Il “mercato” è sempre più il grande fratello dai mille tentacoli che osserva, indaga, attiva bisogni, propone risposte. In questo contesto, una nota casa di cosmetici internazionale, ha svolto una ricerca tra i giovani (potenziali e grandi consumatori) al termine della quale ha coniato un vero e proprio marchio registrato – “Technosexual”- quale nuova frontiera del comunicare piacere e seduzione, che rappresenta un’icona della “Y Generation”, così si legge in alcune ripetute pubblicità. Mentre si reclamizza un marchio, qualcuno come me, è attratto dal sottotitolo un'icona della “Y Generation” . Chi sono i giovani appartenenti alla “ Y Generation” , quali comportamenti e quali profili li caratterizzano? Molto è stato scritto della “Baby Generation” e della “X Generation” che racchiudevano stili di vita, vocazioni culturali, ideologiche e politiche dei nati dagli anni ‘50 agli anni ’70, ma poco si parla della “Y Generation”.
Studi di varie università americane (già dal 2002) concordano nel sostenere che nella società avanza ed oggi irrompe la “Y Generation”, (oltre 100 milioni di giovani con un impatto culturale e di spesa inimmaginabile) la nuova generazione “tutta virtuale”: il suo universo è infatti il web, il linguaggio è fatto di nuovi segni e nuove parole all'insegna, quasi esclusivamente, della realtà virtuale. Sono i ragazzi fra i 18 e i 25 anni: vivono di sms e di webcam, sono assidui frequentatori delle più famose communities online, come facebook e MySpace, non si perdono un video su YouTube, per loro Skype non rappresenta problemi, hanno un blog come diario virtuale e utilizzano curiosi nickname al posto del loro vero nome. I ragazzi e le ragazze della “Y Generation”, hanno vissuto in prima persona l'evoluzione/involuzione dei costumi sociali e familiari (divorzi in aumento nelle famiglie, donne sempre più lavoratrici e meno “casalinghe”, legami familiari o plurifamiliari deboli, cura ed affettività mediate/delegate, esposizione incontrollata alle nuove tecnologie).
Sono cresciuti a base di telefonini e computer, sono abituati a comunicare con un nuovo linguaggio fatto di segni sintetici che esprimono emozioni (e spesso queste non sono più descritte con parole), sono poco inclini all'impegno politico e poco interessati ai grandi temi sociali, spesso il loro mondo “digitale” si dipana fra chat, blog, Ipod, DVD, BlackBerry e webcam. Si definiscono “meri osservatori” dei fenomeni sociali stessi, a cui si adattano e si adeguano; comunicano ma non parlano, hanno dimenticato il passato, considerano il futuro troppo lontano, credendo valido solo il presente. Hanno scambi intensi con il “qui”: 39 ore di mezzi di comunicazione alla settimana (90% internet).
Anche il modo in cui sperimentano sesso e amore ne evidenzia una profonda emotività, sebbene quest’ultima rimanga celata in un universo multimediale: è come se l'uno potesse vivere senza l'altro, come in un videogioco, dove realtà quotidiana e dimensione virtuale si alternano senza soluzione emotiva, anche se solo all'apparenza. “Technosexual”, (e la linea di prodotti che la caratterizza) come si diceva, definisce ora più che mai la seduzione spontanea di una generazione che si è emancipata grazie alla tecnologia, una generazione in grado di mettersi in contatto con chiunque in qualsiasi momento e in tutto il mondo, con potenzialità davvero rivoluzionarie, impensate ed impensabili dai loro genitori. Il loro modo di vivere la comunicazione tra coetanei, le mode, il piacere, con la connotazione di essere fisicamente audaci, ma emotivamente prudenti: spontanei, sexy, connessi. “E’ proprio lo spazio infinito di Internet e l’afflusso continuo di informazioni a produrre un’iperstimolazione sotto la cui pressione sembra sfarinarsi l’identità delle persone..” sostiene il prof. Mauro Ferraresi, docente di Sociologia dei Consumi dell’Università IULM di Milano. “Siamo tutti connessi con tutti ma il diretto contatto con gli altri è impedito dall’ipod, mediato dai nostri telefonini, reso virtuale dagli schermi dei nostri portatili. L’elettronica è diventata il nostro amico (?) con cui abbiamo una continua relazione, e i rapporti umani diventano sempre più una mescolanza di reale e virtuale”.
