Fiero di accogliere e aiutare
12 Gennaio 2024
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Fiero di accogliere e aiutare

Con l’aria che tira, e di fronte alle scelte dell’attuale governo in materia di immigrazione, il pensiero torna, personalmente, a lui. Alle soglie di un nuovo anno che pone nuove sfide, e in cui “progettare futuro” senza arrendersi alla tentazione dello scoraggiamento e del pessimismo, abbiamo un enorme bisogno di ripartire e ritrovare stimoli, modelli, belle persone il cui esempio possa rappresentare un’iniezione di fiducia. Abbiamo bisogno di idee e di un’idea di futuro e di comunità che dia speranza e parli di vita.
Quell’idea di futuro che a Mimmo Lucano venne in mente per la prima volta guardando il mare. E che è bello ripercorrere attraverso un libro non nuovissimo, ma ancora attualissimo, che ci racconta di lui, di un sogno che qualcuno ha tentato di buttar giù a sassate ma che può tornare a vivere e a realizzarsi. Il fuorilegge. La lunga battaglia di un uomo solo (Feltrinelli) è una storia che abbiamo bisogno di rileggere. A Riace, lo sappiamo, alla fine degli anni novanta, non esistevano quasi più né l’agricoltura, né l’ allevamento, l’artigianato custodiva preziose tradizioni sepolte, trascurate, dimenticate. L’unica possibilità per i pochi abitanti rimasti era andare via. Esattamente come per chi a Riace arrivava, disperato, dal mare.
Poi quella luce che si accende, quei migranti curdi che sbarcano nel luglio del 1998, a cui Lucano guarda come ad un’ insperata opportunità per ridare vita alla sua comunità, ed ecco che nasce il sistema di accoglienza diffuso, che in pochi mesi cambia tutto. Le case del centro, da tempo abbandonate, si ripopolano. Centinaia di rifugiati possono ricostruire le loro famiglie, ridare vita alle botteghe e alle case, e rimettono in moto l’economia del paese, il cui volto cambia.
Il sistema funziona. Ma Lucano, si sa, è un fuorilegge. Il 2 ottobre 2018, mentre il Ministero dell’Interno era sotto la responsabilità di Matteo Salvini, viene arrestato con l’accusa di favoreggiamento dell’ immigrazione clandestina. Per un bambino di quattro mesi nato a Reggio Calabria, (figlio di una donna arrivata in Italia su una nave di migranti), che dopo sei giorni arriva a Riace e al quale, su richiesta della madre,viene rilasciata la carta di identità, dopo tre anni Lucano viene accusato dalla Procura della Repubblica di Locri di falso in atto pubblico perché il bambino non aveva il permesso di soggiorno, così come la madre.
I progetti di accoglienza vengono chiusi e in paese tornano a sentirsi i passi che risuonano sul selciato polveroso, in un silenzio che non porta niente di buono. Le porte delle botteghe si chiudono e le attività economiche muoiono. Lo spopolamento torna a sferzare Riace, dopo una ventata di novità, di vita.
Ma Lucano non si è fermato e, di fronte alla vicenda giudiziaria che lo ha visto implicato, non ha smesso di avere fiducia, pur facendo i conti con l’amarezza e con un profondo senso di sconfitta. Ha lottato per difendere il modello Riace, fiero di aver accolto e aiutato, è stato accusato, condannato al carcere. Ma l’assoluzione ci ha detto, ora, dopo anni, che è innocente, ed è per questo suo stile di vita e di lotta che ci piace l’idea di ripartire da lui per non arrenderci di fronte a tutto quello che sembra essere una strada troppo lunga e complicata da percorrere. Lucano non ha mai smesso di credere nella sua idea: ogni comunità deve fondarsi sul rispetto della dignità umana.
La sua storia è la storia di chiunque di noi scelga di infrangere una legge ingiusta per rimanere fedele alla legge più alta, quella della propria coscienza. Un invito alla caparbietà e al coraggio di difendere un valore. Una testimonianza diretta e profonda che ci invita ad aprire gli occhi su chi siamo e su chi vogliamo essere, e su qual è la parte dalla quale vogliamo stare. “Riace – ha affermato Lucano – era la dimostrazione plastica di com’è stato possibile in un luogo limite, dove ci sono tantissime questioni sociali irrisolte, dove imperversa anche l’estorsione mafiosa, rispondere con l’umanità, immedesimarsi nelle difficoltà degli altri. Io sono stato educato che rispondere con l’indifferenza o facendo finta di non vedere rispetto ai problemi degli altri è vigliaccheria. Non c’è polemica nelle mie parole ma non conta pregare o, quando viene Natale, andare in chiesa, non conta questo. C’era un teologo della liberazione che diceva: “La vita è un no o un sì a Dio”. Se tu sei capace di odiare, discriminare, chiudere la porta in faccia alle persone, non avere rispetto della dignità umana, allora stai dicendo no a Dio. Come disse padre Alex Zanotelli: “Come può un cristiano votare per Salvini?”.
Buon anno e buon lavoro, a tutti.☺

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