“Non dubitate mai che un piccolo gruppo di cittadini impegnati e capaci di pensiero possa cambiare il mondo: in realtà, è l’unica forza che ci sia mai riuscita” (Margaret Mead).
Il punto interrogativo è d’obbligo, quando si rincorre per quasi vent’anni un risultato che, come l’utopia, sembra allontanarsi quanto più ci si avvicina. Ma forse stavolta ci siamo: il 14 aprile l’attivazione del Registro Tumori è stata firmata ufficialmente, e il 18 aprile rappresentanti delle 15 associazioni che a fine marzo avevano scritto al Presidente della Regione sono stati ricevuti a Campobasso, ed hanno ottenuto assicurazioni formali non solo sul reale inizio dei lavori, ma soprattutto sulla possibilità per le associazioni di seguire la stesura del registro con trasparenza assoluta, e di informare contestualmente la popolazione.
È difficile spiegare cosa ciò significhi per me, che dal lontano 1985, con poche irriducibili compagne di strada, mi batto per questo elementare diritto all’ informazione, prima ancora che alla salute e alla tutela del territorio: è un po’ come vedere aprirsi all’improvviso uno spiraglio di luce in una stanza rimasta al buio per troppo tempo. È riappropriarci della democrazia, quella scritta nella Costituzione e spesso negata; è poter pensare che un altro mondo sia davvero possibile: perché non c’è speranza da lasciare ai giovani, se non nella partecipazione e nel controllo da parte dei cittadini in ogni processo di quella politica che deve diventare una vera casa di vetro: trasparente come l’acqua, appunto, bene comune per eccellenza.
Significa anche far capire che il territorio, come abbiamo scritto nella Carta di Matrice, non è un’idea vaga, legata alle sagre e all’ambientalismo d’antan; è invece proprietà collettiva di storie, miti, identità, lavoro, affetti: in una parola, è coscienza di luogo e radice ancestrale di una comunità. E significa affermare che tutto il territorio, con le ricadute di scelte programmatiche sbagliate, e le inevitabili conseguenze sulla salute e sulla vita dei cittadini, è oggetto di diritti e partecipazione popolare. E dunque il Registro Tumori (che sarà di mortalità e di incidenza, cioè calcolerà anche i nuovi casi di malattia) è strumento indispensabile per scrivere la storia e il futuro del Molise, per individuare gli snodi cruciali della sanità, evitare gli sprechi e soprattutto, in base al principio di cautela, calcolare il giusto rapporto tra danni e benefici, ogniqualvolta arriverà puntuale dall’alto il solito progetto di faraonico sviluppo industriale o energetico a promettere magnifiche sorti e progressive per il nostro Molise.
Certo, per ora queste sono belle parole, promesse che costano poco: ma per la prima volta da molti anni noi, associazioni di cittadini, siamo stati ascoltati dai vertici politici, sanitari e amministrativi della regione. Un bel risultato in una terra come la nostra, che nella sua quasi costante sonnolenza tende ad annullare il pensiero divergente, non allineato con la “normalità” quotidiana. E la Fondazione Milani rivendica con orgoglio questo inizio dei lavori, il cui primo atto fu la nostra indagine epidemiologica, conclusa nel 2010.
Naturalmente, non ci facciamo illusioni: quella della partecipazione popolare alla costruzione del Registro Tumori è una strada in salita, è l’affermazione di un principio che a molti ha dato e darà ancora fastidio. E sappiamo che dovremo sorvegliare con attenzione ogni passaggio, perché ogni parola scritta lì dentro deve essere accessibile ai cittadini, parte del loro patrimonio di informazione e crescita civile. Né ci sfugge il rischio di poter essere usati come garanzia di legalità e correttezza per coprire eventuali silenzi, o proposte di nuova industrializzazione con l’alibi che “tanto ora il territorio è monitorato”. Siamo consapevoli dei rischi che questo processo presenta: ma credendo che valga sempre la pena di mettersi in gioco, consideriamo questa una vittoria sui lunghi anni di silenzio e indifferenza che abbiamo traversato con tanta fatica.
E il fatto che sulla lettera al Presidente Frattura ci fossero tante sigle a rappresentare gruppi anche molto diversi tra loro, convenuti insieme intorno ad un problema comune, ha probabilmente fatto la differenza: l’esperienza dei lunghi anni di lotte mi ha insegnato che uno dei mali della nostra terra è l’individualismo, che ci rende troppo legati alla nostra piccola battaglia localistica.
È vero, siamo pochi e viviamo in un luogo minuscolo, ma siamo lontani dentro. Mentre la forza sta proprio nell’unirsi di volta in volta per sentire, come diceva il Che, sulla nostra guancia lo schiaffo dato a chiunque in ogni parte del mondo.
E dunque continuiamo a camminare insieme domandando, con un po’ più di speranza dentro, sapendo che le cadute sono comunque dietro l’angolo, ma che è nostro dovere di cittadini non arrenderci mai. ☺
*Presidente della Fondazione Lorenzo Milani
“Non dubitate mai che un piccolo gruppo di cittadini impegnati e capaci di pensiero possa cambiare il mondo: in realtà, è l’unica forza che ci sia mai riuscita” (Margaret Mead).