L’Area Giovani della Fondazione Istud (italiana), in una recente ricerca finalizzata alla rilevazione degli approcci al lavoro dei giovani “Y”, li chiama anche “Generazione unisex” perché si presenta come un insieme compatto e omogeneo. Uomini e donne simili nelle risposte, nei percorsi di studio, negli orientamenti. Sono state abbattute le tradizionali “differenze di genere”. I giovani italiani ambiscono ad inserirsi in una grande azienda multinazionale, tecnologicamente evoluta che consenta loro di viaggiare e crescere professionalmente. Gli uomini sognano la libera professione, l’avvio di un’attività imprenditoriale, le donne sono più fedeli all’idea della grande azienda.. Ma, soprattutto, a caratterizzarli è l’estrema focalizzazione sul presente. Concentrano i loro sforzi nel perseguimento di obiettivi a breve, brevissimo termine. Tutto è presente, “tutto e subito” anche nell’approccio scolastico che, tra l'altro, si caratterizza in uno scarso uso delle aggettivazioni negli elaborati, una difficoltà negli aspetti metacognitivi in generale, una capacità di ascolto molto ridotta, una propensione progettuale minimale, un uso disinvolto delle tecnologie ed eccessivo dei cellulari. Questi ultimi, oltre alle montagne di sms (di tutti generi) scambiati anche in classe, sono usati per la registrazione e diffusione, senza troppi ripensamenti, di immagini e filmati. Insegnanti, imprenditori e manager si informino per benino sulla Generazione Y – sostengono i responsabili della ricerca – e si scordino fin da subito eventuali maniere forti per averci a che fare. L'autoritarismo non è la strada giusta, se mai lo sia stata, ma con la Y la parola d'ordine è “inclusione”, e la seconda parola d'ordine è “coinvolgimento”.
Mi domando se le ricerche e gli studi, in merito, siano mai arrivati sul tavolo del ministro Gelmini e se le scuole e le università siano state informate dei cambiamenti sociali e culturali degli studenti che le frequentano. Come affrontare le tendenze della “Y generation” ormai presente nelle nostre scuole da almeno 8 anni. Come riqualificare sostenere e potenziare il lavoro dei docenti per rispondere alle mutate esigenze, dovrebbe essere assolutamente prioritario per una riorganizzazione efficace del fare scuola, rispetto alle incessanti e contraddittorie alchimie di bilancio e di norme di un ministero che ormai appare sempre più isolato e rivolto ad un mondo che non c’è. ☺
loretizzani@tiscali.it
Il “mercato” è sempre più il grande fratello dai mille tentacoli che osserva, indaga, attiva bisogni, propone risposte. In questo contesto, una nota casa di cosmetici internazionale, ha svolto una ricerca tra i giovani (potenziali e grandi consumatori) al termine della quale ha coniato un vero e proprio marchio registrato – “Technosexual”- quale nuova frontiera del comunicare piacere e seduzione, che rappresenta un’icona della “Y Generation”, così si legge in alcune ripetute pubblicità. Mentre si reclamizza un marchio, qualcuno come me, è attratto dal sottotitolo un'icona della “Y Generation” . Chi sono i giovani appartenenti alla “ Y Generation” , quali comportamenti e quali profili li caratterizzano? Molto è stato scritto della “Baby Generation” e della “X Generation” che racchiudevano stili di vita, vocazioni culturali, ideologiche e politiche dei nati dagli anni ‘50 agli anni ’70, ma poco si parla della “Y Generation”.
