una rivoluzione democratica di Famiano crucianelli | La Fonte TV
Il 17 Ottobre si è tenuta a Termoli una buona iniziativa con la presidente nazionale di Libertà e Giustizia Sandra Bonsanti. Buona, perché non si è discusso di organigrammi, di liste e alleanze elettorali, di posti di governo e di sottogoverno. Buona, perché si sono affrontati con serietà le ragioni della crisi di legittimità dei partiti, delle istituzioni e del ceto politico. Infine buona, perché riflessioni, confronti e comunità pensanti come quella che abbiamo visto a Termoli sono semi preziosi, se vogliamo sperare in un futuro migliore.
Lo stato delle cose presenti è molto preoccupante, non solo perché i cittadini, i lavoratori, la gente normale soffre di una grave crisi sociale, ma in primo luogo perché il nostro è un paese senza classe dirigente, e ciò che resta della politica è in gran parte profondamente malato. La malattia ha da tempo varcato il campo berlusconiano, si è diffusa a 360 gradi e non risparmia proprio nessuno, compresi quei partiti e organizzazioni che della legalità e della moralità avevano fatto la loro bandiera. Il sen. De Gregorio, l’on. Scilipoti, il consigliere regionale del Lazio Vincenzo Mariuccio e diversi altri rappresentano la schiera degli indagati e dei saltimbanchi della politica che vengono non dalle file berlusconiane o dalle zone grigie del partito democratico, ma dall’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. La mia non vuole essere una polemica, né un’accusa gratuita, è solo una riflessione, una considerazione amara. L’ex pubblico ministero del Pool di Mani pulite ha fatto della questione morale e della lotta al malcostume la bandiera del suo partito: se anche dal suo partito vengono inquisiti, corrotti e trasformisti, questo può significare solo due cose: la malattia è profondissima e le terapie inventate si sono rivelate inutili, se non dannose.
Alla fine degli anni ‘80 si è consumata la prima Repubblica, negli anni ’90 è sfiorita la seconda Repubblica, nei primi anni 2000 si è sperimentata la fantomatica terza Repubblica. Se in questi ultimi mesi della legislatura si dovesse approvare la legge elettorale in discussione al Senato torneremmo alla prima Repubblica, siamo ad un macabro gioco dell’oca. Macabro perché alla fine di questa storia rischiamo di avere solo macerie della politica, delle istituzioni e della democrazia.
Perché siamo arrivati a questo punto? Perché tanti innovatori o presunti tali hanno finito per portare legna al fuoco che sta divorando la credibilità della politica? Perché la politica si è ridotta a un bazar dove si compra e si vende di tutto? Le ragioni della miseria politica dell’oggi vengono da molto lontano, noi abbiamo una breve stagione della democrazia che ha trovato la sua genesi, il suo nutrimento nella lotta di liberazione dal fascismo. In quegli anni si sono formati partiti veri, ha preso consistenza e solidità una società civile organizzata, si sono imposti ideali e pensieri forti, il conflitto e la dialettica sociale hanno nutrito istituzioni, politica e democrazia. Una stagione tanto feconda quanto breve. Come il Battista nel deserto, Berlinguer nei primi anni ‘80 ha tentato di avvertire che la nostra casa stava bruciando, ma in pochissimi lo ascoltarono e la mala pianta del degrado morale e della corruzione è cresciuta rigogliosa. Poi in questi ultimi venti anni sotto le bandiere del nuovismo a destra come a sinistra siamo tornati ai vizi antichissimi della tradizione italiana: il gattopardismo e il trasformismo.
Senza una vera, nuova e radicale rivoluzione democratica il destino morale, politico e materiale del nostro paese è segnato. Per questo è vitale un rinnovamento alla radice della classe dirigente e un nuovo e potente protagonismo dei cittadini. Per questo è decisiva la ricostruzione di un tessuto politico democraticamente organizzato. Per questo è fondamentale un progetto, un programma politico-ideale che renda concreta agli occhi di milioni di uomini e donne la possibilità di un altro mondo. Per questo è importante che il governo Monti volga al tramonto, non solo perché i ceti più deboli pagano il prezzo più salato in questa crisi economico-finanziaria, ma, anche, perché cessi questo zibaldone, questo frullato politico che mescola tutto e tutti.☺
famiano.crucianelli@tiscali.it
Il 17 Ottobre si è tenuta a Termoli una buona iniziativa con la presidente nazionale di Libertà e Giustizia Sandra Bonsanti. Buona, perché non si è discusso di organigrammi, di liste e alleanze elettorali, di posti di governo e di sottogoverno. Buona, perché si sono affrontati con serietà le ragioni della crisi di legittimità dei partiti, delle istituzioni e del ceto politico. Infine buona, perché riflessioni, confronti e comunità pensanti come quella che abbiamo visto a Termoli sono semi preziosi, se vogliamo sperare in un futuro migliore.