Il punto interrogativo è d’obbligo, quando si rincorre per quasi vent’anni un risultato che, come l’utopia, sembra allontanarsi quanto più ci si avvicina. Ma forse stavolta ci siamo: il 14 aprile l’attivazione del Registro Tumori è stata firmata ufficialmente, e il 18 aprile rappresentanti delle 15 associazioni che a fine marzo avevano scritto al Presidente della Regione sono stati ricevuti a Campobasso, ed hanno ottenuto assicurazioni formali non solo sul reale inizio dei lavori, ma soprattutto sulla possibilità per le associazioni di seguire la stesura del registro con trasparenza assoluta, e di informare contestualmente la popolazione.
È difficile spiegare cosa ciò significhi per me, che dal lontano 1985, con poche irriducibili compagne di strada, mi batto per questo elementare diritto all’ informazione, prima ancora che alla salute e alla tutela del territorio: è un po’ come vedere aprirsi all’improvviso uno spiraglio di luce in una stanza rimasta al buio per troppo tempo. È riappropriarci della democrazia, quella scritta nella Costituzione e spesso negata; è poter pensare che un altro mondo sia davvero possibile: perché non c’è speranza da lasciare ai giovani, se non nella partecipazione e nel controllo da parte dei cittadini in ogni processo di quella politica che deve diventare una vera casa di vetro: trasparente come l’acqua, appunto, bene comune per eccellenza.
Significa anche far capire che il territorio, come abbiamo scritto nella Carta di Matrice, non è un’idea vaga, legata alle sagre e all’ambientalismo d’antan; è invece proprietà collettiva di storie, miti, identità, lavoro, affetti: in una parola, è coscienza di luogo e radice ancestrale di una comunità. E significa affermare che tutto il territorio, con le ricadute di scelte programmatiche sbagliate, e le inevitabili conseguenze sulla salute e sulla vita dei cittadini, è oggetto di diritti e partecipazione popolare. E dunque il Registro Tumori (che sarà di mortalità e di incidenza, cioè calcolerà anche i nuovi casi di malattia) è strumento indispensabile per scrivere la storia e il futuro del Molise, per individuare gli snodi cruciali della sanità, evitare gli sprechi e soprattutto, in base al principio di cautela, calcolare il giusto rapporto tra danni e benefici, ogniqualvolta arriverà puntuale dall’alto il solito progetto di faraonico sviluppo industriale o energetico a promettere magnifiche sorti e progressive per il nostro Molise.
Certo, per ora queste sono belle parole, promesse che costano poco: ma per la prima volta da molti anni noi, associazioni di cittadini, siamo stati ascoltati dai vertici politici, sanitari e amministrativi della regione. Un bel risultato in una terra come la nostra, che nella sua quasi costante sonnolenza tende ad annullare il pensiero divergente, non allineato con la “normalità” quotidiana. E la Fondazione Milani rivendica con orgoglio questo inizio dei lavori, il cui primo atto fu la nostra indagine epidemiologica, conclusa nel 2010.
Naturalmente, non ci facciamo illusioni: quella della partecipazione popolare alla costruzione del Registro Tumori è una strada in salita, è l’affermazione di un principio che a molti ha dato e darà ancora fastidio. E sappiamo che dovremo sorvegliare con attenzione ogni passaggio, perché ogni parola scritta lì dentro deve essere accessibile ai cittadini, parte del loro patrimonio di informazione e crescita civile. Né ci sfugge il rischio di poter essere usati come garanzia di legalità e correttezza per coprire eventuali silenzi, o proposte di nuova industrializzazione con l’alibi che “tanto ora il territorio è monitorato”. Siamo consapevoli dei rischi che questo processo presenta: ma credendo che valga sempre la pena di mettersi in gioco, consideriamo questa una vittoria sui lunghi anni di silenzio e indifferenza che abbiamo traversato con tanta fatica.
E il fatto che sulla lettera al Presidente Frattura ci fossero tante sigle a rappresentare gruppi anche molto diversi tra loro, convenuti insieme intorno ad un problema comune, ha probabilmente fatto la differenza: l’esperienza dei lunghi anni di lotte mi ha insegnato che uno dei mali della nostra terra è l’individualismo, che ci rende troppo legati alla nostra piccola battaglia localistica.
È vero, siamo pochi e viviamo in un luogo minuscolo, ma siamo lontani dentro. Mentre la forza sta proprio nell’unirsi di volta in volta per sentire, come diceva il Che, sulla nostra guancia lo schiaffo dato a chiunque in ogni parte del mondo.
E dunque continuiamo a camminare insieme domandando, con un po’ più di speranza dentro, sapendo che le cadute sono comunque dietro l’angolo, ma che è nostro dovere di cittadini non arrenderci mai. ☺
“Non dubitate mai che un piccolo gruppo di cittadini impegnati e capaci di pensiero possa cambiare il mondo: in realtà, è l’unica forza che ci sia mai riuscita” (Margaret Mead).
