Forse è utile rifarsi ad esperienze concrete per delineare un futuro aperto alla integrazione tra individui e popoli. Stiamo vivendo da qualche tempo questo tirocinio di incontro tra “diversi” in terra di Molise.
All’interno dell’Associazione Primo Marzo, nata da un paio d’anni a Campobasso, è venuta maturando l’idea di creare una cooperativa sociale aperta all’inserimento di giovani extracomunitari nel contesto culturale e sociale del nostro territorio. L’ approccio fra noi e loro si è rivelato del tutto accessibile ed ha fornito l’occasione di scambiare esperienze di vita, culture, momenti di socializzazione ludica ed anche di reciproco confronto di idee e di proposte operative.
Accogliere l’altro, aprendo porte e finestre, consente di acquisire conoscenze ed esperienze che aprono gli occhi e la mente di ciascuno; stimolano la volontà di crescere oltre il recinto del proprio ambiente ristretto e di assumere quella inusuale disponibilità all’ascolto dell’altro per raggiungere l’arduo traguardo di accettare chi è diverso da noi. “I colori della terra”, questa l’identità che è stata assegnata alla cooperativa sociale e condivisa dai giovani molisani e dai loro interlocutori provenienti da diverse terre e continenti del sud est del globo.
Le guerre hanno alimentato la divisione tra i popoli e il colonialismo di talune nazioni a danno di altre. Non a caso l’egemonia europea è stata anche il frutto generato dalla seconda guerra mondiale. E non è stato facile accedere ad una visione unitaria dell’umanità intera che resta ancora un percorso in fase costruttiva. La democrazia cresce dal basso come ormai tutti osiamo affermare. Anche se il processo della sua realizzazione è ancora in corso e incespica in incidenti e problematiche che continuiamo a registrare anche tra noi, popoli cosiddetti civili.
Aprirsi all’altro resta un’antica missione che segna la vita dell’uomo e che rintracciamo nelle storie d’altri tempi in cui alle guerre e alle stragi si contrapponevano messaggi umanitari che rilanciavano i valori della fraternità e dello spirito comunitario tra razze e popoli di diversa provenienza. L’inserimento autentico degli immigrati si attua con l’avvio di un dialogo aperto ad una reciprocità di rapporti che si instaurano ponendo al centro ciò che sta a cuore a ciascuno di noi. “Uomo sono, e tutto ciò che è umano non mi è estraneo”. Un messaggio ed una testimonianza che ritroviamo in un classico della letteratura dell’antica Roma. La sua attualità permane e crediamo che costituirà per il futuro una sfida aperta ad ogni forma di conflittualità e di segregazione razzista che continuano a imperversare nella storia umana.
Il percorso avviato da tempo per la nostra cooperativa ha ottenuto il coinvolgimento di soci donatori e di famiglie, associazioni di terzo settore, parrocchie, dirigenti e operatori impegnati nell’attività sportiva, scuole e sindacati che alimentano la speranza che il progetto non è utopico e scenderà sul piano operativo in tempi ristretti. Al progetto hanno aderito anche consulenti esperti in campo agroalimentare come Michele Tanno che si adoperano nell’ambito della formazione e nell’attivazione di percorsi di tirocinio operativo per i soci della cooperativa che si sono giovati di esperienze già avviate sui terreni sperimentali dell’Arca Sannita in territorio di Ferrazzano.
Vorremmo che questa esperienza in fase di avvio si traduca in concreta proposta di arricchimento per tutti noi, e non solo per gli immigrati che potranno recuperare spazi di vita anche oltre la dimensione di esilio coatto che li ha costretti a lasciare le loro terre, come accadde anche ai nostri antenati in tempi non lontani.
Ci dà uno stimolo a proseguire il messaggio di un pensatore di rilievo come Emmanuel Lèvinas: “Il mondo moderno è prima di tutto un ordine – o un disordine – in cui le elite non possono più abbandonare i popoli ai loro costumi, alle loro infelicità e alle loro illusioni, … Ma popoli nei quali ogni individuo è virtualmente un eletto, chiamato ad uscire, a sua volta – senza attendere il proprio turno – dal concetto dell’Io, a rispondere di responsabilità: io, vale a dire: eccomi per gli altri”. ☺
le.leone@tiscali.it
Forse è utile rifarsi ad esperienze concrete per delineare un futuro aperto alla integrazione tra individui e popoli. Stiamo vivendo da qualche tempo questo tirocinio di incontro tra “diversi” in terra di Molise.