Lo stato delle cose presenti è molto preoccupante, non solo perché i cittadini, i lavoratori, la gente normale soffre di una grave crisi sociale, ma in primo luogo perché il nostro è un paese senza classe dirigente, e ciò che resta della politica è in gran parte profondamente malato. La malattia ha da tempo varcato il campo berlusconiano, si è diffusa a 360 gradi e non risparmia proprio nessuno, compresi quei partiti e organizzazioni che della legalità e della moralità avevano fatto la loro bandiera. Il sen. De Gregorio, l’on. Scilipoti, il consigliere regionale del Lazio Vincenzo Mariuccio e diversi altri rappresentano la schiera degli indagati e dei saltimbanchi della politica che vengono non dalle file berlusconiane o dalle zone grigie del partito democratico, ma dall’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. La mia non vuole essere una polemica, né un’accusa gratuita, è solo una riflessione, una considerazione amara. L’ex pubblico ministero del Pool di Mani pulite ha fatto della questione morale e della lotta al malcostume la bandiera del suo partito: se anche dal suo partito vengono inquisiti, corrotti e trasformisti, questo può significare solo due cose: la malattia è profondissima e le terapie inventate si sono rivelate inutili, se non dannose.
Alla fine degli anni ‘80 si è consumata la prima Repubblica, negli anni ’90 è sfiorita la seconda Repubblica, nei primi anni 2000 si è sperimentata la fantomatica terza Repubblica. Se in questi ultimi mesi della legislatura si dovesse approvare la legge elettorale in discussione al Senato torneremmo alla prima Repubblica, siamo ad un macabro gioco dell’oca. Macabro perché alla fine di questa storia rischiamo di avere solo macerie della politica, delle istituzioni e della democrazia.
Perché siamo arrivati a questo punto? Perché tanti innovatori o presunti tali hanno finito per portare legna al fuoco che sta divorando la credibilità della politica? Perché la politica si è ridotta a un bazar dove si compra e si vende di tutto? Le ragioni della miseria politica dell’oggi vengono da molto lontano, noi abbiamo una breve stagione della democrazia che ha trovato la sua genesi, il suo nutrimento nella lotta di liberazione dal fascismo. In quegli anni si sono formati partiti veri, ha preso consistenza e solidità una società civile organizzata, si sono imposti ideali e pensieri forti, il conflitto e la dialettica sociale hanno nutrito istituzioni, politica e democrazia. Una stagione tanto feconda quanto breve. Come il Battista nel deserto, Berlinguer nei primi anni ‘80 ha tentato di avvertire che la nostra casa stava bruciando, ma in pochissimi lo ascoltarono e la mala pianta del degrado morale e della corruzione è cresciuta rigogliosa. Poi in questi ultimi venti anni sotto le bandiere del nuovismo a destra come a sinistra siamo tornati ai vizi antichissimi della tradizione italiana: il gattopardismo e il trasformismo.
Senza una vera, nuova e radicale rivoluzione democratica il destino morale, politico e materiale del nostro paese è segnato. Per questo è vitale un rinnovamento alla radice della classe dirigente e un nuovo e potente protagonismo dei cittadini. Per questo è decisiva la ricostruzione di un tessuto politico democraticamente organizzato. Per questo è fondamentale un progetto, un programma politico-ideale che renda concreta agli occhi di milioni di uomini e donne la possibilità di un altro mondo. Per questo è importante che il governo Monti volga al tramonto, non solo perché i ceti più deboli pagano il prezzo più salato in questa crisi economico-finanziaria, ma, anche, perché cessi questo zibaldone, questo frullato politico che mescola tutto e tutti.☺
una rivoluzione democratica di Famiano crucianelli
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Il 17 Ottobre si è tenuta a Termoli una buona iniziativa con la presidente nazionale di Libertà e Giustizia Sandra Bonsanti. Buona, perché non si è discusso di organigrammi, di liste e alleanze elettorali, di posti di governo e di sottogoverno. Buona, perché si sono affrontati con serietà le ragioni della crisi di legittimità dei partiti, delle istituzioni e del ceto politico. Infine buona, perché riflessioni, confronti e comunità pensanti come quella che abbiamo visto a Termoli sono semi preziosi, se vogliamo sperare in un futuro migliore.