“Non dubitate mai che un piccolo gruppo di cittadini impegnati e capaci di pensiero possa cambiare il mondo: in realtà, è l’unica forza che ci sia mai riuscita” (Margaret Mead).
Il punto interrogativo è d’obbligo, quando si rincorre per quasi vent’anni un risultato che, come l’utopia, sembra allontanarsi quanto più ci si avvicina. Ma forse stavolta ci siamo: il 14 aprile l’attivazione del Registro Tumori è stata firmata ufficialmente, e il 18 aprile rappresentanti delle 15 associazioni che a fine marzo avevano scritto al Presidente della Regione sono stati ricevuti a Campobasso, ed hanno ottenuto assicurazioni formali non solo sul reale inizio dei lavori, ma soprattutto sulla possibilità per le associazioni di seguire la stesura del registro con trasparenza assoluta, e di informare contestualmente la popolazione.
È difficile spiegare cosa ciò significhi per me, che dal lontano 1985, con poche irriducibili compagne di strada, mi batto per questo elementare diritto all’ informazione, prima ancora che alla salute e alla tutela del territorio: è un po’ come vedere aprirsi all’improvviso uno spiraglio di luce in una stanza rimasta al buio per troppo tempo. È riappropriarci della democrazia, quella scritta nella Costituzione e spesso negata; è poter pensare che un altro mondo sia davvero possibile: perché non c’è speranza da lasciare ai giovani, se non nella partecipazione e nel controllo da parte dei cittadini in ogni processo di quella politica che deve diventare una vera casa di vetro: trasparente come l’acqua, appunto, bene comune per eccellenza.
Significa anche far capire che il territorio, come abbiamo scritto nella Carta di Matrice, non è un’idea vaga, legata alle sagre e all’ambientalismo d’antan; è invece proprietà collettiva di storie, miti, identità, lavoro, affetti: in una parola, è coscienza di luogo e radice ancestrale di una comunità. E significa affermare che tutto il territorio, con le ricadute di scelte programmatiche sbagliate, e le inevitabili conseguenze sulla salute e sulla vita dei cittadini, è oggetto di diritti e partecipazione popolare. E dunque il Registro Tumori (che sarà di mortalità e di incidenza, cioè calcolerà anche i nuovi casi di malattia) è strumento indispensabile per scrivere la storia e il futuro del Molise, per individuare gli snodi cruciali della sanità, evitare gli sprechi e soprattutto, in base al principio di cautela, calcolare il giusto rapporto tra danni e benefici, ogniqualvolta arriverà puntuale dall’alto il solito progetto di faraonico sviluppo industriale o energetico a promettere magnifiche sorti e progressive per il nostro Molise.
Certo, per ora queste sono belle parole, promesse che costano poco: ma per la prima volta da molti anni noi, associazioni di cittadini, siamo stati ascoltati dai vertici politici, sanitari e amministrativi della regione. Un bel risultato in una terra come la nostra, che nella sua quasi costante sonnolenza tende ad annullare il pensiero divergente, non allineato con la “normalità” quotidiana. E la Fondazione Milani rivendica con orgoglio questo inizio dei lavori, il cui primo atto fu la nostra indagine epidemiologica, conclusa nel 2010.
Naturalmente, non ci facciamo illusioni: quella della partecipazione popolare alla costruzione del Registro Tumori è una strada in salita, è l’affermazione di un principio che a molti ha dato e darà ancora fastidio. E sappiamo che dovremo sorvegliare con attenzione ogni passaggio, perché ogni parola scritta lì dentro deve essere accessibile ai cittadini, parte del loro patrimonio di informazione e crescita civile. Né ci sfugge il rischio di poter essere usati come garanzia di legalità e correttezza per coprire eventuali silenzi, o proposte di nuova industrializzazione con l’alibi che “tanto ora il territorio è monitorato”. Siamo consapevoli dei rischi che questo processo presenta: ma credendo che valga sempre la pena di mettersi in gioco, consideriamo questa una vittoria sui lunghi anni di silenzio e indifferenza che abbiamo traversato con tanta fatica.
E il fatto che sulla lettera al Presidente Frattura ci fossero tante sigle a rappresentare gruppi anche molto diversi tra loro, convenuti insieme intorno ad un problema comune, ha probabilmente fatto la differenza: l’esperienza dei lunghi anni di lotte mi ha insegnato che uno dei mali della nostra terra è l’individualismo, che ci rende troppo legati alla nostra piccola battaglia localistica.
È vero, siamo pochi e viviamo in un luogo minuscolo, ma siamo lontani dentro. Mentre la forza sta proprio nell’unirsi di volta in volta per sentire, come diceva il Che, sulla nostra guancia lo schiaffo dato a chiunque in ogni parte del mondo.
E dunque continuiamo a camminare insieme domandando, con un po’ più di speranza dentro, sapendo che le cadute sono comunque dietro l’angolo, ma che è nostro dovere di cittadini non arrenderci mai. ☺
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