Studi di varie università americane (già dal 2002) concordano nel sostenere che nella società avanza ed oggi irrompe la “Y Generation”, (oltre 100 milioni di giovani con un impatto culturale e di spesa inimmaginabile) la nuova generazione “tutta virtuale”: il suo universo è infatti il web, il linguaggio è fatto di nuovi segni e nuove parole all'insegna, quasi esclusivamente, della realtà virtuale. Sono i ragazzi fra i 18 e i 25 anni: vivono di sms e di webcam, sono assidui frequentatori delle più famose communities online, come facebook e MySpace, non si perdono un video su YouTube, per loro Skype non rappresenta problemi, hanno un blog come diario virtuale e utilizzano curiosi nickname al posto del loro vero nome. I ragazzi e le ragazze della “Y Generation”, hanno vissuto in prima persona l'evoluzione/involuzione dei costumi sociali e familiari (divorzi in aumento nelle famiglie, donne sempre più lavoratrici e meno “casalinghe”, legami familiari o plurifamiliari deboli, cura ed affettività mediate/delegate, esposizione incontrollata alle nuove tecnologie).
Sono cresciuti a base di telefonini e computer, sono abituati a comunicare con un nuovo linguaggio fatto di segni sintetici che esprimono emozioni (e spesso queste non sono più descritte con parole), sono poco inclini all'impegno politico e poco interessati ai grandi temi sociali, spesso il loro mondo “digitale” si dipana fra chat, blog, Ipod, DVD, BlackBerry e webcam. Si definiscono “meri osservatori” dei fenomeni sociali stessi, a cui si adattano e si adeguano; comunicano ma non parlano, hanno dimenticato il passato, considerano il futuro troppo lontano, credendo valido solo il presente. Hanno scambi intensi con il “qui”: 39 ore di mezzi di comunicazione alla settimana (90% internet).
Anche il modo in cui sperimentano sesso e amore ne evidenzia una profonda emotività, sebbene quest’ultima rimanga celata in un universo multimediale: è come se l'uno potesse vivere senza l'altro, come in un videogioco, dove realtà quotidiana e dimensione virtuale si alternano senza soluzione emotiva, anche se solo all'apparenza. “Technosexual”, (e la linea di prodotti che la caratterizza) come si diceva, definisce ora più che mai la seduzione spontanea di una generazione che si è emancipata grazie alla tecnologia, una generazione in grado di mettersi in contatto con chiunque in qualsiasi momento e in tutto il mondo, con potenzialità davvero rivoluzionarie, impensate ed impensabili dai loro genitori. Il loro modo di vivere la comunicazione tra coetanei, le mode, il piacere, con la connotazione di essere fisicamente audaci, ma emotivamente prudenti: spontanei, sexy, connessi. “E’ proprio lo spazio infinito di Internet e l’afflusso continuo di informazioni a produrre un’iperstimolazione sotto la cui pressione sembra sfarinarsi l’identità delle persone..” sostiene il prof. Mauro Ferraresi, docente di Sociologia dei Consumi dell’Università IULM di Milano. “Siamo tutti connessi con tutti ma il diretto contatto con gli altri è impedito dall’ipod, mediato dai nostri telefonini, reso virtuale dagli schermi dei nostri portatili. L’elettronica è diventata il nostro amico (?) con cui abbiamo una continua relazione, e i rapporti umani diventano sempre più una mescolanza di reale e virtuale”.
L’Area Giovani della Fondazione Istud (italiana), in una recente ricerca finalizzata alla rilevazione degli approcci al lavoro dei giovani “Y”, li chiama anche “Generazione unisex” perché si presenta come un insieme compatto e omogeneo. Uomini e donne simili nelle risposte, nei percorsi di studio, negli orientamenti. Sono state abbattute le tradizionali “differenze di genere”. I giovani italiani ambiscono ad inserirsi in una grande azienda multinazionale, tecnologicamente evoluta che consenta loro di viaggiare e crescere professionalmente. Gli uomini sognano la libera professione, l’avvio di un’attività imprenditoriale, le donne sono più fedeli all’idea della grande azienda.. Ma, soprattutto, a caratterizzarli è l’estrema focalizzazione sul presente. Concentrano i loro sforzi nel perseguimento di obiettivi a breve, brevissimo termine. Tutto è presente, “tutto e subito” anche nell’approccio scolastico che, tra l'altro, si caratterizza in uno scarso uso delle aggettivazioni negli elaborati, una difficoltà negli aspetti metacognitivi in generale, una capacità di ascolto molto ridotta, una propensione progettuale minimale, un uso disinvolto delle tecnologie ed eccessivo dei cellulari. Questi ultimi, oltre alle montagne di sms (di tutti generi) scambiati anche in classe, sono usati per la registrazione e diffusione, senza troppi ripensamenti, di immagini e filmati. Insegnanti, imprenditori e manager si informino per benino sulla Generazione Y – sostengono i responsabili della ricerca – e si scordino fin da subito eventuali maniere forti per averci a che fare. L'autoritarismo non è la strada giusta, se mai lo sia stata, ma con la Y la parola d'ordine è “inclusione”, e la seconda parola d'ordine è “coinvolgimento”.
