Mi ha fatto sorridere una considerazione del giornalista Carioti sulle agostane pagine del Corriere della Sera, quando ha scritto che una figura come Cavour non avrebbe oggi nessun impatto emotivo, perché la sua politica non si presenta in due minuti. Meglio Garibaldi, più popolare, eroe a cavallo e camicia rossa, efficace per qualsiasi campagna pubblicitaria mentre lui al massimo “potrebbe promuovere una marca di sigari”. Ricorre il bicentenario della nascita di Cavour e la cosa ha stimolato discussioni sullo statista, elogiato come “federalista” dalla Lega per aver predisposto una legge sulle autonomie locali, ma non di certo per voler dare all’Italia un assetto federale, bensì per predisporre una sorta di consorzi di province che non si realizzarono perché i problemi sorti nel Mezzogiorno li resero inapplicabili. Si dice che parlasse di Stato unitario pensando solo al Nord e che poi furono gli eventi a richiedere l’annessione del Sud. A tal proposito, lo scrittore pugliese Pino Aprile, meridionalista doc, nel suo libro Terroni asserisce che Cavour volle l’unità d’Italia perché il Piemonte era pieno di debiti, mentre il Regno delle Due Sicilie era ricco e florido.
Con l’unità d’Italia il Nord svuotò le ricche banche meridionali, le regge, i musei, risanando i suoi conti e costituendo immensi patrimoni privati. Al Sud i briganti in realtà erano ex soldati borbonici e patrioti, giunti alla guerriglia per difendere il proprio paese invaso. L’occupazione del Regno delle Due Sicilie pare fosse stata progettata con Francia ed Inghilterra ed in parte finanziata dalla massoneria (detto da Garibaldi). Perché inabissarsi in questa rievocazione? Forse perché in questo momento il bisogno di rispolverare nella storia il valore degli uomini che ne hanno cambiato il corso si fa sempre più forte, o perché questa riforma federalista, alla quale stiamo approdando, puzza troppo di imbroglio. Sarà alla fine l’ennesimo saccheggio del Sud. Certamente l’uso dissennato del denaro pubblico, gli sprechi della politica, rendono urgente una manovra che induca le autonomie regionali all’assunzione delle proprie responsabilità. Ma la grande e pericolosa minaccia è la privatizzazione dei beni comuni dalla quale deriva la gestione affaristica di privilegi appartenenti alla comunità, lo svuotamento delle garanzie di uno Stato democratico, l’arricchimento di pochi, la povertà diffusa. La manovra finanziaria taglia solo i bisogni primari, non le rendite dei più ricchi o dei più potenti.
In questi anni ho scelto sempre di ignorare il Cavaliere, ma ora che forse si avvicina il suo declino, potendo lanciare un messaggio-invettiva gli direi: “Caro signor B., lo Stato non è un’azienda, è un sentimento. Chi sente di appartenervi deve volare alto. Difendere il lavoro, la dignità umana, i valori fondamentali. Mi auguro sia prossimo il suo epilogo, spero che paghi per tutto il male morale che lei ha prodotto nel nostro Paese. Un male interiore, perché con il denaro in realtà Lei ha fondato il popolo delle libertà negate. Furbo e perverso, ha fatto in modo di ottenere con i suoi potenti mezzi da “lumbard” (televisioni, giornali, ecc.) la peggiore “distrazione di massa”. Sulla sua strada ha incontrato a destra e a manca tanti ominidi che, come lei, si nutrono di denaro e donnine, anzi femmine, corpi ed immagini a suo uso e consumo. Ha offeso tanta gente che ha lavorato tutta la vita, con la sua social card, costringendola a spendere la sua elemosina negli Iper dei suoi amici e amici anche di qualcun’altro. Si è inventato lo scudo per fare lo sconto speciale sulle tasse a chi voleva mettere in salvo il bottino, qualunque fosse la provenienza di quel denaro, purché riportasse in Patria il malloppo.
