
La poesia civile di Enzo Bacca: “la cantina – come lisca conficcata in gola”
la cantina
Meglio restare in cantina a spillare vino?
Fuori la strada non è cinema d’autore
brucia ogni cosa. Anche l’aria.
(Ma dov’è finito quel poco che era il tutto).
Non uscire, oltre
non si comprende più l’amore-
meglio sostare sui sogni ancora accesi
in cantina, dove pure l’odore di muffa
meglio del gas nervino fuori da quella porta.
Sono giorni senza spazzatrici, alle sei
nemmeno un operatore ecologico. E neppure
il fischio del metronotte che rincasa.
Anche il silenzio brucia sui tetti
idrocarburo lento che buca il cemento.
Sono ore di fuoco sulle cicatrici del mondo.
Eppure una piantina di basilico muove libera
nella terra ingabbiata. Ubriaca?
come lisca conficcata in gola
Conservano nel canto
le cicatrici del mondo
e spesso quella nenia è canto funebre.
Per quanto tempo ancora l’ugola
sarà foresta di mangrovie?
Nessun pentimento alla vista, all’oto,
sul flebile graffio, testamento
tra i filari ricomposti delle salme.
Al vuoto d’ogni ipocrisia. Amaranto
anche il ritornello d’allontanamento.
Conservano la veste scura delle tenebre
come lisca conficcata in gola
le madri genuflesse di Jabàlya.