Mi domando se le ricerche e gli studi, in merito, siano mai arrivati sul tavolo del ministro Gelmini e se le scuole e le università siano state informate dei cambiamenti sociali e culturali degli studenti che le frequentano. Come affrontare le tendenze della “Y generation” ormai presente nelle nostre scuole da almeno 8 anni. Come riqualificare sostenere e potenziare il lavoro dei docenti per rispondere alle mutate esigenze, dovrebbe essere assolutamente prioritario per una riorganizzazione efficace del fare scuola, rispetto alle incessanti e contraddittorie alchimie di bilancio e di norme di un ministero che ormai appare sempre più isolato e rivolto ad un mondo che non c’è. ☺
Il “mercato” è sempre più il grande fratello dai mille tentacoli che osserva, indaga, attiva bisogni, propone risposte. In questo contesto, una nota casa di cosmetici internazionale, ha svolto una ricerca tra i giovani (potenziali e grandi consumatori) al termine della quale ha coniato un vero e proprio marchio registrato – “Technosexual”- quale nuova frontiera del comunicare piacere e seduzione, che rappresenta un’icona della “Y Generation”, così si legge in alcune ripetute pubblicità. Mentre si reclamizza un marchio, qualcuno come me, è attratto dal sottotitolo un'icona della “Y Generation” . Chi sono i giovani appartenenti alla “ Y Generation” , quali comportamenti e quali profili li caratterizzano? Molto è stato scritto della “Baby Generation” e della “X Generation” che racchiudevano stili di vita, vocazioni culturali, ideologiche e politiche dei nati dagli anni ‘50 agli anni ’70, ma poco si parla della “Y Generation”.
Studi di varie università americane (già dal 2002) concordano nel sostenere che nella società avanza ed oggi irrompe la “Y Generation”, (oltre 100 milioni di giovani con un impatto culturale e di spesa inimmaginabile) la nuova generazione “tutta virtuale”: il suo universo è infatti il web, il linguaggio è fatto di nuovi segni e nuove parole all'insegna, quasi esclusivamente, della realtà virtuale. Sono i ragazzi fra i 18 e i 25 anni: vivono di sms e di webcam, sono assidui frequentatori delle più famose communities online, come facebook e MySpace, non si perdono un video su YouTube, per loro Skype non rappresenta problemi, hanno un blog come diario virtuale e utilizzano curiosi nickname al posto del loro vero nome. I ragazzi e le ragazze della “Y Generation”, hanno vissuto in prima persona l'evoluzione/involuzione dei costumi sociali e familiari (divorzi in aumento nelle famiglie, donne sempre più lavoratrici e meno “casalinghe”, legami familiari o plurifamiliari deboli, cura ed affettività mediate/delegate, esposizione incontrollata alle nuove tecnologie).
Sono cresciuti a base di telefonini e computer, sono abituati a comunicare con un nuovo linguaggio fatto di segni sintetici che esprimono emozioni (e spesso queste non sono più descritte con parole), sono poco inclini all'impegno politico e poco interessati ai grandi temi sociali, spesso il loro mondo “digitale” si dipana fra chat, blog, Ipod, DVD, BlackBerry e webcam. Si definiscono “meri osservatori” dei fenomeni sociali stessi, a cui si adattano e si adeguano; comunicano ma non parlano, hanno dimenticato il passato, considerano il futuro troppo lontano, credendo valido solo il presente. Hanno scambi intensi con il “qui”: 39 ore di mezzi di comunicazione alla settimana (90% internet).
