una pianta dai dolci frutti di Gildo Giannotti | La Fonte TV
La pianta del fico (Ficus carica L.) proviene dalla Caria, una regione dell'Asia Minore, come si evince dal nome della specie carica. Testimonianze della sua coltivazione risalgono già alle prime civiltà agricole di Mesopotamia, Palestina ed Egitto, da dove si diffuse successivamente in tutto il bacino del Mediterraneo. La Bibbia cita il fico innumerevoli volte e di certo questa pianta è più antica di Adamo ed Eva, che ne utilizzarono le foglie per coprirsi dopo il peccato originale. Ma il fico trova spazio anche nella cultura greca: Omero decanta i suoi dolci frutti nel giardino di Alcinoo e tra i consumatori più illustri si annoverano Platone, soprannominato “mangiatore di fichi”, Democrito e Zenone; per quest'ultimo pare che i fichi fossero l'unico cibo. Nell’antica Roma il fico è addirittura l’albero sacro, presente nel mito delle origini. Secondo Plutarco, la cesta con Romolo e Remo abbandonata alla corrente del Tevere, si arrestò sotto il fico ruminale (chiamato così dalla dea Rumina, che presiedeva all’allattamento) e lì i due gemelli furono allattati dalla lupa.
Il fico è una pianta dei climi temperati, appartenente alla famiglia delle Moracee. Data l'elevata rusticità, la coltivazione del fico è possibile in tutti i terreni della nostra penisola, a volte anche lungo i corsi d'acqua, come ci ricorda quel detto proverbiale proprio di Bonefro:
'a fíqu're 'n'gande 'u uellone:
chiunghe passe ettende 'u verdone.
Da un punto di vista metaforico, il detto significa che tutti sono portati a giudicare ciò che si trova in una posizione 'esposta', come coloro che, passando accanto ad un fico che sorge in prossimità di un luogo trafficato, sono spinti a toccarne i frutti per saggiarne il grado di maturazione.
Nella fase che precede la sua maturazione, il frutto racchiude all'interno piccolissimi fiori unisessuali. La loro fecondazione non sarebbe possibile senza la singolare simbiosi tra un insetto e una varietà di fico. L'insetto, appartenente alla stessa famiglia delle vespe e lungo non più di due millimetri (Blastophaga psenes), vive infatti all'interno del frutto del caprifico, a partire dal quale va a fecondare il fico domestico, entrando e uscendo attraverso l'ostiolo, unica apertura del frutto stesso. Il caprifico è una specie di fico non edule, che nasce spontaneo sui muri e nei posti più impensabili, e per questo è detto in dialetto 'a fiqu're pazze, ma svolge in realtà una funzione insostituibile per la fecondazione. Con la successiva maturazione, si formeranno i semi, ed il frutto, commestibile, si riempirà di succo gelatinoso e dolce. Il frutto del fico, botanicamente, è una grossa infruttescenza carnosa, detta siconio, ricca di zuccheri a maturazione raggiunta. Le uniche due varietà che non ricorrono all'opera di questo insetto sono la Dottato e quella detta Del vescovo, in quanto si riproducono per partenogenesi, ovvero senza formazione dei semi.
Ma le varietà coltivate sono diverse centinaia. Esse vengono classificate secondo l'epoca di maturazione, il colore della buccia, la destinazione della produzione oppure il numero delle fruttificazioni annue. Infatti esistono quelle unifere, che hanno una sola maturazione all'anno, e le bifere, che producono, invece, in due volte (i fioroni, 'i prime fíqu're, e i forniti, 'i s'conde fíqu're). Le varietà più rappresentative del nostro territorio appartengono tutte al secondo gruppo e sono 'a g'ndile, 'a carlendine, 'a san Giach'me, 'a f'curelle nere, 'a bbottep'zzende, 'a culombe, 'a turterelle…
Oggi, del fico si apprezzano essenzialmente le qualità alimentari. Dal punto di vista nutrizionale, però, bisogna distinguere il fico fresco da quello secco. Il primo è un frutto che contiene zuccheri facilmente assimilabili (11-12%) e una buona quantità di minerali (soprattutto potassio, calcio e ferro), mentre è poco fornito di vitamine. È un alimento nutriente, facilmente digeribile e per questo è raccomandabile nell'infanzia e nell'adolescenza e in tutti quei casi in cui sia necessaria una fonte di energia rapidamente utilizzabile. Il fico secco, rispetto a quello fresco, diventa quasi un altro alimento: il contenuto di fibra aumenta di cinque volte e lo rende eccellente per mantenere regolato l'intestino pigro. Un etto di fichi secchi copre il 20% del fabbisogno giornaliero di calcio e apporta all'organismo il 30% del ferro necessario ogni giorno. Inoltre è ampiamente sperimentata l'utilità del decotto di fichi secchi, confezionati dalle nostre parti nei cosiddetti sp'rchiale. Per un buon decotto occorrono 50 grammi di fichi secchi, spezzettati e bolliti per dieci minuti in un litro d'acqua. Questo decotto svolge un'azione benefica nelle infiammazioni delle vie respiratorie e urinarie, nelle gastriti e nelle coliti.☺
giannotti.gildo@gmail.com
La pianta del fico (Ficus carica L.) proviene dalla Caria, una regione dell'Asia Minore, come si evince dal nome della specie carica. Testimonianze della sua coltivazione risalgono già alle prime civiltà agricole di Mesopotamia, Palestina ed Egitto, da dove si diffuse successivamente in tutto il bacino del Mediterraneo. La Bibbia cita il fico innumerevoli volte e di certo questa pianta è più antica di Adamo ed Eva, che ne utilizzarono le foglie per coprirsi dopo il peccato originale. Ma il fico trova spazio anche nella cultura greca: Omero decanta i suoi dolci frutti nel giardino di Alcinoo e tra i consumatori più illustri si annoverano Platone, soprannominato “mangiatore di fichi”, Democrito e Zenone; per quest'ultimo pare che i fichi fossero l'unico cibo. Nell’antica Roma il fico è addirittura l’albero sacro, presente nel mito delle origini. Secondo Plutarco, la cesta con Romolo e Remo abbandonata alla corrente del Tevere, si arrestò sotto il fico ruminale (chiamato così dalla dea Rumina, che presiedeva all’allattamento) e lì i due gemelli furono allattati dalla lupa.