Ci è stato inoculato il disprezzo per la politica, ma senza la buona politica è lo Stato che muore. Però riesce a farsi ricattare dal “senatùr”, un nobile signore il cui miglior gesto è stato quello di alzare il dito medio contro i giornalisti, che finezza istituzionale! Che c’entra la questione meridionale? C’entra e Lei sa per quali strade. Se si dovesse consolidare una maggior divisione tra Nord e Sud bisognerebbe fare due conti e paragoni su quanto è stato investito in ferrovie, strade, ospedali, scuole al nord piuttosto che a sud per non essere condannati ad essere sempre in minorità. Non era l’Europa il progetto da consolidare per difenderci dalle grandi potenze che la accerchiano minacciandone lo Stato sociale ed il suo sistema politico? Il Mezzogiorno, con la sua centralità, potrà assumere in Europa un ruolo strategico nel bacino del Mediterraneo. Ora più che mai, dunque, l’europeismo per sopravvivere e rilanciarsi dovrebbe caricarsi di senso, di concrete opportunità di sviluppo coordinato, economico, sociale e civile. I gravissimi errori di politica economica che si stanno compiendo aggraveranno la crisi col rischio di una deflagrazione dell’area euro. Dunque non è forse il senso dello Stato il solo che può aiutarci a dirigere un forte e spontaneo senso di collaborazione generale? Ai cittadini serve soprattutto recuperare il diritto ad una vera scelta nel diritto al voto, serve potersi affidare a gente di grande preparazione politica e di grande senso morale per poter ricostruire un nuovo patto tra economia, società e democrazia.
Servono con urgenza alleanze tra imprenditori e realtà sociali. Serve una formazione per i giovani, intesa non come addestramento, ma come educazione, motivazione, metodo. Servono politiche per l’inclu- sione sociale per prevenire il disagio giovanile, la dispersione scolastica, le tossicodipendenze. Serve la cura nelle professioni, la cultura, lo sport. Servono risorse laddove si possono creare opportunità. Serve elevare il valore del lavoro, qualunque esso sia, come unica fonte di libertà civile. Serve rendersi consapevoli ed il più possibile svincolati dalle pubbliche assistenze. Ma accade che non possiamo più permetterci di esercitare il nostro diritto di cittadinanza stando rilassati e fiduciosi neppure nei nostri bisogni primari. Cambiando le regole del gioco e destabilizzando via via le poche certezze acquisite negli anni in ogni ambito, compreso il rispetto per la dignità umana, ci hanno resi più fragili, vulnerabili. Canne al vento. Senza idee e senza una vera politica non troveremo la forza per credere nella giustizia sociale.
In una parola: occorre Sussidiarietà. Questa parola mi affascina, sa di speranza, di buone idee, di alleanze tra i cittadini e lo Stato. Pensiamo a quanto bisogno ha il Molise di gente orgogliosa e combattiva per rafforzare le tante battaglie già avviate per la difesa dell’ambiente, del territorio, dell’economia. L’aver lasciato fare ci è costato caro, perseverare sarebbe diabolico”.☺
giuliadambrosio@hotmail.it
Mi ha fatto sorridere una considerazione del giornalista Carioti sulle agostane pagine del Corriere della Sera, quando ha scritto che una figura come Cavour non avrebbe oggi nessun impatto emotivo, perché la sua politica non si presenta in due minuti. Meglio Garibaldi, più popolare, eroe a cavallo e camicia rossa, efficace per qualsiasi campagna pubblicitaria mentre lui al massimo “potrebbe promuovere una marca di sigari”. Ricorre il bicentenario della nascita di Cavour e la cosa ha stimolato discussioni sullo statista, elogiato come “federalista” dalla Lega per aver predisposto una legge sulle autonomie locali, ma non di certo per voler dare all’Italia un assetto federale, bensì per predisporre una sorta di consorzi di province che non si realizzarono perché i problemi sorti nel Mezzogiorno li resero inapplicabili. Si dice che parlasse di Stato unitario pensando solo al Nord e che poi furono gli eventi a richiedere l’annessione del Sud. A tal proposito, lo scrittore pugliese Pino Aprile, meridionalista doc, nel suo libro Terroni asserisce che Cavour volle l’unità d’Italia perché il Piemonte era pieno di debiti, mentre il Regno delle Due Sicilie era ricco e florido.