All’interno dell’Associazione Primo Marzo, nata da un paio d’anni a Campobasso, è venuta maturando l’idea di creare una cooperativa sociale aperta all’inserimento di giovani extracomunitari nel contesto culturale e sociale del nostro territorio. L’ approccio fra noi e loro si è rivelato del tutto accessibile ed ha fornito l’occasione di scambiare esperienze di vita, culture, momenti di socializzazione ludica ed anche di reciproco confronto di idee e di proposte operative.
Accogliere l’altro, aprendo porte e finestre, consente di acquisire conoscenze ed esperienze che aprono gli occhi e la mente di ciascuno; stimolano la volontà di crescere oltre il recinto del proprio ambiente ristretto e di assumere quella inusuale disponibilità all’ascolto dell’altro per raggiungere l’arduo traguardo di accettare chi è diverso da noi. “I colori della terra”, questa l’identità che è stata assegnata alla cooperativa sociale e condivisa dai giovani molisani e dai loro interlocutori provenienti da diverse terre e continenti del sud est del globo.
Le guerre hanno alimentato la divisione tra i popoli e il colonialismo di talune nazioni a danno di altre. Non a caso l’egemonia europea è stata anche il frutto generato dalla seconda guerra mondiale. E non è stato facile accedere ad una visione unitaria dell’umanità intera che resta ancora un percorso in fase costruttiva. La democrazia cresce dal basso come ormai tutti osiamo affermare. Anche se il processo della sua realizzazione è ancora in corso e incespica in incidenti e problematiche che continuiamo a registrare anche tra noi, popoli cosiddetti civili.
Aprirsi all’altro resta un’antica missione che segna la vita dell’uomo e che rintracciamo nelle storie d’altri tempi in cui alle guerre e alle stragi si contrapponevano messaggi umanitari che rilanciavano i valori della fraternità e dello spirito comunitario tra razze e popoli di diversa provenienza. L’inserimento autentico degli immigrati si attua con l’avvio di un dialogo aperto ad una reciprocità di rapporti che si instaurano ponendo al centro ciò che sta a cuore a ciascuno di noi. “Uomo sono, e tutto ciò che è umano non mi è estraneo”. Un messaggio ed una testimonianza che ritroviamo in un classico della letteratura dell’antica Roma. La sua attualità permane e crediamo che costituirà per il futuro una sfida aperta ad ogni forma di conflittualità e di segregazione razzista che continuano a imperversare nella storia umana.
Il percorso avviato da tempo per la nostra cooperativa ha ottenuto il coinvolgimento di soci donatori e di famiglie, associazioni di terzo settore, parrocchie, dirigenti e operatori impegnati nell’attività sportiva, scuole e sindacati che alimentano la speranza che il progetto non è utopico e scenderà sul piano operativo in tempi ristretti. Al progetto hanno aderito anche consulenti esperti in campo agroalimentare come Michele Tanno che si adoperano nell’ambito della formazione e nell’attivazione di percorsi di tirocinio operativo per i soci della cooperativa che si sono giovati di esperienze già avviate sui terreni sperimentali dell’Arca Sannita in territorio di Ferrazzano.
Vorremmo che questa esperienza in fase di avvio si traduca in concreta proposta di arricchimento per tutti noi, e non solo per gli immigrati che potranno recuperare spazi di vita anche oltre la dimensione di esilio coatto che li ha costretti a lasciare le loro terre, come accadde anche ai nostri antenati in tempi non lontani.
Ci dà uno stimolo a proseguire il messaggio di un pensatore di rilievo come Emmanuel Lèvinas: “Il mondo moderno è prima di tutto un ordine – o un disordine – in cui le elite non possono più abbandonare i popoli ai loro costumi, alle loro infelicità e alle loro illusioni, … Ma popoli nei quali ogni individuo è virtualmente un eletto, chiamato ad uscire, a sua volta – senza attendere il proprio turno – dal concetto dell’Io, a rispondere di responsabilità: io, vale a dire: eccomi per gli altri”. ☺
Forse è utile rifarsi ad esperienze concrete per delineare un futuro aperto alla integrazione tra individui e popoli. Stiamo vivendo da qualche tempo questo tirocinio di incontro tra “diversi” in terra di Molise.