Il fico è una pianta dei climi temperati, appartenente alla famiglia delle Moracee. Data l'elevata rusticità, la coltivazione del fico è possibile in tutti i terreni della nostra penisola, a volte anche lungo i corsi d'acqua, come ci ricorda quel detto proverbiale proprio di Bonefro:
'a fíqu're 'n'gande 'u uellone:
chiunghe passe ettende 'u verdone.
Da un punto di vista metaforico, il detto significa che tutti sono portati a giudicare ciò che si trova in una posizione 'esposta', come coloro che, passando accanto ad un fico che sorge in prossimità di un luogo trafficato, sono spinti a toccarne i frutti per saggiarne il grado di maturazione.
Nella fase che precede la sua maturazione, il frutto racchiude all'interno piccolissimi fiori unisessuali. La loro fecondazione non sarebbe possibile senza la singolare simbiosi tra un insetto e una varietà di fico. L'insetto, appartenente alla stessa famiglia delle vespe e lungo non più di due millimetri (Blastophaga psenes), vive infatti all'interno del frutto del caprifico, a partire dal quale va a fecondare il fico domestico, entrando e uscendo attraverso l'ostiolo, unica apertura del frutto stesso. Il caprifico è una specie di fico non edule, che nasce spontaneo sui muri e nei posti più impensabili, e per questo è detto in dialetto 'a fiqu're pazze, ma svolge in realtà una funzione insostituibile per la fecondazione. Con la successiva maturazione, si formeranno i semi, ed il frutto, commestibile, si riempirà di succo gelatinoso e dolce. Il frutto del fico, botanicamente, è una grossa infruttescenza carnosa, detta siconio, ricca di zuccheri a maturazione raggiunta. Le uniche due varietà che non ricorrono all'opera di questo insetto sono la Dottato e quella detta Del vescovo, in quanto si riproducono per partenogenesi, ovvero senza formazione dei semi.
Ma le varietà coltivate sono diverse centinaia. Esse vengono classificate secondo l'epoca di maturazione, il colore della buccia, la destinazione della produzione oppure il numero delle fruttificazioni annue. Infatti esistono quelle unifere, che hanno una sola maturazione all'anno, e le bifere, che producono, invece, in due volte (i fioroni, 'i prime fíqu're, e i forniti, 'i s'conde fíqu're). Le varietà più rappresentative del nostro territorio appartengono tutte al secondo gruppo e sono 'a g'ndile, 'a carlendine, 'a san Giach'me, 'a f'curelle nere, 'a bbottep'zzende, 'a culombe, 'a turterelle…
Oggi, del fico si apprezzano essenzialmente le qualità alimentari. Dal punto di vista nutrizionale, però, bisogna distinguere il fico fresco da quello secco. Il primo è un frutto che contiene zuccheri facilmente assimilabili (11-12%) e una buona quantità di minerali (soprattutto potassio, calcio e ferro), mentre è poco fornito di vitamine. È un alimento nutriente, facilmente digeribile e per questo è raccomandabile nell'infanzia e nell'adolescenza e in tutti quei casi in cui sia necessaria una fonte di energia rapidamente utilizzabile. Il fico secco, rispetto a quello fresco, diventa quasi un altro alimento: il contenuto di fibra aumenta di cinque volte e lo rende eccellente per mantenere regolato l'intestino pigro. Un etto di fichi secchi copre il 20% del fabbisogno giornaliero di calcio e apporta all'organismo il 30% del ferro necessario ogni giorno. Inoltre è ampiamente sperimentata l'utilità del decotto di fichi secchi, confezionati dalle nostre parti nei cosiddetti sp'rchiale. Per un buon decotto occorrono 50 grammi di fichi secchi, spezzettati e bolliti per dieci minuti in un litro d'acqua. Questo decotto svolge un'azione benefica nelle infiammazioni delle vie respiratorie e urinarie, nelle gastriti e nelle coliti.☺
La pianta del fico (Ficus carica L.) proviene dalla Caria, una regione dell'Asia Minore, come si evince dal nome della specie carica. Testimonianze della sua coltivazione risalgono già alle prime civiltà agricole di Mesopotamia, Palestina ed Egitto, da dove si diffuse successivamente in tutto il bacino del Mediterraneo. La Bibbia cita il fico innumerevoli volte e di certo questa pianta è più antica di Adamo ed Eva, che ne utilizzarono le foglie per coprirsi dopo il peccato originale. Ma il fico trova spazio anche nella cultura greca: Omero decanta i suoi dolci frutti nel giardino di Alcinoo e tra i consumatori più illustri si annoverano Platone, soprannominato “mangiatore di fichi”, Democrito e Zenone; per quest'ultimo pare che i fichi fossero l'unico cibo. Nell’antica Roma il fico è addirittura l’albero sacro, presente nel mito delle origini. Secondo Plutarco, la cesta con Romolo e Remo abbandonata alla corrente del Tevere, si arrestò sotto il fico ruminale (chiamato così dalla dea Rumina, che presiedeva all’allattamento) e lì i due gemelli furono allattati dalla lupa.