Con l’unità d’Italia il Nord svuotò le ricche banche meridionali, le regge, i musei, risanando i suoi conti e costituendo immensi patrimoni privati. Al Sud i briganti in realtà erano ex soldati borbonici e patrioti, giunti alla guerriglia per difendere il proprio paese invaso. L’occupazione del Regno delle Due Sicilie pare fosse stata progettata con Francia ed Inghilterra ed in parte finanziata dalla massoneria (detto da Garibaldi). Perché inabissarsi in questa rievocazione? Forse perché in questo momento il bisogno di rispolverare nella storia il valore degli uomini che ne hanno cambiato il corso si fa sempre più forte, o perché questa riforma federalista, alla quale stiamo approdando, puzza troppo di imbroglio. Sarà alla fine l’ennesimo saccheggio del Sud. Certamente l’uso dissennato del denaro pubblico, gli sprechi della politica, rendono urgente una manovra che induca le autonomie regionali all’assunzione delle proprie responsabilità. Ma la grande e pericolosa minaccia è la privatizzazione dei beni comuni dalla quale deriva la gestione affaristica di privilegi appartenenti alla comunità, lo svuotamento delle garanzie di uno Stato democratico, l’arricchimento di pochi, la povertà diffusa. La manovra finanziaria taglia solo i bisogni primari, non le rendite dei più ricchi o dei più potenti.
In questi anni ho scelto sempre di ignorare il Cavaliere, ma ora che forse si avvicina il suo declino, potendo lanciare un messaggio-invettiva gli direi: “Caro signor B., lo Stato non è un’azienda, è un sentimento. Chi sente di appartenervi deve volare alto. Difendere il lavoro, la dignità umana, i valori fondamentali. Mi auguro sia prossimo il suo epilogo, spero che paghi per tutto il male morale che lei ha prodotto nel nostro Paese. Un male interiore, perché con il denaro in realtà Lei ha fondato il popolo delle libertà negate. Furbo e perverso, ha fatto in modo di ottenere con i suoi potenti mezzi da “lumbard” (televisioni, giornali, ecc.) la peggiore “distrazione di massa”. Sulla sua strada ha incontrato a destra e a manca tanti ominidi che, come lei, si nutrono di denaro e donnine, anzi femmine, corpi ed immagini a suo uso e consumo. Ha offeso tanta gente che ha lavorato tutta la vita, con la sua social card, costringendola a spendere la sua elemosina negli Iper dei suoi amici e amici anche di qualcun’altro. Si è inventato lo scudo per fare lo sconto speciale sulle tasse a chi voleva mettere in salvo il bottino, qualunque fosse la provenienza di quel denaro, purché riportasse in Patria il malloppo.
Ci è stato inoculato il disprezzo per la politica, ma senza la buona politica è lo Stato che muore. Però riesce a farsi ricattare dal “senatùr”, un nobile signore il cui miglior gesto è stato quello di alzare il dito medio contro i giornalisti, che finezza istituzionale! Che c’entra la questione meridionale? C’entra e Lei sa per quali strade. Se si dovesse consolidare una maggior divisione tra Nord e Sud bisognerebbe fare due conti e paragoni su quanto è stato investito in ferrovie, strade, ospedali, scuole al nord piuttosto che a sud per non essere condannati ad essere sempre in minorità. Non era l’Europa il progetto da consolidare per difenderci dalle grandi potenze che la accerchiano minacciandone lo Stato sociale ed il suo sistema politico? Il Mezzogiorno, con la sua centralità, potrà assumere in Europa un ruolo strategico nel bacino del Mediterraneo. Ora più che mai, dunque, l’europeismo per sopravvivere e rilanciarsi dovrebbe caricarsi di senso, di concrete opportunità di sviluppo coordinato, economico, sociale e civile. I gravissimi errori di politica economica che si stanno compiendo aggraveranno la crisi col rischio di una deflagrazione dell’area euro. Dunque non è forse il senso dello Stato il solo che può aiutarci a dirigere un forte e spontaneo senso di collaborazione generale? Ai cittadini serve soprattutto recuperare il diritto ad una vera scelta nel diritto al voto, serve potersi affidare a gente di grande preparazione politica e di grande senso morale per poter ricostruire un nuovo patto tra economia, società e democrazia.