Lo stato delle cose presenti è molto preoccupante, non solo perché i cittadini, i lavoratori, la gente normale soffre di una grave crisi sociale, ma in primo luogo perché il nostro è un paese senza classe dirigente, e ciò che resta della politica è in gran parte profondamente malato. La malattia ha da tempo varcato il campo berlusconiano, si è diffusa a 360 gradi e non risparmia proprio nessuno, compresi quei partiti e organizzazioni che della legalità e della moralità avevano fatto la loro bandiera. Il sen. De Gregorio, l’on. Scilipoti, il consigliere regionale del Lazio Vincenzo Mariuccio e diversi altri rappresentano la schiera degli indagati e dei saltimbanchi della politica che vengono non dalle file berlusconiane o dalle zone grigie del partito democratico, ma dall’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. La mia non vuole essere una polemica, né un’accusa gratuita, è solo una riflessione, una considerazione amara. L’ex pubblico ministero del Pool di Mani pulite ha fatto della questione morale e della lotta al malcostume la bandiera del suo partito: se anche dal suo partito vengono inquisiti, corrotti e trasformisti, questo può significare solo due cose: la malattia è profondissima e le terapie inventate si sono rivelate inutili, se non dannose.
Alla fine degli anni ‘80 si è consumata la prima Repubblica, negli anni ’90 è sfiorita la seconda Repubblica, nei primi anni 2000 si è sperimentata la fantomatica terza Repubblica. Se in questi ultimi mesi della legislatura si dovesse approvare la legge elettorale in discussione al Senato torneremmo alla prima Repubblica, siamo ad un macabro gioco dell’oca. Macabro perché alla fine di questa storia rischiamo di avere solo macerie della politica, delle istituzioni e della democrazia.
Perché siamo arrivati a questo punto? Perché tanti innovatori o presunti tali hanno finito per portare legna al fuoco che sta divorando la credibilità della politica? Perché la politica si è ridotta a un bazar dove si compra e si vende di tutto? Le ragioni della miseria politica dell’oggi vengono da molto lontano, noi abbiamo una breve stagione della democrazia che ha trovato la sua genesi, il suo nutrimento nella lotta di liberazione dal fascismo. In quegli anni si sono formati partiti veri, ha preso consistenza e solidità una società civile organizzata, si sono imposti ideali e pensieri forti, il conflitto e la dialettica sociale hanno nutrito istituzioni, politica e democrazia. Una stagione tanto feconda quanto breve. Come il Battista nel deserto, Berlinguer nei primi anni ‘80 ha tentato di avvertire che la nostra casa stava bruciando, ma in pochissimi lo ascoltarono e la mala pianta del degrado morale e della corruzione è cresciuta rigogliosa. Poi in questi ultimi venti anni sotto le bandiere del nuovismo a destra come a sinistra siamo tornati ai vizi antichissimi della tradizione italiana: il gattopardismo e il trasformismo.
Senza una vera, nuova e radicale rivoluzione democratica il destino morale, politico e materiale del nostro paese è segnato. Per questo è vitale un rinnovamento alla radice della classe dirigente e un nuovo e potente protagonismo dei cittadini. Per questo è decisiva la ricostruzione di un tessuto politico democraticamente organizzato. Per questo è fondamentale un progetto, un programma politico-ideale che renda concreta agli occhi di milioni di uomini e donne la possibilità di un altro mondo. Per questo è importante che il governo Monti volga al tramonto, non solo perché i ceti più deboli pagano il prezzo più salato in questa crisi economico-finanziaria, ma, anche, perché cessi questo zibaldone, questo frullato politico che mescola tutto e tutti.☺
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