il tesoro nascosto
31 Agosto 2010 Share

il tesoro nascosto

 

Una delle caratteristiche dello stile di Gesù, come emerge dai primi tre vangeli, è quella di non fare grandi discorsi, di non fare speculazioni astratte su Dio o sulla morale, ma di intercettare l’uditorio attraverso il racconto di scene tratte dalla vita, oppure di esempi legati a ciò che poteva maggiormente interessare, come il commercio, il sogno di una ricchezza improvvisa, l’ottimizzazione di quanto si possiede. Se avesse predicato ai nostri giorni, anziché discutere sul rinnovamento della teologia, avrebbe probabilmente usato come esempio di cosa significa cercare ciò che conta, il gioco del superenalotto. È quanto ha fatto, ad esempio, in due piccole parabole, che ha raccontato per parlare del Regno dei Cieli, paragonandolo a un tesoro nascosto in un campo o a una perla preziosa. Riascoltiamo le sue parole: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra” (Mt 13,44-46). Il significato era facilmente comprensibile: come le persone dedite alle cose del mondo (quelli che Gesù chiama “i figli di questo mondo”) ci mettono tutto l’impegno per ottenere i loro scopi, così i discepoli del Regno (che Gesù chiama anche “i figli della luce”) devono fare altrettanto, adeguando la loro vita e il loro stile al fine che vogliono raggiungere.

Il mondo reale a cui Gesù faceva riferimento era molto simile al nostro, dove regnano l’economia e la speculazione finanziaria: la vendita di tutti i propri averi in vista di un guadagno maggiore che possa dare la certezza di superare tutti gli altri in ricchezza è proprio la caratteristica del gioco d’azzardo del sistema finanziario attuale. Non dimentichiamo, tuttavia, che per Gesù era solo un esempio, non una forma di incentivo all’accaparramento di ricchezza o potere. Il problema sta quindi nell’individuare in cosa consiste questo Regno dei cieli, per poi cercarlo con tutto se stessi, mettendo in gioco tutto ciò che si è e quindi anche tutto ciò che si ha. Nella logica di Gesù il Regno è esattamente l’opposto di quanto è simboleggiato dalla parabola/similitudine; basta leggere, infatti, il discorso della montagna per comprendere ciò di cui sta parlando: “Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,31-33). Il Regno viene collocato al di fuori del possesso ed è collegato con la ricerca della giustizia; come a dire: la stessa ansia e voracità con cui il mondo cerca il possesso delle cose o i posti di potere, devono essere riorientate dai discepoli verso la ricerca della giustizia di Dio. Questo Regno è governato non dagli interessi umani, ma da Dio stesso, a cui il Regno appartiene (“…venga il tuo Regno”, dice il “Padre nostro”), ed è abitato non da nobili o potenti, bensì dai poveri, dai piccoli e da coloro che sono perseguitati perché cercano di instaurare la giustizia, l’uguaglianza, la difesa della dignità di ciascuno: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli…Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3.10); e ancora: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli” (Mt 18,3-4).

La sfida del cristiano oggi, dunque, è quella di ricentrare tutto su quell’essenziale che è la giustizia legata al Regno di Dio. Gesù ci insegna a non chiudere gli occhi sul mondo che ci circonda, ma ad apprendere anche dal mondo la capacità di abnegazione fino in fondo per raggiungere i propri scopi che sono tuttavia quanto di più  lontano da ciò che il mondo cerca. Leggendo la parabola del tesoro nascosto come una allegoria, ci viene dato anche un altro insegnamento di Gesù su come gestire la scoperta del Regno: non si tratta di ostentare la propria fede o i propri ideali con la verbosità della chiacchiera, cercando il nostro posto al sole nell’audience del mercato globale, quanto piuttosto di fare di questi valori il motore segreto delle nostre scelte; il tesoro nascosto di nuovo ci ricorda che il campo non è ancora nostro, dobbiamo ancora acquistarlo, cioè dobbiamo ancora convertire i nostri stili di vita, le nostre scelte, perché solo così avremo il potere d’acquisto sufficiente per fare nostro il tesoro che è la giustizia del Regno di Dio. L’accusa maggiore che viene rivolta ai cristiani e alle chiese, e che riecheggia le parole che Gesù stesso ha rivolto ai farisei del suo tempo, è quella di dire e ostentare ma di non fare, non incarnare, cioè, gli ideali in scelte radicali coerenti. È da questi atteggiamenti che ha attinto anche lo stile politico attuale, soprattutto nostrano, laddove si parla di etica con le parole e si calpesta l’uomo nelle scelte reali. Non basta avere o conoscere grandi ideali se poi questi non condizionano la nostra vita concreta. Fino a quando ciò non avviene, anziché ostentare il tesoro e farcelo rubare dalla retorica del politicamente corretto (e corrotto), nascondiamolo sottoterra perché possa diventare prima concime per la pianta della nostra conversione e solo dopo, attraverso i frutti, possiamo sperare di non vendere fumo, ma cibo che soddisfa veramente la fame di senso.☺

mike.tartaglia@virgilio.it

 

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