Servono con urgenza alleanze tra imprenditori e realtà sociali. Serve una formazione per i giovani, intesa non come addestramento, ma come educazione, motivazione, metodo. Servono politiche per l’inclu- sione sociale per prevenire il disagio giovanile, la dispersione scolastica, le tossicodipendenze. Serve la cura nelle professioni, la cultura, lo sport. Servono risorse laddove si possono creare opportunità. Serve elevare il valore del lavoro, qualunque esso sia, come unica fonte di libertà civile. Serve rendersi consapevoli ed il più possibile svincolati dalle pubbliche assistenze. Ma accade che non possiamo più permetterci di esercitare il nostro diritto di cittadinanza stando rilassati e fiduciosi neppure nei nostri bisogni primari. Cambiando le regole del gioco e destabilizzando via via le poche certezze acquisite negli anni in ogni ambito, compreso il rispetto per la dignità umana, ci hanno resi più fragili, vulnerabili. Canne al vento. Senza idee e senza una vera politica non troveremo la forza per credere nella giustizia sociale.
In una parola: occorre Sussidiarietà. Questa parola mi affascina, sa di speranza, di buone idee, di alleanze tra i cittadini e lo Stato. Pensiamo a quanto bisogno ha il Molise di gente orgogliosa e combattiva per rafforzare le tante battaglie già avviate per la difesa dell’ambiente, del territorio, dell’economia. L’aver lasciato fare ci è costato caro, perseverare sarebbe diabolico”.☺
Mi ha fatto sorridere una considerazione del giornalista Carioti sulle agostane pagine del Corriere della Sera, quando ha scritto che una figura come Cavour non avrebbe oggi nessun impatto emotivo, perché la sua politica non si presenta in due minuti. Meglio Garibaldi, più popolare, eroe a cavallo e camicia rossa, efficace per qualsiasi campagna pubblicitaria mentre lui al massimo “potrebbe promuovere una marca di sigari”. Ricorre il bicentenario della nascita di Cavour e la cosa ha stimolato discussioni sullo statista, elogiato come “federalista” dalla Lega per aver predisposto una legge sulle autonomie locali, ma non di certo per voler dare all’Italia un assetto federale, bensì per predisporre una sorta di consorzi di province che non si realizzarono perché i problemi sorti nel Mezzogiorno li resero inapplicabili. Si dice che parlasse di Stato unitario pensando solo al Nord e che poi furono gli eventi a richiedere l’annessione del Sud. A tal proposito, lo scrittore pugliese Pino Aprile, meridionalista doc, nel suo libro Terroni asserisce che Cavour volle l’unità d’Italia perché il Piemonte era pieno di debiti, mentre il Regno delle Due Sicilie era ricco e florido.
Con l’unità d’Italia il Nord svuotò le ricche banche meridionali, le regge, i musei, risanando i suoi conti e costituendo immensi patrimoni privati. Al Sud i briganti in realtà erano ex soldati borbonici e patrioti, giunti alla guerriglia per difendere il proprio paese invaso. L’occupazione del Regno delle Due Sicilie pare fosse stata progettata con Francia ed Inghilterra ed in parte finanziata dalla massoneria (detto da Garibaldi). Perché inabissarsi in questa rievocazione? Forse perché in questo momento il bisogno di rispolverare nella storia il valore degli uomini che ne hanno cambiato il corso si fa sempre più forte, o perché questa riforma federalista, alla quale stiamo approdando, puzza troppo di imbroglio. Sarà alla fine l’ennesimo saccheggio del Sud. Certamente l’uso dissennato del denaro pubblico, gli sprechi della politica, rendono urgente una manovra che induca le autonomie regionali all’assunzione delle proprie responsabilità. Ma la grande e pericolosa minaccia è la privatizzazione dei beni comuni dalla quale deriva la gestione affaristica di privilegi appartenenti alla comunità, lo svuotamento delle garanzie di uno Stato democratico, l’arricchimento di pochi, la povertà diffusa. La manovra finanziaria taglia solo i bisogni primari, non le rendite dei più ricchi o dei più potenti.