Il fico è una pianta dei climi temperati, appartenente alla famiglia delle Moracee. Data l'elevata rusticità, la coltivazione del fico è possibile in tutti i terreni della nostra penisola, a volte anche lungo i corsi d'acqua, come ci ricorda quel detto proverbiale proprio di Bonefro:
'a fíqu're 'n'gande 'u uellone:
chiunghe passe ettende 'u verdone.
Da un punto di vista metaforico, il detto significa che tutti sono portati a giudicare ciò che si trova in una posizione 'esposta', come coloro che, passando accanto ad un fico che sorge in prossimità di un luogo trafficato, sono spinti a toccarne i frutti per saggiarne il grado di maturazione.
Nella fase che precede la sua maturazione, il frutto racchiude all'interno piccolissimi fiori unisessuali. La loro fecondazione non sarebbe possibile senza la singolare simbiosi tra un insetto e una varietà di fico. L'insetto, appartenente alla stessa famiglia delle vespe e lungo non più di due millimetri (Blastophaga psenes), vive infatti all'interno del frutto del caprifico, a partire dal quale va a fecondare il fico domestico, entrando e uscendo attraverso l'ostiolo, unica apertura del frutto stesso. Il caprifico è una specie di fico non edule, che nasce spontaneo sui muri e nei posti più impensabili, e per questo è detto in dialetto 'a fiqu're pazze, ma svolge in realtà una funzione insostituibile per la fecondazione. Con la successiva maturazione, si formeranno i semi, ed il frutto, commestibile, si riempirà di succo gelatinoso e dolce. Il frutto del fico, botanicamente, è una grossa infruttescenza carnosa, detta siconio, ricca di zuccheri a maturazione raggiunta. Le uniche due varietà che non ricorrono all'opera di questo insetto sono la Dottato e quella detta Del vescovo, in quanto si riproducono per partenogenesi, ovvero senza formazione dei semi.
Ma le varietà coltivate sono diverse centinaia. Esse vengono classificate secondo l'epoca di maturazione, il colore della buccia, la destinazione della produzione oppure il numero delle fruttificazioni annue. Infatti esistono quelle unifere, che hanno una sola maturazione all'anno, e le bifere, che producono, invece, in due volte (i fioroni, 'i prime fíqu're, e i forniti, 'i s'conde fíqu're). Le varietà più rappresentative del nostro territorio appartengono tutte al secondo gruppo e sono 'a g'ndile, 'a carlendine, 'a san Giach'me, 'a f'curelle nere, 'a bbottep'zzende, 'a culombe, 'a turterelle…
Oggi, del fico si apprezzano essenzialmente le qualità alimentari. Dal punto di vista nutrizionale, però, bisogna distinguere il fico fresco da quello secco. Il primo è un frutto che contiene zuccheri facilmente assimilabili (11-12%) e una buona quantità di minerali (soprattutto potassio, calcio e ferro), mentre è poco fornito di vitamine. È un alimento nutriente, facilmente digeribile e per questo è raccomandabile nell'infanzia e nell'adolescenza e in tutti quei casi in cui sia necessaria una fonte di energia rapidamente utilizzabile. Il fico secco, rispetto a quello fresco, diventa quasi un altro alimento: il contenuto di fibra aumenta di cinque volte e lo rende eccellente per mantenere regolato l'intestino pigro. Un etto di fichi secchi copre il 20% del fabbisogno giornaliero di calcio e apporta all'organismo il 30% del ferro necessario ogni giorno. Inoltre è ampiamente sperimentata l'utilità del decotto di fichi secchi, confezionati dalle nostre parti nei cosiddetti sp'rchiale. Per un buon decotto occorrono 50 grammi di fichi secchi, spezzettati e bolliti per dieci minuti in un litro d'acqua. Questo decotto svolge un'azione benefica nelle infiammazioni delle vie respiratorie e urinarie, nelle gastriti e nelle coliti.☺
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