All’interno dell’Associazione Primo Marzo, nata da un paio d’anni a Campobasso, è venuta maturando l’idea di creare una cooperativa sociale aperta all’inserimento di giovani extracomunitari nel contesto culturale e sociale del nostro territorio. L’ approccio fra noi e loro si è rivelato del tutto accessibile ed ha fornito l’occasione di scambiare esperienze di vita, culture, momenti di socializzazione ludica ed anche di reciproco confronto di idee e di proposte operative.
Accogliere l’altro, aprendo porte e finestre, consente di acquisire conoscenze ed esperienze che aprono gli occhi e la mente di ciascuno; stimolano la volontà di crescere oltre il recinto del proprio ambiente ristretto e di assumere quella inusuale disponibilità all’ascolto dell’altro per raggiungere l’arduo traguardo di accettare chi è diverso da noi. “I colori della terra”, questa l’identità che è stata assegnata alla cooperativa sociale e condivisa dai giovani molisani e dai loro interlocutori provenienti da diverse terre e continenti del sud est del globo.
Le guerre hanno alimentato la divisione tra i popoli e il colonialismo di talune nazioni a danno di altre. Non a caso l’egemonia europea è stata anche il frutto generato dalla seconda guerra mondiale. E non è stato facile accedere ad una visione unitaria dell’umanità intera che resta ancora un percorso in fase costruttiva. La democrazia cresce dal basso come ormai tutti osiamo affermare. Anche se il processo della sua realizzazione è ancora in corso e incespica in incidenti e problematiche che continuiamo a registrare anche tra noi, popoli cosiddetti civili.
Aprirsi all’altro resta un’antica missione che segna la vita dell’uomo e che rintracciamo nelle storie d’altri tempi in cui alle guerre e alle stragi si contrapponevano messaggi umanitari che rilanciavano i valori della fraternità e dello spirito comunitario tra razze e popoli di diversa provenienza. L’inserimento autentico degli immigrati si attua con l’avvio di un dialogo aperto ad una reciprocità di rapporti che si instaurano ponendo al centro ciò che sta a cuore a ciascuno di noi. “Uomo sono, e tutto ciò che è umano non mi è estraneo”. Un messaggio ed una testimonianza che ritroviamo in un classico della letteratura dell’antica Roma. La sua attualità permane e crediamo che costituirà per il futuro una sfida aperta ad ogni forma di conflittualità e di segregazione razzista che continuano a imperversare nella storia umana.
Il percorso avviato da tempo per la nostra cooperativa ha ottenuto il coinvolgimento di soci donatori e di famiglie, associazioni di terzo settore, parrocchie, dirigenti e operatori impegnati nell’attività sportiva, scuole e sindacati che alimentano la speranza che il progetto non è utopico e scenderà sul piano operativo in tempi ristretti. Al progetto hanno aderito anche consulenti esperti in campo agroalimentare come Michele Tanno che si adoperano nell’ambito della formazione e nell’attivazione di percorsi di tirocinio operativo per i soci della cooperativa che si sono giovati di esperienze già avviate sui terreni sperimentali dell’Arca Sannita in territorio di Ferrazzano.
Vorremmo che questa esperienza in fase di avvio si traduca in concreta proposta di arricchimento per tutti noi, e non solo per gli immigrati che potranno recuperare spazi di vita anche oltre la dimensione di esilio coatto che li ha costretti a lasciare le loro terre, come accadde anche ai nostri antenati in tempi non lontani.
Ci dà uno stimolo a proseguire il messaggio di un pensatore di rilievo come Emmanuel Lèvinas: “Il mondo moderno è prima di tutto un ordine – o un disordine – in cui le elite non possono più abbandonare i popoli ai loro costumi, alle loro infelicità e alle loro illusioni, … Ma popoli nei quali ogni individuo è virtualmente un eletto, chiamato ad uscire, a sua volta – senza attendere il proprio turno – dal concetto dell’Io, a rispondere di responsabilità: io, vale a dire: eccomi per gli altri”. ☺
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