In questi anni ho scelto sempre di ignorare il Cavaliere, ma ora che forse si avvicina il suo declino, potendo lanciare un messaggio-invettiva gli direi: “Caro signor B., lo Stato non è un’azienda, è un sentimento. Chi sente di appartenervi deve volare alto. Difendere il lavoro, la dignità umana, i valori fondamentali. Mi auguro sia prossimo il suo epilogo, spero che paghi per tutto il male morale che lei ha prodotto nel nostro Paese. Un male interiore, perché con il denaro in realtà Lei ha fondato il popolo delle libertà negate. Furbo e perverso, ha fatto in modo di ottenere con i suoi potenti mezzi da “lumbard” (televisioni, giornali, ecc.) la peggiore “distrazione di massa”. Sulla sua strada ha incontrato a destra e a manca tanti ominidi che, come lei, si nutrono di denaro e donnine, anzi femmine, corpi ed immagini a suo uso e consumo. Ha offeso tanta gente che ha lavorato tutta la vita, con la sua social card, costringendola a spendere la sua elemosina negli Iper dei suoi amici e amici anche di qualcun’altro. Si è inventato lo scudo per fare lo sconto speciale sulle tasse a chi voleva mettere in salvo il bottino, qualunque fosse la provenienza di quel denaro, purché riportasse in Patria il malloppo.
Ci è stato inoculato il disprezzo per la politica, ma senza la buona politica è lo Stato che muore. Però riesce a farsi ricattare dal “senatùr”, un nobile signore il cui miglior gesto è stato quello di alzare il dito medio contro i giornalisti, che finezza istituzionale! Che c’entra la questione meridionale? C’entra e Lei sa per quali strade. Se si dovesse consolidare una maggior divisione tra Nord e Sud bisognerebbe fare due conti e paragoni su quanto è stato investito in ferrovie, strade, ospedali, scuole al nord piuttosto che a sud per non essere condannati ad essere sempre in minorità. Non era l’Europa il progetto da consolidare per difenderci dalle grandi potenze che la accerchiano minacciandone lo Stato sociale ed il suo sistema politico? Il Mezzogiorno, con la sua centralità, potrà assumere in Europa un ruolo strategico nel bacino del Mediterraneo. Ora più che mai, dunque, l’europeismo per sopravvivere e rilanciarsi dovrebbe caricarsi di senso, di concrete opportunità di sviluppo coordinato, economico, sociale e civile. I gravissimi errori di politica economica che si stanno compiendo aggraveranno la crisi col rischio di una deflagrazione dell’area euro. Dunque non è forse il senso dello Stato il solo che può aiutarci a dirigere un forte e spontaneo senso di collaborazione generale? Ai cittadini serve soprattutto recuperare il diritto ad una vera scelta nel diritto al voto, serve potersi affidare a gente di grande preparazione politica e di grande senso morale per poter ricostruire un nuovo patto tra economia, società e democrazia.
Servono con urgenza alleanze tra imprenditori e realtà sociali. Serve una formazione per i giovani, intesa non come addestramento, ma come educazione, motivazione, metodo. Servono politiche per l’inclu- sione sociale per prevenire il disagio giovanile, la dispersione scolastica, le tossicodipendenze. Serve la cura nelle professioni, la cultura, lo sport. Servono risorse laddove si possono creare opportunità. Serve elevare il valore del lavoro, qualunque esso sia, come unica fonte di libertà civile. Serve rendersi consapevoli ed il più possibile svincolati dalle pubbliche assistenze. Ma accade che non possiamo più permetterci di esercitare il nostro diritto di cittadinanza stando rilassati e fiduciosi neppure nei nostri bisogni primari. Cambiando le regole del gioco e destabilizzando via via le poche certezze acquisite negli anni in ogni ambito, compreso il rispetto per la dignità umana, ci hanno resi più fragili, vulnerabili. Canne al vento. Senza idee e senza una vera politica non troveremo la forza per credere nella giustizia sociale.
In una parola: occorre Sussidiarietà. Questa parola mi affascina, sa di speranza, di buone idee, di alleanze tra i cittadini e lo Stato. Pensiamo a quanto bisogno ha il Molise di gente orgogliosa e combattiva per rafforzare le tante battaglie già avviate per la difesa dell’ambiente, del territorio, dell’economia. L’aver lasciato fare ci è costato caro, perseverare sarebbe diabolico”.☺
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