciali e comunali; sono, oggi, pubbliche quelle di proprietà delle istituzioni, private quelle in mano a soggetti sociali non istituzioni pubbliche. Ma il bene “scuola – cultura – formazione” è un bene pubblico, da garantire e tutelare per tutti, da istituzioni e da privati (infatti questi ultimi devono svolgere programmi didattici comuni, definiti dallo Stato) non necessariamente i luoghi dove esso viene fornito, né il personale che vi opera. Spesso si continua a confondere il contenitore col contenuto. Bene comune indica il perché di un servizio e il per chi di esso e a quali condizioni deve essere garantito tutelato; il come è la parte marginale e, in democrazia, sempre plurale; infatti da sempre vi concorrono istituzioni pubbliche e private, variamente regolate dalle leggi. Così le sorgenti d’acqua possono scaturire da un suolo di proprietà privata o da un suolo di proprietà pubblica (demanio) ma è l’acqua un bene pubblico da garantire a tutti perché senza petrolio l’umanità è vissuta per milioni di anni, ma senza acqua (si veda il dramma degli assetati di Haiti) nessun essere vivente può sopravvivere: la terra diventa deserto, le piante seccano, animali e uomini muoiono disidratati. Senza contare – fatto prevalente della modernità – il bisogno d’acqua sempre maggiore che richiede l’industria.
Un problema politico sociale: quali indirizzi e decisioni sta prendendo la Regione Molise? Nessuna! Siamo in assenza di governo.
La Regione, che sta rifacendo lo Statuto, dovrebbe inserire nello statuto la dicitura giuridica del linguaggio europeo che l’acqua è un bene pubblico (linguaggio etico italiano) di “interesse generale a non prevalente rilevanza economica” (linguaggio giuridico europeo). Solo così si espliciterebbe la volontà sicura del duplice obiettivo: togliere l’acqua dal mercato e togliere la logica del profitto (la remunerazione del capitale) nella gestione delle acque. In modo analogo dovrebbero deliberare anche tutti i Comuni: impedire – per statuto o delibera unanime del Consiglio Comunale – la logica del profitto sulle acque nel loro territorio di competenza.
La Molise Acque (ente sub-regionale) continua a dichiarare che l’acqua deve essere “pubblica”. È lodevole l’intento ma il guaio sta nel fatto che la Molise Acque non ha, ad ora, né la competenza, né l’autorità giuridica per stabilirlo, né le caratteristiche per decidere e per poter gestire, nel prossimo futuro, il servizio idrico del Molise; se non cambia natura è destinata a scomparire dal prossimo 31 dicembre o a rimanere senza alcuna funzione.
I Comuni, sono proprietari dei vecchi e fatiscenti acquedotti cittadini, dove avvengono le maggiori perdite del cui peso si vogliono sbarazzare ma sono l’autorità finale responsabile dei territori e di quanto contengono (sorgenti, laghi, fiumi, depuratori ecc…). Per legge erano convocati in Assemblea deliberante (sindaci e rappresentanti delle province) per costituire “l’istituzione pubblica amministrativa” prevista (ATO) gestore del sistema idrico integrato, ma non si sono mai presentati alle assemblee di loro esclusiva competenza; di conseguenza nessuna scelta è stata fatta per il secondo aspetto di loro esclusiva competenza: “affidare” la gestione del servizio idrico o ad una società /impresa totalmente pubblica creata ex novo dai soli comuni (in house) o a una mista (società private e comuni, dette multiutility) o affidare a società private concorrenti in asta pubblica.
Occorre urgentemente ricostituire e completare, entro pochi mesi (non oltre giugno in quanto l’asta pubblica deve essere conclusa e definita entro il 31 dicembre) tutto questo processo che dal 1994 (Legge Galli che recepiva le direttive europee) ad oggi non ha trovato soluzione per ignavia collettiva di Regione e Comuni: un vero delitto morale di omissione di atti dovuti ed esclusivi a sicuro danno dell’intera popolazione. L’unica soluzione possibile, ad oggi, perché imposta da leggi superiori alle regioni, é immettere sul mercato, in mano ai privati, tutto il Servizio Idrico Integrato: ovvero, sorgenti, laghi, fiumi, reti di acquedotti, reti fognarie, depuratori.
La società civile molisana è chiamata a difendersi dalla inerzia inspiegabile dei nostri amministratori: non si ha neppure la possibilità di discutere bontà o limiti delle soluzioni, semplicemente perché non ve ne è alcuna. Promesse, parole, ma nessun atto amministrativo decisivo.☺
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