Anche il modo in cui sperimentano sesso e amore ne evidenzia una profonda emotività, sebbene quest’ultima rimanga celata in un universo multimediale: è come se l'uno potesse vivere senza l'altro, come in un videogioco, dove realtà quotidiana e dimensione virtuale si alternano senza soluzione emotiva, anche se solo all'apparenza. “Technosexual”, (e la linea di prodotti che la caratterizza) come si diceva, definisce ora più che mai la seduzione spontanea di una generazione che si è emancipata grazie alla tecnologia, una generazione in grado di mettersi in contatto con chiunque in qualsiasi momento e in tutto il mondo, con potenzialità davvero rivoluzionarie, impensate ed impensabili dai loro genitori. Il loro modo di vivere la comunicazione tra coetanei, le mode, il piacere, con la connotazione di essere fisicamente audaci, ma emotivamente prudenti: spontanei, sexy, connessi. “E’ proprio lo spazio infinito di Internet e l’afflusso continuo di informazioni a produrre un’iperstimolazione sotto la cui pressione sembra sfarinarsi l’identità delle persone..” sostiene il prof. Mauro Ferraresi, docente di Sociologia dei Consumi dell’Università IULM di Milano. “Siamo tutti connessi con tutti ma il diretto contatto con gli altri è impedito dall’ipod, mediato dai nostri telefonini, reso virtuale dagli schermi dei nostri portatili. L’elettronica è diventata il nostro amico (?) con cui abbiamo una continua relazione, e i rapporti umani diventano sempre più una mescolanza di reale e virtuale”.
L’Area Giovani della Fondazione Istud (italiana), in una recente ricerca finalizzata alla rilevazione degli approcci al lavoro dei giovani “Y”, li chiama anche “Generazione unisex” perché si presenta come un insieme compatto e omogeneo. Uomini e donne simili nelle risposte, nei percorsi di studio, negli orientamenti. Sono state abbattute le tradizionali “differenze di genere”. I giovani italiani ambiscono ad inserirsi in una grande azienda multinazionale, tecnologicamente evoluta che consenta loro di viaggiare e crescere professionalmente. Gli uomini sognano la libera professione, l’avvio di un’attività imprenditoriale, le donne sono più fedeli all’idea della grande azienda.. Ma, soprattutto, a caratterizzarli è l’estrema focalizzazione sul presente. Concentrano i loro sforzi nel perseguimento di obiettivi a breve, brevissimo termine. Tutto è presente, “tutto e subito” anche nell’approccio scolastico che, tra l'altro, si caratterizza in uno scarso uso delle aggettivazioni negli elaborati, una difficoltà negli aspetti metacognitivi in generale, una capacità di ascolto molto ridotta, una propensione progettuale minimale, un uso disinvolto delle tecnologie ed eccessivo dei cellulari. Questi ultimi, oltre alle montagne di sms (di tutti generi) scambiati anche in classe, sono usati per la registrazione e diffusione, senza troppi ripensamenti, di immagini e filmati. Insegnanti, imprenditori e manager si informino per benino sulla Generazione Y – sostengono i responsabili della ricerca – e si scordino fin da subito eventuali maniere forti per averci a che fare. L'autoritarismo non è la strada giusta, se mai lo sia stata, ma con la Y la parola d'ordine è “inclusione”, e la seconda parola d'ordine è “coinvolgimento”.
Mi domando se le ricerche e gli studi, in merito, siano mai arrivati sul tavolo del ministro Gelmini e se le scuole e le università siano state informate dei cambiamenti sociali e culturali degli studenti che le frequentano. Come affrontare le tendenze della “Y generation” ormai presente nelle nostre scuole da almeno 8 anni. Come riqualificare sostenere e potenziare il lavoro dei docenti per rispondere alle mutate esigenze, dovrebbe essere assolutamente prioritario per una riorganizzazione efficace del fare scuola, rispetto alle incessanti e contraddittorie alchimie di bilancio e di norme di un ministero che ormai appare sempre più isolato e rivolto ad un mondo che non c’è. ☺
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