Il molise per gaza
14 Novembre 2025
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Il molise per gaza

Ebbene sì, anche questa volta il Molise esiste. E smentisce il pensiero dominante sulla sua dormienza, quello che a malincuore dobbiamo accettare quando vediamo la scarsa reattività su temi vitali come la sanità o la povertà crescente (con le dovute eccezioni, ovviamente).
Le settimane appena trascorse ci hanno trascinato in un colorato vortice di bandiere, cartelli, musica e cori appassionati: quasi dappertutto il popolo molisano è sceso spontaneamente in piazza con Gaza nel cuore, ha bloccato strade e circonvallazioni, ha organizzato raccolte fondi, ha sostenuto la flottiglia della resilienza, ha scioperato convintamente.
E chi poteva raccogliere i richiami disperati di un popolo morente se non i ragazzi più giovani? L’orrore di Gaza ha riportato nelle piazze una e più generazioni che, a differenza di noi “vecchi”, nelle piazze non trovavano il proprio naturale luogo di elezione, se non per grandi temi ambientali o civili. I giovanissimi del nuovo secolo hanno capito forse prima di noi che l’umanità stava morendo con la Palestina, e l’ingiustizia mostruosa commessa su quella terra martoriata è risuonata nei loro cuori più forte di ogni ragionevolezza.
Vivo dall’inizio con angoscia infinita il senso di impotenza devastante che penso ognuno di noi, se è rimasto umano, abbia sperimentato in questi due anni; ancora più drammatica per avere noi avuto la fortuna di vivere costantemente in un mondo che, pur pieno di guerre e ingiustizie, potevamo immaginare in pace, se ci limitavamo a guardare nel nostro comodo cortile di casa. E proprio per questo lo shock è stato ancora più traumatico.
Per i tantissimi ragazzi che anche in Molise hanno scelto di stare dalla parte giusta della storia, Gaza è stata l’innesco deflagrante della voglia giovanile di buttare giù le certezze (fondate sull’ingiustizia) del mondo adulto, che vuole educarli al culto del denaro, allo sfruttamento legalizzato, alla competizione. Quel mondo del quale rifiutano i riti elettorali e soprattutto i partiti, identificati come fonte principale di imbrogli e accumulo di potere.
È stato bellissimo e consolante ritrovarsi nelle piazze con loro, condividere rabbia e dolore ma anche speranza e determinazione; e poiché la creatività e la poesia appartengono alla loro età, le scritte e le immagini più folgoranti erano senza dubbio sui loro cartelli.
Se ci fermiamo però un attimo a riflettere, emergono dati sui quali ragionare; prima di tutto, la sensazione che con queste manifestazioni si celebri davvero il funerale del Novecento, come hanno scritto in molti: l’addio al “secolo terribile”, che questi ragazzi hanno conosciuto solo sui libri di storia, del quale rifiutano in blocco il costante ricorso alla guerra come soluzione dei conflitti e il dominio progressivo del capitalismo di rapina, che Trump ora esemplifica plasticamente, ma che è partito certamente dal secolo scorso.
Emerge poi con forza un aspetto preoccupante: i ragazzi, che si sono così velocemente organizzati nella “flottiglia di terra” in difesa di quella di mare, rifiutano quasi con odio qualsiasi struttura che ritengono estranea, partito o sindacato che sia. Sarà molto difficile convincerli a votare o a far parte di un gruppo organizzato, che percepiscono come stanco rito del passato, parte di quella politica dell’inciucio e del ricatto morale che non entra nel loro orizzonte.
Ma come cambiare un sistema marcio come il nostro senza l’espressione del voto? Come farlo senza le istituzioni? Solo con una rivoluzione. Ma la rivoluzione richiede una base ideologica, senso profondo della democrazia, organizzazione precisa e masse popolari coinvolte intimamente; e purtroppo non vedo nulla del genere in Italia.
Parlando con gli studenti delle scuole scesi massicciamente in strada, che dappertutto in Italia hanno occupato istituti e università, incuranti delle minacce di presidi e rettori, ci si accorge che non sopportano il tono paternalistico con cui gli adulti cercano inevitabilmente di dare suggerimenti, di guidarli, di dire loro come continuare la lotta.
È giusto che questa voglia di protestare prenda le loro modalità di azione: qualcuno ha scritto che Gaza è stata per i millennials quello che il Vietnam è stato per la generazione degli anni Sessanta e Settanta. E oggi come allora si trovano di fronte il muro del capitale, degli interessi economici da cui ora come allora nascono le guerre, dell’ asservimento di ogni ideale al Dio denaro.
Oggi però c’è una variabile nuova: quella del fascismo eterno che dilaga nel mondo, delle dittature trionfanti che si pongono come custodi dell’ordine contro l’ anarchia. Oggi anche in Italia è più facile reprimere, capovolgere la storia, controllare scuole e istituzioni: vediamo tutti i giorni gli aperti tentativi di costruire narrative fasulle cancellando Costituzione e verità. E su questo non si comincerà mai abbastanza presto a fare resistenza.
A noi tocca quindi il compito difficile di non perdere i contatti con questa straordinaria forza giovanile: di imparare ad ascoltarli, i nostri ragazzi, senza imporre i nostri modi di agire; per poter trasmettere loro su un piano di parità le conoscenze storiche e di esperienza che consentano di evitare passi falsi e inutili atti di violenza, e soprattutto riavvicinarli all’esercizio del voto, dimostrando loro senza atteggiamenti professorali che ci si può fidare della politica vera, costruita sul valore delle persone.☺

“Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia” (Enrico Berlinguer)

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