economia delle armi   di Pax Christi Molise
30 Dicembre 2011 Share

economia delle armi di Pax Christi Molise

 

Al convegno su “economia delle armi”, svoltosi a Termoli, e conclusosi con la redazione di una lettera aperta inviata al presidente del consiglio (riportata in pagina) abbiamo fatto nostro lo sdegno e la protesta di Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace e giriamo a voi le domande che pone: sono domande scomode ma sacre per noi e di sicuro impertinenti e blasfeme per altri.

È arrivato il tempo di ripensare un'istituzione pubblica che ci costa ventisette miliardi di euro all'anno, che spende male e spreca moltissimo.

Domandiamoci:

1) A che ci serve mantenere 178.600 militari in servizio quando ne impieghiamo al massimo trentamila?

2) Perché accettiamo che nel frattempo la polizia continui ad essere gravemente sotto organico?

3) A che ci serve avere un generale ogni 356 soldati e un maresciallo ogni tre militari in servizio (in tutto 500 generali e 57.000 marescialli)?

4) A cosa ci servono due portaerei, 131 cacciabombardieri, 400 carri armati e centinaia di altre armi che non potranno e dovranno essere mai utilizzate?

5) Perché vogliamo costringere i giovani a pagare il conto delle armi che stiamo ancora costruendo?

6) Perché continuiamo a mantenere quattromila soldati in Afghanistan quando tutti sanno che dieci anni di guerra non hanno risolto alcun problema?

E ancora (sono le domande puntuali del Generale Fabio Mini):

7) Perché illudiamo i giovani sulle prospettive d'impiego e buttiamo i soldi facendoli giocare alla guerra?

8) Perché arruoliamo volontari per un anno quando abbiamo sempre detto che non basta per addestrare, non basta per mandarli all'estero e uno di loro costa complessivamente come uno in servizio permanente?

9) Perché continuiamo a reclutare ufficiali e sottufficiali e li promuoviamo come se in futuro dovessimo avere dieci corpi d'armata?

10) Perché diciamo di avere un esubero di marescialli, che comunque sono già addestrati, e una vita operativa futura di pochi anni e li vogliamo rimpiazzare con un ugual numero di sergenti da formare, addestrare e tenere in esubero per i prossimi 40 anni?

11) Perché avevamo uno "scandalo" di comandi centrali e periferici ridondanti e oggi li abbiamo moltiplicati senza migliorarne l'efficienza?

12) Perché dobbiamo lasciare alla speculazione e all'abusivismo gli immobili militari dai quali sappiamo di non ricavare nulla di significativo?

13) Perché facciamo gravare gli oneri della crisi sul personale e non tocchiamo i contratti esterni, gli appalti, le forniture e gli sprechi?

Alla chiesa italiana guidata dal cardinal Bagnasco, purtroppo anche generale di corpo di armata, dato il suo precedente servizio come vescovo castrense, infine, abbiamo chiesto un gesto di coraggio: sopprimere “la diocesi armata”, perché l’esercito con i suoi cappellani militari fa diocesi a sé. Togliere i cappellani militari non significa abbandonare i militari, ma farli servire dalla parrocchia in cui ricade ogni caserma.

 

Lettera aperta

al Presidente del Consiglio

“Caro” Monti,

pane non armi!

Se nel PIL italiano rientrano anche le mine anti uomo, non più prodotte ma ancora operanti nel mondo con i loro devastanti effetti;

se nel debito pubblico consideriamo anche l’acquisto di armi,  bombardieri e mine;

allora perché non consideriamo le vittime umane, le distruzioni, le indicibili sofferenze e ingiustizie prodotte da queste armi?

Apparteniamo per cultura a un popolo nobile, ma siamo costretti a subire ingiustizie profonde perché:

– paghiamo la benzina, che ci serve per lavorare, troppo e sempre di più;

– riscuotiamo stipendi e pensioni sempre meno adeguate al reale costo della vita;

– perdiamo il lavoro perché i poteri forti non si occupano più della persona e fanno pagare i loro errori ed eccessi sempre ai più deboli.

Crediamo che se le “lacrime e sangue” della manovra, appena varata, avessero considerato le dannose, improduttive, inutili, scandalose e assurde spese militari, pochi avrebbero sofferto e molti avrebbero gioito.

Le armi, che il suo governo  può coraggiosamente ridimensionare, si tramuteranno in pane per molti di noi perché:

– le spese militari non ce le possiamo più permettere in uno scenario di profonda crisi economico-finanziaria;

– la corruzione ed il finanziamento illecito alla politica, che dietro le spese militari si nasconde, danneggiano l’intera collettività;

– tra un lavoratore che non può più andare in pensione e non può più lavorare e le spese militari, noi preferiamo il pensionato e il lavoratore;

– tra una famiglia che deve privarsi di risorse indispensabili per pagare le maggiori imposte sulla casa e le spese militari, noi preferiamo la famiglia;

– tra gli investimenti per la cooperazione internazionale e le “missioni di pace” fatte con le armi, noi preferiamo la cooperazione.

Le spese militari non hanno portato benessere né economico né civile, al popolo italiano e ai cittadini del mondo, sprecano risorse importanti che potrebbero servire per la crescita lavorativa, culturale, morale di questo paese e del mondo intero.

Come potremmo spiegare a un giovane o un bambino che siamo così scellerati da finanziare le spese militari e non il loro futuro e quello delle loro famiglie?

Come potremmo spiegare che queste spese sono fatte per la loro “sicurezza” ed hanno prodotto solo “insicurezza” sociale ed economica?

Meno spese militari significano più civiltà, più pane, più futuro per tutti!

"Caro" Monti, Pane non armi.

Termoli, 09/12/11

Pax Christi Molise,

Comitato Voci Libere, La Fonte Molise

 

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